Nel mondo del cinema circondato, agli occhi del pubblico, da una imperturbabile aura di immortalità le parole “invecchiamento” ma soprattutto “morte” sembrano inconcepibili; gli attori, assieme ai personaggi che interpretano, diventano per lo spettatore immortali e la loro scomparsa causa insieme grande scalpore ed un profondo sconforto.
Lo scorso 19 giugno, con grande lutto per gli appassionati delle due trilogie cinematografiche de “Lo Hobbit” e “Il Signore degli Anelli”, è morto Ian Holm, famoso attore britannico il cui volto è ormai associato a Bilbo Baggins, personaggio scaturito dalla fantasia di J. R. R. Tolkien.
Nato in Gran Bretagna nel 1931, una volta scoperta la sua vocazione si iscrisse e si diplomò alla Royal Academy of Dramatic Art. Dopo il diploma, conseguito nel 1954, Holm ebbe il suo debutto in teatro con la Royal Shakespeare Company che lo portò, durante i successivi dieci anni, con numerosi spettacoli di successo, sui palcoscenici più importanti del Regno Unito. Memorabile la sua interpretazione del “King Lear” di Shakespeare, presentato nel 1960 al Royal Shakespeare Theatre di Stratford. Intorno gli anni ’70 decise di affacciarsi verso il grande schermo del cinema e nel 1979 ottenne il suo primo grande successo grazie alla brillante interpretazione di Ash nel film “Aliens” diretto da Ridley Scott. A questo primo grande successo ne seguirono molti altri: tra i film a cui prese parte in quel periodo ci furono infatti i capolavori “Brazil” di Terry Gilliam (1985), “Ballando con uno sconosciuto” di Mike Newell (1985), “Enrico V” di Kenneth Branagh (1989) e il pluripremiato film “Momenti di gloria” di Hugh Hudson (1981) per il quale ottenne la candidatura all’Oscar come migliore attore non protagonista, grazie alla splendida interpretazione del personaggio di Sam Mussabini che insieme a tutte le altre gli ha permesso di raggiungere i cuori di tantissimi spettatori di tutte le età. Nel 1998 la regina Elisabetta II gli conferì il titolo di Baronetto per meriti artistici.
Ma le serie di film per cui tutti lo ricordano sono le trilogie cronologicamente consecutive de “Lo Hobbit” e “Il Signore degli Anelli”. Nella prima saga di Tolkien, Holm interpreta il vecchio hobbit Bilbo Baggins, un pacifico “mezz’uomo” che, attraverso un flashback, ci racconta un viaggio pieno di peripezie che si trova ad affrontare per colpa di uno stregone “impertinente”, magistralmente interpretato da Ian McKeller. Nella seconda e forse più famosa trilogia egli compare sempre nei panni dell’anziano hobbit, il quale però non è più il protagonista della vicenda, ma ne è il pretesto. Il ruolo di Bilbo Baggins portò ad Holm una grande fama, della quale era egli stesso il primo a stupirsi; in un’intervista all’Indipendent UK dichiarò la sua sorpresa nel ricevere numerosissime email inoltrate direttamente al “Signor Bilbo” o a “Bilbo Baggins” invece che propriamente a lui.
La scomparsa di un attore così strettamente legato ad un personaggio crea, oltre ad un grande sconforto per la perdita umana, una sorta di panico nel mondo del cinema: l’attore diventato un tutt’uno col suo personaggio diviene per l’appassionato spettatore insostituibile.
Anche nel passato più recente altri eccellenti attori ci hanno lasciato, e la loro morte ha provocato una ferita nei cuori degli spettatori e all’interno della produzione cinematografica. Tra gli attori la cui morte ha creato maggiore scalpore ricordiamo Alan Rickman che veste i panni del Professor Severus Piton nella saga di “Harry Potter” tratta dai libri di J. K. Rowling, e Carry Fisher legata all’altrettanto famosa saga cinematografica di “Star Wars”, nel ruolo della principessa Leia.
