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Simona Vanzi: “Impronte sulla sabbia” – ricordi di un passato vivido in poesia

Quante volte da piccoli si corre lungo il bagnasciuga, per poi fermarci e guardare indietro? Per vedere le nostre impronte e paragonare il nostro piede alla sua forma impressa nella sabbia, restando come affascinati da quei semplici segni del nostro tempo.

Un titolo che ci indica un profondo incontro con il passato, il cui ricordo è delineato, la cui immagine è ben impressa e salda nella mente, come impronte sulla sabbia.

Alessandro Quasimodo (attore, regista e poeta italiano), commenta così nella sua prefazione al libro:

“Il titolo della raccolta sottolinea la precarietà della vita, che simile a sabbia, sfugge dalle nostre mani. Restano, però, le impronte, il nostro passaggio sulla terra. Ogni orma è diversa, rappresenta la nostra individualità, il nostro originale pensiero. “

Una raccolta che appare spensierata, come se fosse stata composta su un placido prato verde, eppure… nasconde qualcosa, come se con i sorrisi sereni velasse il pesante e irrequieto flusso dei pensieri; pensieri che vanno e vengono, ricordi che appaiono e scompaiono, emozioni che li accompagnano.

È quasi tracciabile un climax ascendente di intensità: inizia con respiri nuovi e venti freschi, per procedere verso un’aria sempre più rarefatta, verso un’atmosfera malinconica e nostalgica, facendo trasparire una sua battaglia interna. La combatte, ma la consapevolezza è amara.

Titoli come “Un dolce fiore” o “Vola libera” ingannano il lettore all’apparenza, le parole che seguono sono estrapolate dai loro comuni contesti, e acquistano una nuova dimensione in un passato, che vorrebbe vicino.

Parole semplici e accostamenti genuini.

Versi brevi e versi liberi.

Spesso vi sono ossimori, come se un dualismo portasse sia disordine che equilibrio.

Scrive della consapevolezza che non sempre tutto va come dovrebbe andare, come si vorrebbe che andasse, che ci si illude e si costruiscono aspettative troppo grandi; la verità a volte è l’evento più triste; la tranquillità ha i suoi tempi per arrivare.

Un cuore rinchiuso in una pagina bianca, che fugge dal parlare, ma che riflette, pensa e cerca di correre senza sapere dove andare. Lacrime che marchiano il volto.

Immagini in mente di giorni felici, che ora avvolgono un cuore imbrigliato in una rovente sabbia rossa, abbandonata da tempo dai passanti.

Ma i sogni non si arrestano, e quelli che erano incubi diventano facili strade in salita. Le impronte non si fermano, un nuovo calore le incoraggia, una ribalta verso un nuovo giorno.

Parole di chi vuole rinascere e vincere, di chi si è voluta nascondere in inverno, per pensare, ma per sbocciare in primavera.

Poesie introspettive, ma in cui molti ci si rivedono.

Simona Vanzi scrive da quando ha 16 anni, ma ha iniziato a coltivare la sua passione a 23 con il primo concorso al quale ha partecipato, Il Federiciano.

Da quel momento in poi le parole non hanno più smesso di sgorgare dalla sua penna, con la stessa passione di un sognatore. Difatti questa è la seconda raccolta che pubblica, dopo “Emozioni Silenziose” del 2018.

Già da quest’ultima era emersa la sua personalità trasparente che non vuole imitare, ma essere se stessa nel raccontare ciò che vive. La seconda raccolta è una conferma di questa sua spontaneità: presenta i suoi pensieri in forma scritta, senza mantelli o maschere, vi pone al massimo un lievissimo velo per lasciarsi interpretare.

Da dove nasce l’ispirazione e il desiderio di raccontare queste tue poesie al pubblico?

Quando ho iniziato a scrivere pensavo solo al fatto che avevo bisogno di trasferire su carta i miei pensieri, sentivo la necessità di lasciare un’impronta sul quel foglio bianco, e col tempo ho visto formarsi quelle che oggi sono poesie: metto cuore, anima e penna in ciò che scrivo; racconto la mia vita così come la vivo, descrivo la vita così come la vedo. Traggo emozioni, quindi ispirazione da tutto ciò che mi circonda, senza pensare troppo al soggetto o alle circostanze, tutto può diventare poesia, e tutti, oggi giorno, hanno bisogno di sentirsi confortati e magari, tornare a sognare.

Esiste una cornice vera e propria che collega tutte le poesie?

La vita. Questa è la cornice che collega ogni poesia, e che lega esseri umani e natura ad un destino inesorabile: essa rende molto più apprezzabile ogni istante in cui respiriamo, e ci mette di fronte a nuove e profonde consapevolezze di cui spesso, preferiamo non prender nota.

Tendenzialmente qual è il “momento giusto” per scrivere?

Non esiste il momento giusto, o quello sbagliato per scrivere. Si può trarre beneficio da ogni istante, occorre solo ricordarsi carta e penna.

Pensa già a una nuova raccolta dopo “Impronte sulla sabbia”?

Non smetto mai veramente di far scorrere i miei pensieri e trovare altri accostamenti di parole per far nascere nuove poesie: prendo appunti e traggo spunti, scrivo così come vivo. Non ho collaborazioni attive attualmente ma, la mia speranza è che il frutto già tangibile del mio lavoro entri nel cuore delle persone.

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