Venerdì 29 Novembre, in occasione della sessantaquattresima edizione del premio del CEPPO, presso la “Libreria Enoteca Bistrò Todo Modo”, si è svolta la presentazione del libro “Odissei senza nostos” di Gabrio Vitali.
Lo scrittore ha presentato il proprio libro con la collaborazione di: Paolo Fabrizio Iacuzzi, direttore del premio letterario CEPPO di Pistoia, Andrea Sirotti, critico traduttore e professore di inglese e Diego Salvadori, allievo di Ernestina Pellegrini.
Iacuzzi ha esordito presentando i temi principali del libro che sono la mitologia e le strategie del racconto. Secondo Iacuzzi alla base di questo libro, definito da Vitali come “autobiografia intellettuale”, ci sono due fuochi: la meditazione su Dante Alighieri e le tre cantiche di Dante stesso.
Iacuzzi ha definito quindi Vitali come un teologo o un antropologo. Inoltre egli ha spiegato come Vitali sia bravo nell’introdurre all’interno del proprio romanzo i suoi amici (per esempio Ernestina Pellegrini, Giacomo Trinci e Luigi Meneghello). Questi amici hanno scopo critico, dunque Vitali prova a condividere i dibattiti con loro: abbiamo quindi un altro aspetto molto importante del romanzo, la condivisione della letteratura.
Dopo la breve introduzione del presidente del CEPPO, la parola è passata a Dario Salvadori. Egli ha subito dato una definizione del libro di Vitali: lo ha descritto come “agile” per le sue piccole dimensioni, ma “denso” per i molti ragionamenti e metafore nascosti al suo interno. La metafora principale di questo libro è il viaggio. Infatti il viaggio, ancor prima che “ulissiaco”, è il viaggio dell’ermeneuta, quindi del critico.Questo viaggio si divide in due parti: l’exodus, cioè viaggio che cerca l’altrove e nostos, cioè viaggio che cerca il ritorno. Secondo Salvadori la letteratura non si studia per imparare a farla. Infatti egli la vede come un’educazione all’umano perché, se analizzata e compresa, può insegnare molto più di quanto si possa leggere in prosa o in poesia.
A questo punto il microfono è passato nelle mani di Andrea Sinotti che ha subito iniziato la sua analisi. Sinotti ci ha spiegato come ci siano quattro buone ragioni per insegnare la letteratura: innanzitutto essa è un denominatore comune dell’esperienza umana, inoltre è l’antidoto per pensare per immagini, poi porta con sé un arricchimento del linguaggio del lettore ed infine è vista come pace e amicizia dal momento che ci rende umani intensamente. In poche parole dunque, la letteratura riesce ad unirci. Sinotti ha poi esposto come a suo parere Vitali sia in grado di appassionarti e “tenerti legato” ai suoi concetti espressi nella grandissima pluralità di storie nel suo libro. Infine Sinotti ha accennato all’elitismo della poesia a cui Gabrio Vitali riesce ad attribuire un significato positivo nel proprio romanzo.
Per ultimo, ma non certo per questo meno importante, ha parlato l’autore. Egli ha subito voluto spiegare il motivo per cui ha coinvolto molti suoi amici nel sul libro. Per Vitali gli amici sono coloro che lo hanno caratterizzato nella sua formazione e condizionato in gran parte della sua sensibilità letteraria, culturale ed addirittura esistenziale. Uno dei suoi più cari amici era Meneghello. Quest’ultimo gli stava così a cuore che Vitali si definisce “tifoso di Meneghello”. Essendo venuti a mancare alcuni suoi grandi amici, Vitali si sente “orfano”. Perciò decide di scrivere questo libro, per ritrovare il dialogo con loro.
La letteratura, conclude Vitali, “ri-vela” il significato di ciò che si legge, cioè è in grado di mettere un nuovo “velo di significato” su ciò che si pensa già di sapere.