Introduzione
Era il 1989 quando in Giappone uscì il videogioco Mother per il NES, console casalinga della Nintendo che ha ormai fatto storia. Un gioco di ruolo che si fece notare per le sue caratteristiche innovative e che, anche se non riuscì ad uscire dal suolo nipponico, venne acclamato da tutti coloro che ebbero modo di giocarci. Vennero successivamente pubblicati due sequel dell’opera: Mother 2 per SNES (1994) e Mother 3 per GBA (2006), ma solo il secondo capitolo, più conosciuto come EarthBound, ebbe modo di radicarsi anche in occidente, all’epoca inteso come Stati Uniti e Canada. Ciò bastò comunque a creare una piccola comunità di appassionati che, anche ad anni di distanza, ricordano la serie di Shigesato Itoi come una delle più d’impatto nella storia del medium videoludico (per un maggior approfondimento vi rimandiamo all’articolo di pixelfood: https://www.pixelflood.it/mother-123-nostalgia-di-casa/ ). Il gioco ebbe infatti modo di diffondersi, seppur in misura modesta, grazie a traduzioni amatoriali di alcuni appassionati che, combinate con la nascita degli emulatori per PC, hanno permesso a chiunque masticasse un minimo di inglese di immergersi in questo mondo fatto di pixel. Ma ben presto i giocatori, orfani della saga, dato che il terzo capitolo sarebbe stato anche quello conclusivo, cominciarono a riunirsi in forum online, discutendo di questa enorme pietra miliare della storia dei videogiochi. Tra questi vi erano anche programmatori più o meno capaci che, pur di allargare l’esperienza della Mother Saga, si misero alla prova pubblicando estensioni non canoniche da loro prodotte, avendo sempre però come punto di partenza i giochi originali. Tra questi utenti figurava un nome che oggi ha fatto la storia dello sviluppo indipendente dei videogiochi: Toby “Radiation” Fox.
Toby, già alla tenera età di 10 anni, cominciava a masticare un po’ di RPG maker, software per lo sviluppo di giochi di ruolo, cominciando a produrre le sue prime Fan Hacks. Negli anni adolescenziali non si dedicò solo al game design, ma anche alla musica, conoscenze che gli permisero di trovare dei lavoretti part-time. Nel 2008 pubblica il suo primo lavoro di spessore che lo fa conoscere come un grande appassionato della saga Mother: La EarthBound Halloween Hack, una Hack Rom dell’omonimo gioco che riscosse un discreto successo tra i fan della serie. Nel 2009 Toby Fox viene assunto da Andrew Hussie per comporre alcune colonne sonore del fumetto online Homestuck, divenuto famoso per la sua longevità e le sue meccaniche interattive. L’opera consiste infatti in una combinazione di immagini, GIF animate e giochi realizzati con Adobe Flash. È in questo periodo che a Toby viene in mente di lanciarsi nella realizzazione di un gioco tutto suo. Comincia col creare un sistema di combattimento ispirato a quello della serie Mario&Luigi, dove il giocatore non deve semplicemente subire i colpi avversari senza poter batter ciglio, ma al contrario gli è possibile schivare le offensive nemiche muovendo il proprio avatar nel campo di battaglia, a patto di avere il giusto tempismo e prontezza di riflessi. Riprende, in tal senso, anche la meccanica che contraddistingue i giochi Bullet Hell come Touhou Project: schivare migliaia di proiettili a schermo che avanzano in direzione del nostro personaggio. Ma ciò che più lo ispirerà nella creazione del suo primo prodotto videoludico sono i JRPG (Giochi di Ruolo giapponesi) più classici (primo fra tutti Mother, ovviamente), ove i combattimenti si svolgono a turni. Prima il giocatore impartisce un comando al suo alter ego virtuale, poi è il turno dell’avversario. Solitamente le azioni da poter compiere sono, seppur sviluppate in modi diversi a seconda del gioco, sempre le stesse: combattere, usare oggetti (ad esempio cure o potenziamenti per alcune statistiche) o fuggire. Se poi il titolo è di impronta fantasy, niente esclude che si possano anche lanciare incantesimi, ma sempre come opzione offensiva. Toby verrà inoltre influenzato da una meccanica di gioco particolare del titolo Shin Megami Tensei, dove è possibile parlare con i mostri che si fronteggiano per imparare di più su di loro. Da qui nascerà il dubbio che renderà il primo prodotto ufficiale di Fox memorabile: Perché bisogna uccidere i nemici? Non si può forse risolvere i combattimenti in altro modo? Lo stesso Toby decise di rispondere a queste domande introducendo una particolare meccanica nel suo sistema di combattimento: la possibilità di risparmiare i propri avversari, senza che nessuno debba morire. In un’intervista fatta da Sean Hogan, altro sviluppatore indipendente, Toby infatti dichiara: “Volevo creare un gioco RPG dove si potesse diventare amici di tutti i boss. Dove insomma non uccidere tutti fosse un’opzione praticabile (…). Molti RPG sono una continua festa all’omicidio… quanti mostri si uccidono? E a quale scopo? Tutto è nato di conseguenza da quel concetto”. Sono molti i giochi ad aver influenzato Toby Fox nella creazione del suo primo lavoro: Cave Story, Chrono Trigger, Breath of Fire 3 etc.. Ma sono state le componenti fuori dagli schemi di Mother e l’interazione coi nemici di Shin Megami Tensei ad aver avuto un ruolo fondamentale nella sua formazione di game developer indipendente. Il 13 giugno 2013, pertanto, Fox si mette alla prova, lanciando la sua raccolta fondi sul noto sito Kickstarter per la creazione di un videogioco che avrebbe lasciato un’impronta indelebile nella storia degli stessi: Undertale. Per la sua realizzazione l’autore aveva infatti posto come obbiettivo 5.000 dollari