Roma, 15 marzo 44 a.C. un giorno diverso da tutti quelli precedenti e da tutti quelli futuri, uno di quei giorni che hanno cambiato inesorabilmente la storia mondiale.
Un uomo ansimante esala il suo ultimo respiro giacendo in una pozza di sangue, dopo essere stato brutalmente assalito e ucciso da ben 23 coltellate.
Nonostante la crudità della scena non si nota però nulla di strano, vi è infatti una lunga lista di crimini efferati nella storia dell’umanità, se non fosse però per la vittima di tale crimine: Gaio Giulio Cesare.
Cesare è semplicemente il personaggio romano più conosciuto nel panorama culturale mondiale, un personaggio che godeva già di una grandissima popolarità ai suoi tempi, popolarità che gli aveva consentito, insieme al suo valore sul campo, di incentrare nelle sue mani tutti i poteri politici dell’epoca, autoproclamandosi dictator a vita.
Cesare iniziò la sua carriera politica come avvocato e si schierò dalla parte dei populares, aristocrazia più sensibile ai bisogni delle classi sociali inferiori, e attaccò fortemente lo schieramento opposto degli optimates, aristocrazia conservatrice ed esclusiva.
Carriera politica che arrivò al culmine con il primo triumvirato del 60 a.C. insieme a Pompeo e Crasso, le altre due personalità più influenti a Roma, e con la conseguente elezione consolare dello stesso Cesare l’anno successivo.
Mancava solo un unico tassello per divenire il più grande a Roma, talmente grande da competere perfino con il Senato, ossia le vittorie militari.
Vittorie militari che arrivarono dal 58 a.C. al 50 a.C. con le conquiste di Cesare in Gallia, le quali ci sono state minuziosamente descritte dallo stesso Cesare nel De Bello Gallico.
Pompeo, invidioso del potere di Cesare, si alleò con il Senato, forte anche della rottura del triumvirato nel 53 a.C. dopo la morte di Crasso, e iniziò la guerra civile.
Dopo la morte di Pompeo, Cesare non aveva più un solo rivale in tutto l’Occidente e così incentrò tutti i poteri nelle sue mani, avvicinando la sua figura a quella dei leggendari reges.
Marco Giunio Bruto e Cassio Longino, in apparenza insospettabili amici di Cesare, ma in realtà vili traditori, decisero allora di organizzare una congiura contro lo stesso Cesare, coinvolgendo anche altri senatori, terrorizzati dal vento di rivoluzione giunto a Roma con i trionfi del dictator.
I congiurati hanno cercato di denigrare Cesare, uccidendolo vigliaccamente e con una violenza eccessiva, ogni coltellata non era solo rivolta a lui, ma era una coltellata contro il tempo, contro il cambiamento, colpi dati con rabbia e con frustrazione, come a sottolineare il folle desiderio di attaccamento ai privilegi passati che erano destinati a crollare.
Il corpo di Cesare fu abbandonato per ben tre ore, prima di essere trovato da tre schiavi, come per ironia della sorte sotto la statua dell’acerrimo nemico Pompeo.
Numerose sono state le teorie sui non chiarissimi retroscena della congiura, prima tra tutte quella descritta da Valerio Massimo Manfredi nel romanzo storico: “le Idi di Marzo”, il quale descrive, con un susseguirsi di emozioni, gli ultimi otto giorni di Cesare, e la disperata corsa contro il tempo da parte dei legionari a lui più fedeli per salvarlo dall’inevitabile congiura.
Nonostante la morte del dictator, però, i congiurati non hanno potuto impedire la realizzazione delle loro paure, vedendo il compimento del processo iniziato da Cesare da parte del suo successore Ottaviano Augusto e la conseguente nascita dell’impero.
Cesare sarebbe potuto diventare il primo imperatore della storia, ma non verrà mai ricordato così, ma solamente come Giulio Cesare, l’uomo che sfidò l’intera società del suo tempo, e senza l’assassinio del quale, il mondo sarebbe probabilmente cambiato drasticamente.