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Ridi pagliaccio e ognun t’applaudirà, e così è stato al Maggio

Nella serata del 25 Settembre, al Maggio Musicale fiorentino è andato in scena, per l’ ultima data il Dittico: Noi,Due,Quattro... e i Pagliacci (in coproduzione con il Teatro Carlo Felice di Genova ). Il grande ospite, quello più atteso dal pubblico era senza dubbio l’ opera di Ruggero Leoncavallo, eseguita in occasione del centesimo anniversario della sua morte. La regia di Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi ha convinto fin dalla prima, arrivando a fine con un teatro colmo ed entusiasta, pronto ad applaudire e rapito dalla scena, seguita con attenzione e passione, non era fuori luogo sentire commenti dal pubblico di apprezzamento.

L’opera lirica, tratta un fatto di cronaca a metà fra il reale e l’ invenzione, racconta una storia di gelosia e tradimenti con una conclusione tutt’altro che di lieto fine. La scenografia a cura di Federica Parolini, immutata nel corso dello spettacolo, descrive un esempio impeccabile di paesaggio popolare che riprende le sembianze di Cavalleria Rusticana della passata stagione, un piccolo paese con una chiesa (Montalto, in Calabria) dove una compagnia itinerante arriva per mettere in scena il proprio spettacolo. Ad annunciare l’ arrivo dei “pagliacci” è Tonio detto lo scemo, a seguire il capocomico Canio, sua moglie Nedda e Beppe (protagonisti dell’ opera) e ad aspettarli con entusiasmo ci sono bambini, e adulti. Tutti con costumi ricercati e perfetti, grazie a Agnese Rabatti, che ci riportano all’epoca degli avvenimenti.

Un grandissimo cast, che riesce ad intrattenere un teatro pieno, sia nei momenti delle risate sia nei momenti malinconici, dove gli attori cantano i loro sentimenti.

Protagonisti indiscussi sono Nedda e Canio, rispettivamente Valeria Sepe e Angelo Villari, coinvolti in una vicenda amorosa senza scampo. Nedda è la povera ragazza che sogna la libertà, sganciarsi dalle sue condizioni per correre verso il suo sogno, l’ amante Silvio, anche contro tutte le ostilità. Con una voce forte e decisa riesce a esprimere emozioni contrastanti e un pensiero confuso, ma con un fine ben preciso, sia nel duetto con Silvio (Leon Kim) sia nella ballatella Hui stridono lassù dove il desiderio di libertà raggiunge il suo apice.

Dall’altra parte troviamo Canio (tenore), forse il personaggio più difficile e complesso: il suo rapporto persona/personaggio viene messo a dure prova durante la parte finale dell’opera. Appresa la realtà del tradimento di Nedda, decide sotto consiglio di Tonio di aspettare a vendicarsi, così come dice nello spezzone “vesti la Giubba” decide di far continuare lo spettacolo e di calarsi comunque nel suo ruolo di pagliaccio. Quando però nella messa in scena, in cui viene innalzato un grande tendone, si vede davanti la medesima situazione che nella realtà lo sta consumando il rapporto persona/personaggio si rompe e un climax di emozioni finisce per accecarlo facendogli compiere la tragedia. Un passaggio, in pochi istanti, dalla commedia alla cruda realtà, dolore e rabbia che a “ ventitrè ore” hanno fermentato in Canio. Dunque un Villari a cui nulla si può criticare, una perfetta esibizione sia scenica che vocale, riuscendo a definire la sua psicologia tormentata, di un uomo che sentendosi tradito e ferito nell’orgoglio, non ha più nulla da fare se non quello che meglio gli riesce,quello che ha sempre fatto: mettersi la maschera e far ridere il suo pagliaccio. Da sottolineare l’ impegno e la bravura con cui Villari ha recitato l’ aria “vesti la Giubba”, mostrando rabbia,debolezza e determinazione allo stesso tempo e la cui fine è stata accompagnata da una pioggia di applausi.

Anche Tonio (Devid Cecconi), ha avuto la sua parte da protagonista. Dopo il no secco al suo amore da parte di Nedda, Tonio si è trovato costretto a fare la parte del cattivo, è suo il merito di aver svelato la tresca amorosa. Lui e Beppe (Matteo Mezzaro) hanno una sorta di compito, far proseguire lo spettacolo nonostante le vicende che vedono la compagnia spaccata in due. Entrambi adeguati ai loro personaggi, i due grazie alle loro esibizioni più che notevoli riescono a non essere messi in ombra da Villari e Sepe anche se alla fine dei giochi, i più acclamati e applauditi dal teatro sono loro.

L’ orchestra non è da meno: se sul palco non possiamo fare critiche, tanto meno le si possono rivolgere alla parte musicale dell’opera, con un Valerio Galli  energico ed eccellente come sempre.

Pagliacci

Maestro concertatore e direttore
Valerio Galli

Regia
Luigi Di Gangi, Ugo Giacomazzi

Scene
Federica Parolini

Costumi
Agnese Rabatti

Luci
Luigi Biondi riprese da Vincenzo Apicella

Nedda
Valeria Sepe

Canio
Angelo Villari

Tonio
Devid Cecconi

Beppe
Matteo Mezzaro

Silvio
Leon Kim

Un contandino
Vito Luciano Roberti

Un altro contadino
Leonardo Melani

OrchestraCoro e Coro delle voci bianche del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini

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