di fondi, ma dopo un mese la cifra raccolta è stata dieci volte più grande: 51.124 dollari. Toby rimane piacevolmente sorpreso, ma allo stesso tempo estremamente terrorizzato: non voleva che tutte le persone che avevano investito nel suo progetto si ritrovassero in mano un prodotto incapace di soddisfare le loro aspettative. Fu così costretto a rivedere la sua idea originale, che prevedeva un gioco dalla durata media di due ore. Con i soldi guadagnati decise di assumere alcuni collaboratori per velocizzare il completamento dell’opera, in particolare Temmie Chang, artista freelancer che ha lavorato a molti degli sprite (immagini bidimensionali di personaggi, ambienti e oggetti) dell’opera. Va però sottolineato che le idee, la trama, i personaggi e le musiche dell’opera sono tutte frutto della mente di Toby Fox. Dopo un periodo di intenso lavoro, il 15 settembre 2015 Undertale vede la luce, e viene pubblicato sulla piattaforma Steam, dove chiunque può acquistarlo al modico prezzo di 10 euro. Il successo è enorme. Undertale è sulla bocca di tutti, star del web di tutto il mondo lo giocano sui loro canali Youtube diffondendo il verbo, cominciano a nascere fan-game, mod, fumetti amatoriali, disegni, canzoni e orchestre ispirate alle colonne sonore, musical, spettacoli teatrali aventi come canovaccio la trama dell’opera e chi più ne ha più ne metta. Negli anni successivi Undertale sbarcherà perfino nelle console di Sony e Nintendo, con contenuti aggiuntivi. È inoltre recentissima la notizia che uno dei personaggi più iconici di questo gioco sia riuscito a fare la sua comparsa in Super Smash Bros Ultimate, uno dei più grandi crossover videoludici della storia del medium. Anche dopo quattro anni dalla data di pubblicazione, insomma, Undertale continua a far parlare di sé.
Ci sono vari motivi dietro all’inaspettato (perfino per l’autore) successo di questo, apparentemente, modesto gioco: meccaniche innovative (prima fra tutte la possibilità di non uccidere nessuno nel corso di una partita), personaggi unici, colonne sonore memorabili, trama semplice ma sorprendente, colpi di scena fuori dal comune. Ad onor del vero, Undertale non è il primo titolo dove è possibile completare una partita senza uccidere nessuno dei propri rivali, ma è il primo gioco di ruolo che premia il giocatore nello scegliere questa via anziché quella classica del “massacro”, spesso l’unica percorribile (o se non altro la più semplice e consigliata) nei videogiochi ove sono presenti altre entità all’infuori di noi.
Ma perché dovremmo giocare Undertale e non altri titoli simili?
Prima abbiamo accennato ai motivi che hanno reso quest’opera un cult del genere RPG. Vediamo ora di approfondirli un po’, comprendendo perché Undertale si contraddistingue e porta un’esperienza di gioco unica. L’avventura comincia quando il nostro avatar precipita nel Monte Ebott, montagna leggendaria conosciuta per la sua cattiva reputazione. Si narra infatti che chiunque tenti di scalarla non faccia più ritorno. Ciò che però non molti sanno è che questo colle dà accesso ad un intero mondo da esplorare, popolato da mostri di ogni tipo. Nel cercare di tornare a casa andremo incontro ad un viaggio eccezionale, conoscendo creature assurde e uniche nel loro genere. Capre antropomorfe, fiori parlanti e simpatici scheletri sono solo alcuni esempi. Ma la vera rivoluzione sta nella responsabilità di cui veniamo da subito investiti. Avremo infatti modo di uccidere o risparmiare ogni essere che ci troveremo di fronte. E a seconda di quello che decideremo di fare, dovremo poi confrontarci con le conseguenze delle nostre azioni, siano queste immediate o meno. Così facendo, Undertale offre al giocatore tre cammini percorribili: uno neutrale, dove avremo pietà per alcuni mostri e ne condanneremo altri; quello pacifico, nel quale faremo amicizia con ogni essere imparando a conoscerlo meglio, senza mai fare uso della violenza; e quello genocida, dove mostreremo il nostro lato peggiore uccidendo ogni creatura vivente che ci capiti a tiro. E ciascuna di queste partite, grazie a un mix di gameplay, musiche e design dei personaggi, lascerà un segno nel giocatore. Scendendo più nello specifico, sono molte le caratteristiche che rendono Undertale un’avventura singolare, ed è difficile parlarne separatamente, dato che è soprattutto la loro armonia la vera forza del titolo. Ciò nonostante le tratteremo autonomamente, ricordando però sempre che ognuno di questi aspetti brilla maggiormente quando accostato agli altri.
Innanzitutto, i personaggi. Ogni mostro creato da Toby Fox ha una sua personalità, completamente diversa da quella di ogni altra creatura. E questo vale sia per personaggi generici che per quelli chiave, ma è soprattutto in questi ultimi che risplende l’impegno dell’autore nel voler creare un’opera compatta. Ognuno di essi ha le sue abitudini, le sue credenze, i suoi problemi, il suo modo di parlare e i suoi obiettivi. Non importa che si passi da una distesa innevata a un lago di lava: avremo sempre l’impressione di trovarci in un mondo coerente, che esiste in questo modo e non potrebbe essere diversamente. E ciò è reso possibile (e plausibile) anche grazie agli individui che abitano le varie zone del Sottosuolo. Questi si conoscono, si citano a vicenda, hanno opinioni positive e negative degli altri, si amano, si odiano, si conoscono da una vita insomma. Formano una vasta rete di conoscenze che era ben solida ancor prima del nostro arrivo. E noi, ultimi arrivati, siamo i benvenuti in questa lunga catena di amicizie, se desideriamo farne parte.