Alan Rickman, ricordato anche per la sua straordinaria capacità di interpretare ruoli da antagonista, morì il 4 gennaio 2016 qualche anno dopo la conclusione delle riprese del film. La sua morte inaspettata (dovuta ad un tumore al pancreas) provocò un incredibile scalpore assieme al dolore intenso provato sia dai suoi congiunti che da tutti i fans della saga del più famoso mago al mondo. Nonostante la Rowling avesse pubblicato un nuovo libro legato alla storia del mago Harry Potter, in cui tra i personaggi troviamo anche un più giovane Severus Piton, né i registi né la stessa autrice avevano pensato ad una trasposizione cinematografica; il libro infatti, scritto sotto forma di testo teatrale, ha come unica versione trasposta lo spettacolo teatrale del famoso regista Jack Thorne. La rappresentazione fu accompagnata dal grido di disperazione di coloro che speravano in un nuovo film della saga, ma anche dal loro sospiro di sollievo derivato dalla certezza che il ruolo del più coraggioso preside di Hogwarts, fino ad allora interpretato da Rickman, non sarebbe stato conquistato da nessun altro attore.
Ancora più particolare è il caso di Carry Fisher, morta il 27 dicembre del 2016. L’attrice, sceneggiatrice e scrittrice statunitense fortemente legata al personaggio della principessa Leia della saga cinematografica di “Star Wars”, morì a causa di un ictus proprio nel periodo immediatamente successivo al termine delle riprese del sequel di quella saga per la quale era già stata chiamata a recitare molti anni prima con il primo film uscito nel 1977. Anche la sua morte provocò grande scalpore, ma in questo caso non fu solo perché era morta l’attrice legata a uno dei più famosi personaggi di un pilastro del genere fantascientifico, ma soprattutto perché al film “Star Wars: Gli ultimi Jedi” che lei aveva concluso di girare prima di morire uscito sul grande schermo nel 2017, avrebbe dovuto seguirne un altro. Dopo un disorientamento iniziale però il regista J. J. Abrams decise di continuare le riprese e concludere la saga senza sostituire l’interprete dell’amata principessa. Il capitolo conclusivo della saga uscito nel 2019 è stato girato utilizzando, per le scene che avrebbero richiesto la presenza dell’attrice, alcune riprese che erano state tagliate dal precedente film, completando così con successo la prodizione di “Star Wars: L’ascesa di Skywolker”.
La morte degli attori non è però sempre così vincolante per le produzioni cinematografiche, che in alcuni casi riescono a sostituire l’interprete in modo quasi “indolore” o si avvalgono del tramite di un prequel o di un sequel in cui sono necessari attori più giovani o vecchi.
Questo potrebbe essere il caso del personaggio di Obi Wan Kenobi sempre della saga di “Star Wars”; interpretato nella prima trilogia da Alec Guinnes, venne sostituito nel 1999 dal giovane attore scozzese Ewan McGregor con la produzione di una nuova trilogia cronologicamente precedente a quella già uscita.
Un’ulteriore maestria è stata dimostrata dalla produzione della saga di “Harry Potter” nella quale a partire dal terzo film, a causa della morte di Richard Harris avvenuta il 25 ottobre del 2002, il personaggio del famoso preside di Hogwarts, Albus Silente, viene interpretato egregiamente da Michael Gambon. Sempre nel ruolo di Silente è comparso, e si presume che comparirà nuovamente, Jude Law nel prequel della saga potteriana “Animali Fantastici” che prevede ad oggi la produzione di cinque pellicole, due delle quali già uscite sul grande schermo. La presenza di un attore più giovane è necessaria poiché la vicenda di Newt Scamander, protagonista di questa nuova saga, è ambientata cinquanta anni prima di quella di Harry Potter.
È chiaro quindi che la morte di attori legati così tanto ai loro personaggi come lo era Ian Holm con Bilbo Baggins, è una grande perdita per il mondo del cinema, ma la loro memoria è e sarà eternamente custodita e conservata dai personaggi che hanno interpretato tanto magistralmente da non poter essere mai dimenticati.