Il 3 gennaio 1969 nacque Michael Schumacher, l’uomo che ha fatto appassionare milioni di persone al mondo della Formula 1, l’uomo che ci ha fatto innamorare della Rossa di Maranello. Schumacher nacque a Hurth, in Germania; all’età di quattro anni iniziò la carriera alla guida dei kart sul circuito gestito dal padre a Kerpen (dove tra l’altro è cresciuto un altro grande pilota di Formula 1: Sebastian Vettel). Nel 1984 venne contattato da un imprenditore della zona, Jurgen Dilk, che decise di aiutare economicamente il ragazzo, che negli anni successivi vinse il titolo junior tedesco e il campionato europeo a Goteborg, in Svezia. Dopo essere passato dai kart alle monoposto delle classi superiori ed aver conquistato il campionato Formula Konig (serie addestrativa utilizzante telai e motori della Formula Panda italiana), Schumacher doveva passare in Formula 3, ma Dilk gli fece capire di non potersela permettere. Tuttavia nel 1989 Willi Weber, proprietario di un team, stupito dalle capacità del giovane pilota tedesco, decise di offrirgli un contratto per gareggiare nella serie. Schumacher chiuse il campionato tedesco secondo, nell’anno successivo si laureò campione. Verso la fine del 1990 firmò un contratto con la Mercedes, che stava meditando un ritorno in Formula 1 dopo l’abbandono del 1955, l’intenzione era di affidare a Michael il ruolo di primo pilota della squadra, ma il progetto non si realizzò per i costi eccessivi e Schumi corse nella categoria sport per la Mercedes, mettendosi in mostra per il grande passo in Formula 1.
Il mito di Schumi in Formula 1 iniziò nel 1991, in occasione del Gran Premio del Belgio a Spa-Francorchamps: il pilota della squadra irlandese Jordan, Bertrand Gachot, era stato arrestato a Londra per aver aggredito un tassista e la Jordan si affidò a Schumacher. Ben presto tutti si accorsero di che pasta fosse Michael: in qualifica si posizionò settimo, subito dietro ai grandi, ma in gara dopo pochi metri si ritirò per un guasto alla frizione. Il mercato intorno a Schumacher si infiammò: Flavio Briatore, direttore della Benetton, gli offrì subito un contratto portando Michael ad affiancare Nelson Piquet (3 volte campione del mondo) per il resto della stagione. Fin dalla gara successiva Schumi iniziò ad andare più veloce del compagno di squadra brasiliano, ben più esperto e titolato del tedesco. L’anno successivo, proprio a Spa, dove aveva debuttato, Schumacher vinse la prima gara della carriera. Il primo anno dell’era Schumacher è il 1994, uno degli anni più tristi della Formula 1: ad Imola il 1 maggio, Ayrton Senna, il più grande pilota del circus, ebbe un incidente fatale che segnò la fine di un’epoca. Schumacher e la Benetton divennero i favoriti, ma furono più volte accusati di irregolarità e subirono delle squalifiche. Schumacher arrivò a giocarsi il titolo mondiale con Damon Hill all’ultima gara in Australia, dove avvenne uno degli episodi più contestati al Kaiser: Schumacher era in testa, ma uscì e danneggiò la propria monoposto, Hill tentò subito il sorpasso, ma il tedesco non gli lasciò spazio e causò un contatto che portò al ritiro del pilota britannico. La collisione venne valutata come incidente di gara e Michael Schumacher si laureò tra le polemiche per la prima volta campione del mondo. Nel 1995 non ebbe rivali e conquistò il secondo titolo portando alla Benetton il primo titolo costruttori. Inoltre ad agosto 1995 si sposò con Corinna.