Ma se parliamo di personaggi e di ambientazioni di gioco non possiamo non fare altrettanto con le colonne sonore. In Undertale queste non fungono semplicemente da riempitivo per dare al giocatore “qualcosa da ascoltare”. Sono intrinsecamente legate al soggetto a cui si riferiscono, servono a comprendere meglio quello che stiamo vedendo e sono paurosamente evocative. Ci fanno percepire il dolore che prova un personaggio, la sua volontà di non fallire, ci trasmettono paura, divertimento e sensi di colpa, rendono l’atmosfera leggera o pesante. Perfino i titoli di queste melodie sono fondamentali alla comprensione di ciò che accade in determinati momenti della nostra avventura, particolari come sono. Ma ciò che più di tutto rende uniche e irripetibili le OST di quest’opera è l’uso che l’autore ha fatto dei leitmotiv, in italiano motivo conduttore. Il leitmotiv appare per la prima volta nel 1860 in relazione alle opere di Richard Wagner, musicista tedesco del romanticismo. Con questo termine si indica un tema musicale ricorrente associato ad un personaggio, un sentimento, un luogo, un’idea o un oggetto. E Undertale ne è pieno. Ogni colonna sonora ha infatti il suo motivo conduttore, che rimanda ad altre melodie già sentite in precedenza, trasmettendo, ancora una volta, l’idea che l’opera sia compatta e ben costruita. Si crea così un senso di nostalgia e familiarità nel giocatore, che sente di aver già orecchiato certe note in passato. I leitmotiv servono insomma a non farci dimenticare da dove siamo venuti, gli individui che abbiamo conosciuto e le esperienze che ci hanno portato fino al momento presente. Permettono inoltre, senza l’uso di parole, di creare collegamenti tra eventi e personaggi, aiutandoci a comprendere maggiormente i rapporti che legano vari aspetti di questo mondo. C’è un’intera wiki dedicata all’argomento, che analizza ciascuna OST e i collegamenti che queste hanno tra di loro.
Un’altra caratteristica fondamentale di Undertale è la sua capacità di non essere mai prevedibile. L’autore, mantenendo sempre una coerenza incredibile con ogni elemento del titolo, riesce talvolta a trasformare i suoi punti deboli in punti di forza, a darci le risposte che cerchiamo al momento giusto e a farci sentire il peso delle nostre scelte, anche quando pensiamo di essere stati furbi. Ogni morte che causiamo ha delle ripercussioni, volte a convincerci a cambiare modus operandi facendoci imboccare un sentiero più tollerante. Potremo uccidere, pentirci, chiudere tutto senza salvare e risparmiare quella che poco prima era stata la nostra vittima. Il gioco si ricorderà comunque di quello che abbiamo fatto, esprimendosi mediante alcuni personaggi ed eventi. Non si scappa. Sapendo ciò, chi si trova davanti allo schermo viene portato a giocare non in un’ottica completista o puramente ludica, ma responsabile. Ad ogni area superata ci viene implicitamente richiesto di fermarci, guardarci dentro e mettere in discussione la nostra morale. Abbiamo fatto la cosa giusta? Avremmo potuto agire diversamente? Che effetto avranno le nostre azioni sul resto del mondo?
Così facendo noi, il giocatore, non ricopriamo più il ruolo di protagonista, non per forza almeno. Saremo solo un ingranaggio aggiunto al grande orologio del Sottosuolo che funzionava benissimo anche prima del nostro arrivo. Possiamo però decidere se essere un individuo qualunque, un eroe o un antagonista. In poche parole, Undertale non ha bisogno di noi per esistere: non è stato pensato per essere giocato, ma vissuto. I rapporti preesistenti tra i mostri sono un esempio lampante della nostra marginalità. Questi ci parlano indistintamente sia di personaggi che abbiamo incontrato all’inizio del gioco, sia di creature in cui non ci siamo ancora imbattuti, perché non sono lì per istruirci sul loro mondo. Siamo noi, piuttosto, che possiamo umilmente starli ad ascoltare per capire meglio, se ne siamo interessati, come funzionano le cose in questo ambiente.
Ma la comprensione dell’universo creato da Toby Fox non passa solo attraverso personaggi chiave e colonne sonore. Ci sono una miriade di dettagli sparsi qua e là per il Sottosuolo, e solo un occhio veramente attento può sperare di scovarli tutti. Ancora, nessuno sarà disposto a farceli notare uno per uno, ma saremo noi che potremo esaminarli e cercare, col nostro senso critico, di dargli una logica. Le frasi di alcuni personaggi, le descrizioni di determinati oggetti, particolari suoni ed espressioni, ogni aspetto di questo titolo è intriso di finezze studiate per trasmettere un senso di completezza e coesione. A volte si parla di semplici “chicche”, volte a strapparci un sorriso o una risata, come quando si scopre che i Caniugi arrivarono secondi al torneo di naso-naso nel 98 perché all’epoca vinsero Toriel e Asgore. Mentre altre volte può trattarsi di piccoli elementi narrativi che esplicano meglio la lore di gioco, come quando si scopre che uno degli amalgamati nel Vero Laboratorio comprende anche la sorella di Shyren, della quale Mettaton aveva parlato in uno dei suoi diari affermando di averla vista “un po’ giù” recentemente.
