La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
La legge Menia venne pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 13 aprile 2004, ben sessant’ anni dopo. Sessant’ anni di silenzio. Un silenzio che non valse più di mille parole, anzì, che tappò la bocca a chi voleva gridare e far conoscere il dolore di migliaia di italiani. Eh, ma erano fascisti. Sì, fascisti come Carlo e Renzo, 9 e 6 anni, figli del medico Geppino Micheletti, eroe simbolo proprio della strage che glieli strappò via, sulla spiaggia di Vergarolla, a Pola. 18 agosto 1946: 65 morti accertate.
Dallo scontro, dall’odio tra estremismi sono morti uomini, donne e bambini. Oltre ad ex fascisti, la maggior parte erano italiani che si opponevano al regime di Tito o che molto più semplicemente volevano rimanere italiani.
Vittime della generalizzazione; vittime di chi, al massacro di innocenti, oppose la giustificazione dell’eliminazione di persone riconducibili al fascismo, trasformatasi in una vera e propria forma di pulizia etnica.
Tra il 1943 e il 1945 morirono migliaia di persone (si parla di un numero maggiore di 16.000); nelle foibe e nei campi di concentramento. Gulag di cui sappiamo ben poco, assimilabili per i fini, anche se non nelle dimensioni, ai campi di concentramento nazisti. A dimostrazione del fatto che totalitarismo rosso e nero non sono altro che facce diverse della stessa medaglia e che le guerre, i massacri, l’odio rappresentano soltanto lo stratagemma più semplice per risolvere tensioni e conflitti. Frutti di una politica priva di valore concreto.
Nel novembre del 1991 Francesco Cossiga, allora Presidente della Repubblica, visitò la foiba di Basovizza, a Trieste, che fu dichiarata monumento nazionale dal suo successore Oscar Luigi Scalfaro nel 1992.
Tra i 250.000 e i 350.000 italiani furono costretti a fuggire dall’Istria, dalla Dalmazia, dal Quarnaro, in occasione di quello che viene chiamato esodo giuliano dalmata, che si concluse solamente nel 1960.
Il riconoscimento del supplizio patito è un atto di giustizia nei confronti di ognuna di quelle vittime, restituisce le loro esistenze alla realtà presente perché le custodisca nella pienezza del loro valore, come individui e come cittadini italiani disse il presidente Carlo Azeglio Ciampi nel 2006; L’evocazione delle loro sofferenze, e del dolore di quanti si videro costretti ad allontanarsi per sempre dalle loro case in Istria, nel Quarnaro e nella Dalmazia, ci unisce oggi nel rispetto e nella meditazione.
A Firenze, il 10 febbraio, le bandiere di Palazzo Vecchio saranno a mezz’asta e a Norma Cossetto, studentessa uccisa a 24 anni dai partigiani jugoslavi, sarà intitolato il giardino in Via Isonzo.
Don Francesco Giovanni Bonifacio fu una delle tante voci uccise; martire e beato per la Chiesa Cattolica, assassinato nel 1946, colpevole di essere italiano.
“Esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante“, ma “oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. La persecuzione, gli eccidi efferati di massa – culminati, ma non esauriti, nella cupa tragedia delle Foibe – l’esodo forzato degli italiani dell’Istria della Venezia Giulia e della Dalmazia fanno parte a pieno titolo della storia del nostro Paese e dell’Europa. Si trattò di una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo. Questa penosa circostanza pesò ancor più sulle spalle dei profughi che conobbero nella loro Madrepatria, accanto a grandi solidarietà, anche comportamenti non isolati di incomprensione, indifferenza e persino di odiosa ostilità. Si deve soprattutto alla lotta strenua degli esuli e dei loro discendenti se oggi, sia pure con lentezza e fatica, il triste capitolo delle Foibe e dell’esodo è uscito dal cono d’ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa. Conquistando, doverosamente, la dignità della memoria”.
Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella in occasione del Giorno del Ricordo del 2020. Il presidente ha fatto sentire anche quest’anno la sua ferma e autorevole voce sull’argomento: “Nel Giorno del Ricordo, che la Repubblica ha voluto istituire, desidero anzitutto rinnovare ai familiari delle vittime, ai sopravvissuti, agli esuli e ai loro discendenti il senso forte della solidarietà e della fraternità di tutti gli italiani. I crimini contro l’umanità scatenati in quel conflitto non si esaurirono con la liberazione dal nazifascismo, ma proseguirono nella persecuzione e nelle violenze, perpetrate da un altro regime autoritario, quello comunista ” 1)
- Fonte: https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Foibe-Mattarella-Orrore-che-colpisce-coscienze-3962469c-e17a-40cc-87a3-2dd6a19445fe.html