La pandemia da Covid-19 sta progredendo nel mondo con numeri sempre più preoccupanti: la Johns Hopkins University stima che, ad oggi, i casi di infezione abbiano superato i 127 milioni e 255mila. Sulla scia dei buoni risultati conseguiti nel Regno Unito, la raccomandazione delle Autorità Sanitarie Mondiali è quella di accelerare il processo di vaccinazione della popolazione. Nonostante ciò, restano accese le polemiche sull’approvvigionamento dei sieri: l’Austria minaccia Bruxelles di bloccare 100 milioni di dosi di Pfizer-BioNTech, mentre la Germania blocca il siero AstraZeneca per gli under 60 a causa di altri casi rilevati di trombosi post somministrazione.
Intanto la campagna vaccinale anti-Covid, iniziata a fine dicembre 2020, sta andando avanti, nel mondo, con diversi avvenimenti: se la Gran Bretagna rappresenta, ad oggi, il Paese più virtuoso ed in fase più avanzata nella vaccinazione della popolazione, in Italia la copertura vaccinale procede a ritmi più lenti, con una percentuale di poco al di sotto del 10% di vaccinati sul totale della popolazione generale.
Il Premier Mario Draghi ha annunciato un nuovo provvedimento per rendere obbligatorio il vaccino anti-Covid per tutti gli operatori sanitari che hanno contatti con i pazienti, includendo coloro che, ad oggi, hanno rifiutato l’immunizzazione. L’obbligo di vaccinazione, dunque, potrebbe essere esteso a tutto il personale che lavora in Strutture Sanitarie, non solo medici ma anche infermieri, operatori sociosanitari, dipendenti di RSA e studi privati. Per l’operatore sanitario che rifiuta la vaccinazione, l’ipotesi che si prospetta è quella della sospensione dello stipendio per un tempo correlato all’andamento della pandemia: in caso cioè di raggiungimento di vaccinazione di massa o di calo importante della diffusione del virus, la sanzione potrebbe comunque essere revocata. La norma, spiegano fonti del governo, non dovrebbe arrivare a prevedere il licenziamento per chi rifiuta il vaccino, ma potrebbe introdurre il divieto di alcune mansioni: lo spostamento in aree o uffici per evitare il contatto diretto degli operatori sanitari non vaccinati con i pazienti.
Il Direttore della Prevenzione del Ministero della Salute ha dichiarato che gli operatori sanitari dovrebbero considerare la vaccinazione un diritto oltre che un dovere. Un diritto in quanto, vaccinandosi, si riduce il rischio di infettarsi e un dovere perché uno degli obiettivi principali del piano nazionale vaccinale è quello di rendere Covid-free gli ambienti ospedalieri e le strutture sanitarie.
Sul tema dell’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari da settimane è aperto il dibattito. Da una parte c’è chi ricorda come non ci siano evidenze scientifiche che provano che un vaccinato non possa trasmettere il virus (infatti lo stesso Ministero ha confermato la quarantena anche per i vaccinati entrati in contatto con un positivo). Dall’altra parte c’è chi vorrebbe introdurre la non-possibilità di curare i medici non vaccinati che dovessero contrarre il Covid-19. Da più parti si sostiene anche che, per i medici, la vaccinazione è un dovere deontologico in quanto essi hanno il dovere etico di tutelare sé stessi e gli altri. I vaccini sono presidi fondamentali perché hanno salvato milioni di vite e debellato malattie pericolosissime. Sono uno strumento fondamentale che la scienza ci mette a disposizione e del quale i medici, come componenti della comunità scientifica, devono avvalersi. Un medico che, in mancanza di controindicazioni, rifiuta il vaccino è come un ingegnere che rifiuta di progettare un ponte perché non si fida dei calcoli matematici.
La vaccinazione rappresenta uno degli interventi più efficaci e sicuri a disposizione della Sanità Pubblica per la prevenzione primaria delle malattie infettive. Questa pratica comporta benefici non solo per effetto diretto sui soggetti vaccinati, ma con il raggiungimento di elevate coperture vaccinali anche in modo indiretto, riducendo la circolazione di patogeni e inducendo la protezione di soggetti non vaccinati. Numerose evidenze dimostrano infatti che la vaccinazione è uno degli interventi sanitari di maggior successo e con il miglior rapporto costo-efficacia. I vaccini hanno salvato innumerevoli vite, hanno ridotto l’incidenza globale della polio del 99% e drasticamente diminuito i casi di malattia, di invalidità e di morte per difterite, tetano, pertosse, morbillo, Haemophilus influenzae di tipo b, e meningite meningococcica.
Nonostante questi successi, le malattie prevenibili da vaccino continuano a minacciare l’umanità, sia nei paesi in via di sviluppo che in quelli economicamente più avanzati, come purtroppo la progressione del Covid-19 sta dimostrando. In questo contesto, tra i diversi rischi associati all’assistenza sanitaria quello infettivo, occupa un posto particolare in ragione delle sue dimensioni e del trend epidemiologico in forte aumento.
L’immunizzazione degli operatori sanitari è dunque estremamente importante non solo per la tutela dei pazienti, ma anche per la tutela dei professionisti stessi e delle loro famiglie. Nel contesto lavorativo sanitario, in particolare, alla protezione dell’operatore la vaccinazione aggiunge il mantenimento di un sistema sanitario funzionante in momenti di crisi e, non meno, la tutela dei pazienti, soprattutto quelli ad alto rischio, attraverso il contenimento della trasmissione della malattia.