Ma se anche ci si dovesse imbattere per caso in Undertale e non si avesse voglia di prestare particolarmente attenzione agli intrecci e alla trama, ci si può ugualmente godere l’avventura grazie all’ironia che essa comprende. Esistono situazioni e personaggi memorabili, soprattutto grazie alle risate che provocano. Toby, avendo una grande cultura dell’internet, è riuscito a mescolare in modo magistrale vari tipi di ironia. Freddure, non-sense, rotture della quarta parete e battute ben congegnate permettono al giocatore di non annoiarsi mai. Potremo noi stessi, sempre in riferimento al discorso dell’importanza delle nostre azioni, innescare siparietti comici provocando alcuni personaggi o prendendoli in giro, magari non dando retta alle loro dritte e facendogli credere di essere dei deficienti.
Siete invece in cerca di sfide e di un gameplay diverso dal solito? Il titolo ha qualcosa anche per voi. La struttura GDR a turni-bullet hell di Undertale risulta unica nel suo genere, con un sistema di combattimento che non ha la pretesa di essere una novità assoluta, ma che risplende nella sua semplicità. La nostra anima, che in un combattimento potremo muovere per schivare i colpi nemici, andrà incontro a varie modifiche a seconda del rivale che affronteremo. A volte soggetta alla gravità, altre dotata di uno scudo con cui difendersi, altre ancora capace di sparare proiettili. Il battle system di gioco sa reinventarsi in continuazione, richiedendo sempre al giocatore di studiare nuove strategie per poter proseguire. Se poi volete mettervi alla prova con nemici che vi faranno sentire deboli, incapaci e inesperti… la via del genocidio potrebbe fare al caso vostro.
In conclusione: personaggi iconici, colonne sonore memorabili, colpi di scena, valorizzazione dell’etica, pienezza di dettagli, comicità variegata, gameplay solido e una storia intrigante rendono Undertale un titolo organico e ben costruito, come un cuore che pulsa ininterrottamente e che dà il meglio di sé per far funzionare al massimo delle sue potenzialità ogni parte del corpo. Con questo si conclude la sezione spoiler-free del nostro articolo. Ciò nonostante, non per forza possono continuare la lettura solo coloro che hanno già fatto esperienza del capolavoro tobyfoxiano. L’articolo ha infatti due scopi: sollevare da un lato discussioni con gli addetti ai lavori, che già sanno cosa andremo a trattare, e permettere dall’altro a chi sia ignorante in materia di comprendere la grandezza di questo titolo. Siete genitori curiosi di saperne di più sui videogiochi dato che vostro/a figlio/a ci spende ore sopra? Non preoccupatevi, vogliamo che anche voi possiate rendervi conto di cosa questo medium è capace di fare. Per questo motivo, di seguito andiamo a riassumere in modo lineare la storia di gioco, così da renderla facilmente accessibile a tutti. Successivamente, per un approfondimento ulteriore, tratteremo singolarmente tutti i personaggi più importanti. Ma bando alle ciance, cominciamo.
Trama – una storia di conflitti, anime, morte e rinascita
La storia pregressa del mondo di gioco non è facilmente accessibile. Lastre incise sui muri ci narrano le gesta degli antichi, strani individui ci forniscono informazioni altrimenti inconoscibili e specifici personaggi ci raccontano le loro esperienze di vita, che ci aiutano a ricostruire un quadro più generale di ciò che fu. Vediamo ora di fare un po’ di ordine e ricostruire, cronologicamente, gli eventi che hanno avuto luogo in questa terra alternativa.
Molti anni fa il pianeta era dominato da due razze di natura opposta: Umani e Mostri. Le due specie non differivano solo per aspetto fisico, ma anche per consistenza spirituale. Gli umani, infatti, posseggono nel loro sangue una sostanza chimica particolare, che permette alle loro anime di continuare a vivere anche per secoli dopo la morte del corpo fisico: la determinazione. Questa non solo è assente nei mostri, ma gli sarebbe perfino nociva. Essendo fatti di magia, i loro corpi non riuscirebbero a sopportare l’energia sprigionata dalla determinazione, cosa che invece gli umani, essendo interamente fisici, riescono a fare. Questo comporta che, quando un mostro muore, la sua anima svanisce assieme ad esso mentre il fisico si fa polvere, utilizzata poi per il funerale. È infatti tradizione per i mostri spargere le ceneri dei loro cari su ciò che amavano di più quando erano in vita. La natura stessa di questa specie la rende pertanto estremamente più debole rispetto all’altra. Servirebbero le anime di tutti i mostri messe assieme per eguagliare il potere sprigionato da una singola anima umana. Ironicamente, però, la capacità di queste ultime di persistere dopo la morte rappresenta anche la loro più grande debolezza. Un mostro potrebbe infatti fondere la sua anima con una della specie opposta, diventando così un essere paragonabile a un dio. Non è possibile invece il contrario, dato che le anime dei mostri spariscono assieme agli stessi al momento della morte, e sarebbe necessario un potere sovrannaturale per estrarre l’anima di un mostro ancora in vita. Gli umani, venendo a conoscenza di ciò (anche se non ci è dato sapere