Nel 1996 Schumacher passò in Ferrari, che non vinceva un titolo costruttori dal 1983 e uno piloti addirittura dal 1979. L’esordio fu difficile e il gap con i team inglesi sembrava incolmabile. Schumi conquistò una pole position al gran premio di Montecarlo, ma in gara si ritirò per un suo errore. La prima vittoria in Rosso arrivò nel gran premio successivo a Barcellona: sotto il diluvio quella di Michael fu una lezione di guida per tutti gli altri. Nello stesso anno Michael vinse anche in Belgio e a Monza. Nel 1997 arrivò a giocarsi il mondiale con Jacques Villeneuve all’ultima gara in Spagna, a Jerez, dove ci fu un altro degli episodi controversi della carriera del tedesco: Schumacher era in testa, ma rallentò improvvisamente il ritmo e Villeneuve lo raggiunse e lo attaccò; Michael tentò di difendersi come fece 3 anni prima con Hill, ma questa volta fu il tedesco ad avere la peggio, finendo nella ghiaia dopo la collisione alla curva “Dry sec”, che diventò la curva della vergogna per Schumacher. La pressione su Michael era alle stelle, perché come diceva Schumi: “Non sei un vero campione del mondo finché non vinci con la Ferrari”. Nel 1998 Schumacher vinse diverse gare, ma vari episodi sfortunati non permisero a Schumi di vincere quel mondiale. Nel 1999 a Silverstone Michael si fratturò la tibia in seguito a un incidente. Questo infortunio lo costrinse a saltare 4 gare, con il suo ritorno la Ferrari riuscì a conquistare almeno il titolo costruttori.
Dal 2000 inizia la leggenda: Schumacher conquistò il terzo titolo, primo pilota Ferrari dopo 21 anni. Nei 2 anni successivi la Ferrari ebbe un dominio assoluto: Schumi conquistò i titoli addirittura in estate; nel 2003 con più difficoltà conquistò il sesto titolo iridato. Ormai Schumacher lottava solo contro i record, nel 2004 conquista il settimo titolo, il quinto consecutivo e si consegna definitivamente alla leggenda. Schumacher si ritirò dalla Formula 1 nel 2006, dopo due anni difficili che videro vincere la Renault di Fernando Alonso. Nel 2010 tornò a correre in Formula 1 con la scuderia Mercedes, che finalmente fece ritorno in Formula 1; lì corse per 3 stagioni senza riuscire ad ottenere una vittoria.
68 pole position,155 podi, 91 gran premi vinti, 7 titoli mondiali: questi sono i numeri di Michael in Formula 1, numeri unici e inimitabili, ma come diceva lo stesso Schumacher “i record sono fatti per essere battuti”. Ad eguagliare e superare questi record è stato Lewis Hamilton, pilota inglese che prese proprio il posto di Schumacher in Mercedes nel 2013 e con la scuderia tedesca ha costituito una squadra invincibile. Lo scorso anno ha raggiunto il settimo titolo mondiale. Il merito dei suoi successi sono però anche dello stesso Schumacher, perché, come ha affermato Toto Wolff- team principal della Mercedes: “Schumacher è uno dei padri fondatori del successo che abbiamo avuto, non c’è nessun altro pilota come lui che con la sua vasta esperienza ha contribuito allo sviluppo del nostro team; è stata una delle persone che ha gettato le basi per il successo della Mercedes.”
Lewis tra l’altro in questi giorni sarà insignito del titolo di “Sir” dalla regina Elisabetta II, è il quarto pilota britannico ad ottenere questo titolo dopo Jack Brabham, Jackie Stewart e Sterling Moss. La ragione di quest’onorificenza, oltre che per gli straordinari record in questo sport, è per l’impegno sociale in favore della battaglia contro il razzismo di Sir Lewis Hamilton.
“Ho sempre creduto che non ci si debba mai, mai arrendere e continuare a lottare anche quando c’è una piccola, piccolissima chance”. Questa frase di Schumacher spiega il pilota che è stato e quello che continua ad essere da quel maledetto 29 dicembre 2013, da quando la dannata sfortuna ha stravolto la vita di Michael e quella della sua famiglia. La vita è davvero strana: corri a 300 km/h e non ti fai nulla, vai invece a sciare con tuo figlio e succede il fattaccio. A Meribel Schumi urtò contro una roccia e da quel momento si conosce davvero poco del suo quadro clinico. Ma è giusto così, è giusto che tutti noi abbiamo il ricordo di Michael in trionfo sul podio e non altri ricordi che servirebbero solo ad inutili speculazioni.
La leggenda di Michael non finirà mai e magari quella di Schumacher potrà continuare ancora: dalla prossima stagione infatti il secondogenito Mick, nato il 22 marzo 1999, correrà in Formula 1 per il team Haas, dopo che ha conquistato il campionato di Formula 3 nel 2018, nell’anno successivo è entrato a far parte della Ferrari driver academy e nel 2020 ha conquistato il campionato di Formula 2.