Il calcio è uno sport di squadra giocato con un pallone sferico su un campo di gioco rettangolare, con due porte. È giocato da due squadre composte da 11 giocatori. L’obiettivo del gioco è quello di segnare più punti (detti gol o reti) della squadra avversaria, facendo passare il pallone oltre la linea della porta avversaria. Questa in linea definitiva può essere considerata la definizione di calcio, lo sport più seguito al mondo per distacco. Quando si parla di calcio si pensa subito agli attaccanti, coloro che hanno l’obbiettivo di buttare il pallone in rete. Sono loro i giocatori che entrano sul taccuino dell’arbitro e nelle prime pagine dei giornali, le persone di cui i bambini sognano di avere la maglia, i giocatori più costosi e che vengono pagati di più. Riguardando però la definizione di calcio c’è scritto che si gioca in 11, e di questi gli attaccanti sono uno, due, al massimo tre, non di più. Forse è il Barcellona di Pep Guardiola il modello perfetto di squadra vincente. Pep è diventato allenatore della squadra catalana nel 2008, vincendo tre campionati, due coppe nazionali, tre Supercoppe spagnole, due Champions League,due Supercoppe UEFA e due Coppe del mondo per club FIFA; con quattordici trofei in quattro anni è l’allenatore più vincente della storia blaugrana. Questa squadra è stata capace di fare cose neanche pensabili per il 99% delle squadre al mondo, era una macchina perfetta, tutti i reparti funzionavano a meraviglia ed erano meravigliosi da vedere, facevano girare la palla senza mai nemmeno farla vedere agli avversari.
In quella squadra c’era un ragazzino non molto alto, non molto coordinato e con i capelli così lunghi da coprirgli tutto il viso; non il migliore spettacolo insomma. Quel ragazzo ha un nome, si chiama Carles Puyol ed è nato in un piccolo comune della catalogna, La Pobla de Segur, il 13 aprile 1978. Quel ragazzo entra nella cantera blaugrana all’età di 17 anni. Louis Van Gaal decide di lanciarlo in prima squadra il 2 ottobre 1999 a Valladoid; 4 anni dopo ne è già capitano. E’ il 2009 quando il celebre magazine The Sun stila la formazione calcistica ideale del decennio. In quella formazione erano presenti 4 difensori: Paolo Maldini, Fabio Cannavaro, il brasiliano Cafù, e poi lui, proprio Carles. Puyol ha sempre militato nella sua squadra del cuore, tra prima squadra e riserve, collezionando 593 presenze, e vincendo tra l’altro sei campionati spagnoli, tre UEFA Champions League, 2 coppe spagnole, 8 supercoppe spagnole, 3 supercoppa uefa e 2 mondiali per club. Il 4 marzo 2014 annuncia in conferenza stampa il suo ritiro, avvenuto il 17 maggio dello stesso anno, a causa del peggiorare delle sue condizioni fisiche.
Quel ragazzo aveva un sogno come tutti gli altri, voleva diventare calciatore. Madre natura non è stata molto gentile con lui, non era velocissimo, non aveva i piedi buoni, non aveva un buon tiro e nemmeno era capace di servire assist. Ma cosa ci faceva uno del genere in un campo di calcio? Oggi ci guardiamo le punizioni di Juninho Pernambucano, l’estro di Riquelme o il controllo palla dei brasiliani e rimaniamo esterrefatti; tutti questi giocatori solo possono sognarsi il palmares ed il successo di questo normalissimo ragazzo della catalogna. Carles Puyol era capitano di quel Barcellona, leader dentro e fuori dal campo, il giocatore che non era possibile sostituire con nessun altro giocatore al mondo, non sbagliava un intervento, era sempre in anticipo sull’avversario, vinceva qualsiasi contrasto aereo ed era capace di passare tutta la sua grinta ai compagni, facendoli giocare al massimo delle loro potenzialità.
«Non ho la tecnica di Romário, la velocità di Marc Overmars o la forza di Patrick Kluivert. Ma io lavoro di più rispetto agli altri. Sono come lo studente che non è tanto intelligente, ma ottiene buoni risultati con l’impegno.» Questo dirà Puyol in un intervista, il massimo esempio di come lavorando sodo si possono raggiungere grandi traguardi.
Auguri per i tuoi 42 anni Carles, grazie per averci insegnato cosa significhi avere carisma, cosa significhi essere sempre determinati e concentrati, che cosa sia la leadership, grazie per averci insegnato ad essere uomini