come) e temendo che i mostri potessero sfruttare questa loro capacità per imporsi, decisero di dichiarare guerra. Anche se riesce difficile chiamare tale conflitto “guerra”. Si trattò più che altro di un massacro. Come detto prima, i mostri sono per definizione molto più deboli degli esseri dotati di determinazione, tanto che nessuna vita umana andò persa in quel tremendo scontro. Non si può dire altrettanto per l’altra fazione, che si vide vittima di un genocidio. I pochi mostri superstiti implorarono pietà, che riuscirono infine ad ottenere. Gli uomini, riconoscendoli ancora come una minaccia, decisero di esiliarli sottoterra con un incantesimo. Sette tra i più grandi maghi umani eressero una barriera attorno al Sottosuolo. Tutto può entrarvi ma niente può uscirvi, specialmente i mostri. L’unico modo che si ha per spezzare il sortilegio è utilizzare sulla barriera un potere pari a quello che l’ha creata, cioè quello di sette anime umane. Ma i mostri, non avendo accesso a tale potere, si erano rassegnati al loro destino. Ciò nonostante sarebbe comunque possibile, per un essere che possiede anime di ambe le specie, attraversare la barriera. Esiste inoltre una profezia, risalente a prima della storia scritta. Essa narra di un angelo che ha visto la superficie, e che quando si manifesterà, renderà vuoto il Sottosuolo. Passano gli anni, e la nuova casa dei mostri diventa sempre più un posto accogliente. Le creature si erano riorganizzate in centri abitati, ritrovando l’equilibrio perso dopo la “Grande Guerra”. In questo periodo Gaster, scienziato di corte, portava avanti le sue ricerche. Egli è il creatore del Nucleo, un’enorme struttura futuristica che converte il magma dell’entroterra in energia per il Sottosuolo. Durante uno dei suoi esperimenti, uno dei più pericolosi, andò incontro ad un incidente. Il suo corpo si infranse in migliaia di pezzi che cominciarono a vagare tra lo spazio e il tempo, mentre tutti persero il ricordo di lui, come se non fosse mai esistito. Ma a parte questo, tutto procede linearmente finché, in un giorno come tanti, un umano cade dal Monte Ebott, colle leggendario che costituisce uno dei pochi, se non l’unico, accesso al Sottosuolo. L’umano, che per comodità chiameremo Chara (anche se non è propriamente corretto dargli questo nome, ma approfondiremo in seguito questa inesattezza), non si era buttato né per caso, né per sbadataggine: stava cercando di suicidarsi. Non conosciamo i dettagli, ma certo è che Chara odiasse l’umanità intera. Sopravvissuto alla caduta grazie ad un letto di fiori venne soccorso da Asriel, principe del regno e figlio di Asgore, Re, e Toriel, Regina. La famiglia reale, persa ormai l’atavica ira verso la specie della superficie, decise di adottare il giovane umano, trattandolo come un figlio. L’amicizia quasi fraterna che nacque tra questi e Asriel diede speranza all’intero Sottosuolo, che accolse con gioia il nuovo arrivato. Il tempo scorre, e Chara apprende sempre più sulla tragica storia della stirpe dei mostri, costretti nell’entroterra dai suoi simili. Un giorno, con la scusa di voler vedere i fiori del suo villaggio, l’umano convinse Asriel ad aiutarlo a mettere in atto il suo piano per restituire la superficie ai suoi nuovi amici. Dopo aver ingerito un enorme quantitativo di ranuncoli, famosi per la loro tossicità, ed essere quindi morto, la sua anima sarebbe stata assorbita da Asriel, che sarebbe divenuto un essere vicino ad una divinità. E così avvenne. Il piano prevedeva di attraversare la barriera, reclamare sei anime umane, rompere il sigillo e restituire la superficie ai mostri. Ma una volta fuse le anime, il controllo sul corpo del mostro fu spezzato in due: Chara e Asriel si contendevano i poteri che quest’ultimo aveva ricevuto. L’umano nel corpo fraterno, prendendo in braccio il suo stesso cadavere, attraversò la barriera e si diresse verso il villaggio d’origine. Gli abitanti del luogo, credendo che la creatura divina avesse ucciso il cucciolo di uomo, cominciarono ad attaccare Asriel senza pietà. Era questo il vero piano di Chara: mostrare a suo fratello la reale natura umana per convincerlo ad armonizzare la sua volontà con la propria, così da sfruttare i poteri celestiali per spazzare via l’umanità intera. Ma Asriel si oppose, e riprendendo il controllo del proprio corpo, fece dietrofront. Se solo l’avesse voluto, avrebbe potuto uccidere gli aggressori col minimo sforzo. Ma il Principe dei mostri non mosse un dito contro di loro. Recuperato il corpo di Chara, che nel frattempo si era ricoperto di semi di narciso giallo, quelli che l’umano voleva tanto vedere, si diresse verso casa, passando oltre la barriera ancora una volta. Ricoperto di ferite e allo stremo delle forze, Asriel si accasciò nel giardino reale, e perì. Le sue ceneri si sparsero lungo tutto il cortile, ormai ricoperto dai semi che erano rimasti attaccati al cadavere umano. Toriel, Asgore e l’intero popolo caddero in una profonda disperazione. Nella stessa notte, il regno aveva perso entrambi i figli della famiglia reale. Gli umani, ancora una volta, avevano portato via ai mostri tutto ciò che avevano di più caro. Fu allora