Dopo aver vinto una competizione scientifica a livello statale, ed essere stata selezionata tra i 40 finalisti della Regeneron Science Talent Search, competizione scientifica e matematica più prestigiosa in ambito liceale, adesso Dasia Taylor ha come obbiettivo un vero e proprio brevetto. La studentessa diciassettenne di origine americana, nonostante non abbia ancora terminato gli studi, ha infatti già contribuito alla società con un’ invenzione che farà parlare di sé. La liceale proveniente da Iowa City è stata in grado di impiegare una nuova tecnologia che potrà essere sfruttata per rilevare infezioni.
Dasia Taylor ha di fatto iniziato a lavorare al suo progetto nell’Ottobre del 2019, e da quando la sua professoressa ha iniziato a spargere la voce della sua invenzione, Dasia ha ottenuto diversi successi a livello regionale e nazionale. La sua idea deriva da una forte necessità nell’ambito delle suture: di fatto, in America, circa l’11% delle cuciture chirurgiche sviluppano un’infezione negli stati a bassa e media entrata, in corrispondenza di circa il 4% dei totali interventi chirurgici degli Stati Uniti.
L’interesse della studentessa era inizialmente stato catturato dalle cuciture derivanti dai parti cesarei, in quanto, in alcune nazioni africane, circa il 20% delle donne che hanno partorito per mezzo di parto cesario riportano infezioni in corrispondenza delle suture, mentre in America tale dato intervalla tra l’8% e il 10%. Il problema al centro della sua idea deriva anche dal fatto che, da un sondaggio effettuato dalla BBC, British Broadcasting Corporation, solo il 53% delle persone in Sierra Leone, così come in molti alti stati dell’Africa, possiede un proprio telefono cellulare. In assenza di tale mezzo è per loro impossibile accedere a sistemi di monitoraggio delle infezioni come quelli che vigono in America, e da ciò deriva l’invenzione di Dasia.
La pelle umana è di per sé caratterizzata da un livello di acidità corrispondente a pH 5, ma in presenza di una ferita infetta tale valore raggiunge un valore di 9. Tale cambiamento può essere monitorato in diversi modi, partendo da rilevatori elettronici fino ed arrivando a frutti e vegetali che risultano essere indicatori naturali per mezzo della variazione di colore. La difficoltà affrontata dalla studentessa è stata quella di trovare una sutura che mantenesse tale colore, testando tra 10 differenti materiali.
Nonostante poi, a causa della pandemia, la sua scuola abbia dovuto adottare la didattica a distanza, le è stato comunque possibile trascorrere dalle 4 alle 5 ore al giorno nei laboratori della scuola, così da poter portare avanti i suoi esperimenti. Essi si sono conclusi quando una sutura costituita da un misto tra cotone e poliestere è risultata idonea nel trattenimento del succo e della colorazione, e presero così vita le sue “suture alla barbabietola”. Con questa idea, Dasia Taylor, dichiara di voler fare un passo avanti per quanto riguarda l’uguaglianza nella sanità globale, sperando che con le sue suture, un giorno, sarà possibile per i pazienti stessi rilevare quanto prima possibile la presenza di un’infezione, così da poter ricercare assistenza medica quando questa presenta il maggior impatto.
Kathryn Chu, direttrice del Center for Global Surgery alla Università di Stellenbosch in Sud-Africa, è concentrata sul garantire un equo accesso alle cure chirurgiche e considera l’idea di Dasia di grande valore ed interesse. La medesima afferma tuttavia, “il modo in cui questo concetto si possa tradurre dalla panchina al campo necessita di ulteriori sperimentazioni”. A supporto di ciò afferma che le suture attuali svolgono molto bene il loro lavoro: sono economiche, non irritano la pelle e sono forti abbastanza da tenere insieme una ferita; tutti aspetti sui quali le suture di Dasia devono risultare competitive. Inoltre le infezioni dovute ad una ferita possono manifestarsi anche al disotto della superficie, come quelle dovute al parto cesareo, il quale non interviene solo sulla pelle ma anche sul muscolo, e perciò le suture cambia-colore non sarebbero di aiuto per rilevare una simile infezione, poiché quando questa avrà raggiunto la pelle si troverà già in uno stato troppo avanzato. Infine Kathryn afferma che così come il cotone ha l’abilità di poter trattenere il succo di barbabietole esso può essere anche un possibile punto di ritrovo per i batteri. In risposta specificatamente a ciò Dasia afferma di aver letto alcuni studi per i quali il succo di barbabietole risulterebbe antibatterico, e il suo attuale obbiettivo è riprodurre tale risultato.
Il prossimo vero obbiettivo di Dasia è ultimare il suo progetto ed ottenere un brevetto, con l’obbiettivo di rendere il mondo un posto nel quale le cure siano maggiormente accessibili a tutti, un posto migliore.