La notte del 3 Novembre 2020 dalle ore 01.00 alle 07.00 (ora italiana) si sono svolte le elezioni per decretare il quarantaseiesimo (o quarantacinquesimo bis, a seconda del vincitore) presidente degli Stati Uniti d’America. Il risultato però ha stupito tutti, sia quelli che sostenevano Donald J. Trump, candidato del partito Repubblicano, sia quelli che sostenevano Joseph Biden, alfiere del partito Democratico, non vedendo accedere alla presidenza nessuno dei due, e aprendo una sorta di combattuti “tempi supplementari”, per usare un termine calcistico, che si concluderanno solo con lo spoglio degli ultimi Stati (se va bene).

Occorre innanzitutto chiarire come funzionino le elezioni americane, che sono ben diverse da quelle italiane.

I voti che i due candidati devono spartirsi sono 538, con un minimo di 270 voti per accedere alla presidenza: a venire eletti dal popolo sono infatti i famosi “grandi elettori”. I voti sono attribuiti in questo modo: ognuno dei cinquanta stati possiede un numero di voti pari al proprio numero di deputati (che quindi è proporzionale al numero della popolazione), più due senatori per ogni stato senza differenze. Quando un candidato alla presidenza conquista la maggioranza elettorale di uno stato, anche per un voto solo, prende nell’ Electoral College tutti i voti di tale stato. Non è quindi tanto importante acquistare il più alto numero possibile di stati, ma quelli con un “peso specifico” maggiore.

Questi 538 personaggi, chiamati dunque grandi elettori, sono proprio coloro che determinano il vincitore. Il presidente in America non è infatti eletto direttamente dal popolo, ma indirettamente da questi ultimi, che promettono, durante il collegio elettorale, di sostenere il candidato che gli è stato affidato. Teoricamente non sono obbligati a farlo (non tutti almeno, a seconda delle leggi dei vari stati) ma è quello che è sempre accaduto.

Attualmente la situazione vede in vantaggio Biden con 264 voti, ad un passo quindi dal numero minimo per accedere alla presidenza, a sfavore di Trump che possiede solamente 214 voti.

( L’immagine risale al 4 Novembre)

I più grandi stati in bilico sono al momento la Pennsylvania, Arizona, Georgia e Nevada.

A determinare l’attuale successo del candidato democratico sono stati sicuramente i voti postali, adottati questa volta su vasta scala per contenere la pandemia di Covid-19, e che hanno permesso a Biden di recuperare due importanti stati che le statistiche avevano assegnato precedentemente a Trump: Wisconsin e Michigan. Tutto sembrerebbe quindi normale e lecito, ma il Presidente uscente non la pensa esattamente così, gridando al broglio elettorale e accusando i democratici di attaccarsi a qualsiasi cosa pur di ottenere la presidenza, persino ad aver falsificato i voti postali, che sono, infatti, per la quasi totalità a favore del partito avversario. E’ un disperato tentativo di recuperare terreno o vi è un fondo di verità? Ovviamente c’è chi sostiene di sì e chi il contrario. Sembrano però esserci prove matematiche e tutt’altro che fasulle sulla veridicità del pensiero del Presidente, come ha “tweettato” nelle ultime ore l’autorevole pagina di Judical Watch (gruppo che indaga su presunti comportamenti scorretti da parte dei funzionari governativi): ” Il nostro nuovo studio mostra 1,8 milioni di elettori in eccesso o fantasma in 353 contee e in 29 stati. I dati evidenziano la sconsideratezza nell’inviare alla cieca schede/domande di voto alle liste di registrazione degli elettori”.

Non mancano anche considerazioni più tragiche, come quella del Michigan, nel quale Trump aveva un vantaggio tale da potersi considerare tranquillamente vincitore anche prima del conteggio dei voti postali. Una volta effettuato lo scrutinio finale, però, si è registrato un voto piuttosto inusuale: 138. 339 voti per Biden e 0 per Donald Trump; ciò sta a significare che molte contee hanno votato al 100% per il leader democratico. Va bene ottenere un largo consenso, ma possibile che nessuno, tramite voto postale, abbia espresso la propria preferenza per il candidato che fino a poche ore prima aveva la maggioranza elettorale? Magari può essere solo una coincidenza, ma di certo questo è un numero troppo inusuale e inspiegabile per sfuggire all’attenzione mondiale.

La sfida tra i due candidati sembrerebbe ormai essere arrivata all’epilogo ed avere Biden come vincitore ad un passo dalla presidenza, ma, in tal caso, Trump ha promesso che farà ricorso e che porterà l’avversario davanti alla Corte Suprema, e molto probabilmente anche Biden potrebbe fare lo stesso in caso di vittoria del repubblicano, per contestare tale risultato.

Si concluderà tutto secondo le regole o scoppierà uno degli scandali più grandi degli ultimi anni? Vincerà Trump, Biden oppure un pareggio di 269 voti, cosa non da escludere vista l’assurdità degli ultimi eventi? Si prospetta un bis del 2000 quando fu appunto la Corte Suprema a decidere la sfida tra George W. Bush e Al Gore? Solo il tempo risponderà a queste domande ma una cosa è certa, la faida per decretare chi diventerà l’uomo più potente del mondo è tutt’altro che finita, anzi, è appena cominciata.

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