che il Re prese una decisione, instaurando una nuova politica nel regno: ogni umano che cade nel Sottosuolo deve morire. Così facendo, una volta recuperate sette anime umane, egli avrebbe potuto infrangere la barriera e dichiarare guerra alla stirpe della superficie. Ai sudditi tornò la speranza, sapendo che il loro sovrano avrebbe messo in atto un piano per liberarli tutti. La Regina, tuttavia, non poteva tollerare tale modus operandi. Ripugnata dalla scelta di Asgore, prese il corpo di Chara per dargli una degna sepoltura e si esiliò nelle Rovine, luogo primitivo ai confini del regno. Il Re, oltre alla progenie, aveva perso anche sua moglie in quel tragico giorno. Ma la verità è che egli stesso era l’ultimo a voler mettere in pratica una follia del genere. Asgore sapeva perfettamente che, se avesse voluto liberare al più presto il suo popolo, avrebbe dovuto seguire le orme del figlio. Caduto un umano, gli sarebbe bastato assorbire la sua anima, uscire dalla barriera, impadronirsi di altre sei anime e infine spezzare l’incantesimo. Ma Asgore era un sovrano pacifico, in fuga da ogni conflitto, che non poteva sopportare di convivere con la morte di un individuo sulla coscienza. Il suo vero piano consisteva nello sperare che un umano non cadesse mai nel sottosuolo. Così facendo, da un lato non sarebbe stato costretto ad ucciderlo, mentre dall’altro il suo popolo, che aveva riposto ciecamente tutta la sua fiducia in lui, avrebbe ritrovato la speranza e la forza necessarie a vivere, anche se nate da una menzogna. Una subdola legge della natura, nel frattempo, costringeva Toriel e Asgore a vivere in eterno: i membri della famiglia reale possono avanzare d’età solo se fa altrettanto la propria prole. Ma data la morte del figlio biologico, i due smisero di invecchiare, non potendo quindi avere una morte naturale. Dopo la dipartita di Chara e Asriel, da qualche parte nel Sottosuolo, nacque Undyne, una bimba pesce dal forte spirito combattivo. Ella, fin dalla tenerà età, decise di sfidare Asgore a duello, con esiti ovviamente scarsi dato l’abisso di esperienza e forza fisica. Il sovrano vide tuttavia un potenziale nella giovane, e decise di allenarla alla lotta. Il rapporto che si instaurò tra i due fu quasi paterno, e dopo un durissimo allenamento, Undyne divenne abbastanza forte da sconfiggere il suo maestro. Da quel giorno, la donna è diventata il capo della Guardia Reale e vigila a Cascate, un’area del Sottosuolo, nell’attesa che si palesi un umano. In un momento non ben specificato della storia, inoltre, due scheletri, Sans e Papyrus, compaiono a Nevischio, cittadina nevosa situata tra Rovine e Cascate, e vi si insediano.
Nel frattempo Alphys, una donna lucertola molto timida e insicura ma dalla spiccata intelligenza, decise di aiutare un fantasma di nome Mettaton a realizzare il suo sogno: diventare la stella del Sottosuolo. Costruendogli un corpo robotico da possedere si fece notare da Asgore, che decise di investirla della carica di scienziata reale. Col tempo alcuni umani caddero nel Sottosuolo, e il sovrano incaricò la nuova arrivata a corte di fare ricerche sulla natura delle loro anime. Alphys, dopo svariati studi, riuscì a comprendere che è grazie alla determinazione se le anime umane riescono a sopravvivere anche dopo la morte del corpo materiale. Supponendo che lo stesso principio fosse applicabile ai mostri, si fece portare delle cavie in stato comatoso per fare delle iniezioni e sperimentare. Non essendoci stati particolari sviluppi nell’immediato, la Dottoressa cominciò a cercare un metodo alternativo per studiare la determinazione, finché non le balenò in testa un dubbio: cosa accadrebbe se un essere senza anima ottenesse la volontà di vivere? Questa domanda la portò nel giardino di Asgore, da cui raccolse un narciso fiorito dai semi che Asriel aveva portato assieme a Chara in quella tragica notte. Iniettando la sostanza nel fiore e constatando l’inutilità di tale gesto, decise di riportare la pianta nel suo luogo d’origine. Col passare del tempo le cavie in stato vegetativo, contrariamente a quanto atteso, ripresero vita. L’esperimento, in un primo momento apparentemente riuscito, rivelò ben presto i suoi terribili esiti: le creature cominciarono a sciogliersi e fondersi tra loro, dando vita ad abominevoli esseri chiamati “Amalgamati”. La Dottoressa, conscia di aver commesso qualcosa di riprovevole, divenne più introversa che mai. Decise di rinchiudere i mostri nel suo laboratorio, senza mai far sapere a nessuno tale scandalo. Assillata dalle lettere dei parenti che chiedevano come stessero i loro cari, Alphys finì con l’isolarsi, passando la maggior parte del tempo chiusa nel suo luogo di ricerche e tagliando i contatti con tutti. Le uniche uscite che si permetteva finivano sempre alla discarica di Cascate, luogo in cui confluiscono i rifiuti gettati dagli umani in superficie, ove contemplava spesso l’idea di farla finita. Tutto cambiò quando conobbe Undyne: tra le due nacque una solida amicizia e, chissà, forse anche qualcosa di più. Alphys, ancora insicura e spaventata del giudizio altrui, aveva trovato qualcuno capace di “farla stare a galla”.
