“Dio, potresti disinstallare il 2020 e reinstallarlo di nuovo? Quello attuale contiene un virus!”
Dietro la nuvola umoristica di questa frase vengono descritti questi ultimi giorni. Non bisogna fare di tutta un’erba un fascio, ma indiscutibilmente questo 2020 non è iniziato nel migliore dei modi. È un anno che sta mettendo molto alla prova l’uomo e la sua salute: mentre tutto il mondo sta affrontando l’emergenza Coronavirus, ecco presentarsi un’altra sventura.
OGGI
Il 4 aprile scorso, a 100 km da Kiev (Ucraina settentrionale), sono scoppiati due incendi nelle vicinanze dell’ex centrale nucleare di Chernobyl. Questi incendi hanno causato la dispersione e soprattutto l’aumento delle radiazioni in quella zona: il livello di radiazioni è aumentato di 16 volte rispetto all’abituale (questo dato è stato reso pubblico su Facebook da Yegor Firsov, capo del servizio di controllo ecologico statale ucraino). Ciò che è rassicurante è che le fiamme sono state domate e nessuno è in pericolo.
Inevitabilmente, però, è tornato alla memoria (anche se in realtà non se ne è mai andato) il ricordo della tragedia avvenuta il 26 aprile 1986. Certamente non serviva questo avvenimento per ricordare l’episodio di Chernobyl, ma d’altra parte fa riflettere ancor più su di esso: tutto ha origine da lì, in quanto, proprio a causa delle conseguenti radiazioni disperse, numerose foreste ne furono contaminate e, dunque, a ogni incendio ne liberano una parte!
IERI
Sono passati quasi 34 anni, ma il disastro di Chernobyl rimane il più grande e grave incidente avvenuto in una centrale nucleare nella storia. All’origine dell’incidente c’era la volontà di effettuare un esperimento, il quale comportava un aumento notevole della potenza, e quindi temperatura, del nucleo del reattore 4, violando le norme di sicurezza. E’ una rapida concatenazione: l’aumento della temperatura provoca un incremento della pressione del vapore che a sua volta fa saltare in aria violentemente il coperchio del nocciolo del reattore!
Erano esattamente le 1:23:46 quando avvennero ben due esplosioni all’interno del blocco 4 della centrale nucleare di Chernobyl. Nessuno se ne accorse all’inizio. Nel giro di pochi secondi, invece, accadde ciò che ancora oggi fa venire i brividi: il reattore e l’edificio di esso andarono letteralmente distrutti, lasciando completamente esposto il nucleo. Numerosissime radiazioni fuoriuscirono dal reattore e si dispersero contaminando l’area circostante, ma non solo!
Davanti a tragedie simili, una delle principali volontà è quella di scoprirne le cause; purtroppo di esso le cause non sono certe: un complesso di errori dovuti sia a problemi tecnici intrinseci del reattore stesso (difetti nelle barre di controllo) sia mancanze stesse del personale e degli operatori, i quali o non erano a conoscenza di quei problemi o, ancora peggio, li sottovalutarono, “nascondendo” l’elevato rischio dell’esperimento!
Dato certo è che, a causa di queste azioni incaute e sfortunate, ne pagarono le conseguenze, si può dire proprio la vita, 65 persone. Quest’ultime sono purtroppo però solo quelle accertate, ma si calcola che gli effetti a lungo termine delle radiazioni (che si manifestano come tumori o leucemie) causeranno la morte di ben altre 4000 persone, fra gli evacuati e i residenti in quelle aree, le aree a maggior rischio, ed anche fra coloro che stanno contribuendo a bonificare il territorio.
Nel 1986 il reattore venne racchiuso in un “sarcofago” di cemento; nel 2016 si impiegò un ulteriore sarcofago; tra altri cento anni si conta di doverne costruire un terzo. Tutto ciò con la speranza che prima o poi il tasso di radioattività scenda al di sotto dei limiti di sicurezza. Risulta chiaro che quello che è accaduto in questi ultimi giorni allenta questa speranza. Il tragico episodio del 1986 ha conseguenze ancora oggi a distanza di diversi anni, riaffiorando la paura e la preoccupazione.
Chernobyl non si smentisce mai e sta continuando a far parlare di sé, speriamo ancora per poco e definitivamente.