Nello stesso tempo, qualcosa di assurdo aveva avuto luogo nel giardino reale: Asriel si era reincarnato nel fiore di narciso, quello stesso fiore in cui Alphys aveva iniettato determinazione, e su cui si erano sparse le ceneri del principe defunto. Egli chiamò subito aiuto, ricevendo risposta da Asgore, scoppiato in lacrime alla vista di suo figlio. I due passarono settimane assieme, durante le quali Asriel si rese conto di una scioccante verità: per quanto affetto il padre potesse dimostrargli, egli non riusciva in alcun modo a ricambiarlo. Non riusciva a provare nessun tipo di compassione, anzi, non riusciva a provare alcun tipo di sentimento in generale, perché non possedeva più un’anima. Rifiutandosi di credere a tale realtà, abbandonò il genitore per raggiungere Rovine. Toriel, pensava, sarebbe riuscita a far scattare una scintilla nella sua mente. Ma anch’essa fallì. Scoraggiato, confuso e in preda alla disperazione più profonda, Asriel decise di seguire le orme di Chara, ponendo fine alla sua esistenza. Ma non appena ebbe abbandonato le sue spoglie mortali, un dubbio lo fece rabbrividire: se un essere senz’anima muore, che cosa gli accade poi? Una grande paura si impossessò di lui, facendogli desiderare di tornare indietro. E così fu. Asriel era tornato al giardino reale, come se tutte le esperienze vissute dal suo risveglio fossero state un semplice sogno. Questo è il potere della determinazione, in Undertale: la facoltà di opporsi alla morte, di riavvolgere il flusso del tempo e tornare indietro al proprio “punto di salvataggio”. Il Principe, incuriosito da tale potere, decise di metterlo alla prova e studiarlo, accettando di aver perso ogni capacità emotiva. Asriel era definitivamente morto, e al suo posto era nato Flowey, “Flowey il fiorellino”. Egli utilizzò inizialmente la sua singolarità a fin di bene, diventando amico di ogni mostro e risolvendo ogni loro problema. Col tempo, però, questi diventavano ripetitivi, come i loro ringraziamenti e compagnia. Decise pertanto, mosso da pura curiosità, di uccidere ogni individuo, per osservare le reazioni dei cari e vedere come queste morti avrebbero influenzato il mondo intorno a lui, salvo poi rimettere tutto a posto con la determinazione. Questo comportamento, unito al ricordo di essere morto per la troppa generosità mostrata verso i suoi aggressori, lo portò ad abbracciare una nuova filosofia di vita: “In questo mondo, o uccidi o sei ucciso”. Nel frattempo, Asgore arriva a collezionare ben sei anime umane.
A seguito di tutto ciò, un ultimo umano chiamato Frisk cade dal monte Ebott, salvandosi grazie a un letto di fiori. Sotto di esso, tuttavia, si presume fosse stato sepolto da Toriel il corpo di Chara, la cui anima si trasferisce, dormiente, nel corpo del giovane umano. È da questo punto che ha inizio la nostra avventura. Controllando Frisk, potremo muoverci in giro per il sottosuolo e fare le nostre scelte, scegliendo quale cammino percorrere: neutrale, pacifico o genocida. Incontreremo Toriel, desiderosa di proteggerci dalle minacce del Sottosuolo; Flowey, che vorrà sfruttare la nostra presenza per aumentare a dismisura il suo potere; Papyrus, che diverrà subito nostro amico; Undyne, che ci darà la caccia lungo tutte le Cascate; Mettaton che, sotto indicazioni di Alphys, metterà in atto un piano per farla sembrare eroica ai nostri occhi; Sans, che ci giudicherà per ogni azione commessa; e infine Asgore, che ci sfiderà ad uno scontro senza pietà. In una partita neutrale, egli verrà ucciso da Flowey, che si impadronirà delle sei anime umane collezionate diventando Omega Flowey, essere spaventoso e dai poteri quasi illimitati. Ma grazie alla nostra determinazione e alla ribellione delle sei anime, riusciremo infine a sconfiggerlo e a toccare la barriera. Cosa accada poi non ci è dato saperlo.
Se però non avremo ammazzato nessuno nel corso della partita e fatto amicizia con tutti i personaggi principali, avremo accesso al laboratorio segreto di Alphys, scoprendo la verità su di lei, sui suoi esperimenti e sulla natura della determinazione. Giunti da Asgore, tutti i nuovi amici che ci saremo fatti giungeranno in nostro soccorso, interrompendo lo scontro e promettendoci un’ottima vita nel Sottosuolo. Flowey però, impadronendosi stavolta non solo delle anime umane ma anche di quelle di tutti i mostri, riuscirà a recuperare la sua forma originale, tornando ad essere Asriel. Dopo uno scontro lungo ed estenuante, riusciremo a salvare le anime dei nostri amici e far ricordare al Principe chi egli è davvero, convincendolo ad aggiustare tutto. Non prima però che questi utilizzi i suoi poteri divini per infrangere la barriera, rendendo così liberi i mostri. Con questo finale, la volontà di Chara di dissiperà, poiché avremo mostrato al primo umano caduto che è possibile uscire vittoriosi dai conflitti anche senza usare la violenza.
Nel cammino genocida, invece, riceveremo un trattamento più freddo e tutti saranno spaventati da noi. Toriel comprenderà quanto sia stata sciocca nel cercare di proteggerci, ammettendo che avrebbe dovuto salvaguardare i mostri da noi, e non il contrario; Papyrus tenterà fino all’ultimo, con l’ottimismo che lo contraddistingue, di farci cambiare idea e tornare sulla retta via; Undyne, invece, sacrificandosi per salvare Monster Kid, un giovane mostro, tornerà in vita grazie a della determinazione sviluppata in modo autonomo, contro le leggi della natura. Ci combatterà fino al suo ultimo respiro, avendo compreso che la nostra sete di morte non si fermerà solo ai mostri, ma investirà anche gli umani; Mettaton, in un disperato tentativo di fermarci, si lascerà saltare in aria davanti a noi; Alphys, a seguito della morte della sua amata, farà evacuare in un luogo sicuro la maggior parte dei mostri rimasti in vita; Flowey, che in un primo momento approverà il nostro modus operandi, in linea col suo modo di pensare, successivamente resterà spaventato da noi, chiedendoci pietà; Sans, che ci rivelerà avere delle conoscenze che vanno oltre lo spazio e il tempo, tenterà con la sua astuzia e intelligenza di fermarci, in un lungo e tedioso scontro davanti alla sala del trono; Asgore, invece, non avrà modo di alzare un dito contro di noi, in quanto il nostro personaggio lo ucciderà prima. Infine, dato il nostro comportamento, l’essenza di Frisk verrà completamente sostituita da quella di Chara, che alla fine cancellerà completamente questo mondo, ribellandosi perfino a noi, il giocatore.
Vediamo ora di approfondire i personaggi più importanti, in quanto costituiscono una parte fondamentale del gioco e ci aiutano a comprendere perché lo stesso è tanto sorprendente.
“Dimostra a te stesso… dimostrami che sei forte abbastanza da sopravvivere”
–Toriel
Sebbene sia formalmente Flowey il primo mostro con cui entriamo in contatto all’inizio di una partita, riteniamo sia più corretto parlare innanzitutto della famosa goatmama (mamma capra), dato che riveste il ruolo di tutorial. Il suo stesso nome, Toriel, nasce da una storpiatura di questo termine, perché ella esiste proprio per aiutarci a comprendere le regole di gioco. Il suo ruolo di guida si sposa perfettamente con l’attitudine materna, e le due cose sono indissolubili. Toriel, all’inizio di Rovine, ci guida attraverso gli enigmi, anche quelli più facili, ci tiene per mano, risolve i conflitti al posto nostro, ci assilla praticamente. Ma in realtà si preoccupa per noi, e lo vediamo anche nei dettagli, come quando ci chiama per chiederci se siamo allergici a qualcosa. Una delle allergie più diffuse è infatti quella alla polvere, e sappiamo tutti in cosa si tramutano i mostri alla loro morte. Sembra quasi un’assurdità. Se Toriel ha fatto un ragionamento del genere vuol dire che è conscia che l’umano potrebbe aver ammazzato qualche suo simile, e che quindi potrebbe fare altrettanto con lei. Ma ciò non le importa. Tutte le sue attenzioni vanno verso di noi e la nostra incolumità. Diciamo che ci sono due strade percorribili per confrontarsi con questo personaggio, quando lo si affronta senza conoscerlo: quella del matricidio e quella della pazienza. Non è raro che un giocatore opti per la scelta violenta, alla sua prima partita. Toriel infatti, col suo comportamento, può suscitare paura e sfiducia. Il fatto che si preoccupi così tanto per noi, le scarpe per bambini di misure diverse trovate in camera nostra e il suo fare enigmatico quando le chiediamo di uscire da Rovine non ci fanno sentire a nostro agio. E inoltre, il fatto che ci chieda di dimostrarle la nostra forza quando ci troviamo davanti all’uscita ci convince a lottare, anche se è stata lei stessa ad insegnarci che i conflitti possono essere risolti in altro modo. E come ciliegina sulla torta, le sue statistiche sono venti volte tanto quelle dei mostri base incontrati finora. Se non la eliminiamo subito verremo uccisi, anche perché i suoi attacchi, detto terra terra, fanno male. Ma quando il nostro ultimo colpo le infliggerà un danno di trecento punti, provocandole uno squarcio nel fianco sinistro, la nostra risolutezza comincerà a vacillare. Anche in punto di morte la donna ci darà indicazioni su come proseguire, mettendoci ancora una volta in guardia dai pericoli del Sottosuolo e augurandoci il meglio. È qui che si comprende che la gentilezza di Toriel era spontanea, non nata da chissà quale malattia o perversità, ma semplicemente da affetto. E noi l’abbiamo calpestata. Che si scelga di ricaricare o meno la partita, vedere il suo corpo farsi polvere e la sua anima andare in frantumi lascia un segno nel giocatore. Qui ci si rende conto del nostro potere e della responsabilità che abbiamo verso questi mostri. Noi potevamo scegliere di risparmiarla, ma non lo abbiamo fatto.
Percorrendo invece la via pacifica ci si palesa quanto l’altra fosse sbagliata, specialmente se l’abbiamo già vissuta in precedenza. Sì perché, con un momento di riflessione, si comprende come tutto ciò che abbiamo visto avesse perfettamente senso: la volontà di Toriel di cambiare argomento quando le chiedevamo come uscire dalle Rovine; il perché di tutte quelle scarpe per bambini di taglie diverse, appartenenti ai sei umani caduti prima di noi; il suo modo di coccolarci come se fossimo suoi figli, donandoci una cameretta e portandoci una fetta di torta. Stava cercando di convincerci a restare, perché aveva già visto altri umani come noi partire e non fare mai più ritorno. Quei comportamenti, che tanto ci sembravano sospetti, diventano ora simbolo della sua preoccupazione nei nostri confronti. Il suo dolore viene inoltre rispecchiato dalla colonna sonora del suo combattimento: Heartache, Angoscia. Anche il fatto che i suoi attacchi comincino a schivarci di proposito quando abbiamo poca vita dimostra come ella non avesse mai avuto intenzione di farci del male. Stava solo cercando di intimidirci per farci restare.
Con ciò, Toriel arriva ad essere, come è stato reso abbastanza evidente da tutti i suoi comportamenti, figura della maternità. Ma non finisce qui. L’intero inizio di gioco non solo è stato un processo di crescita per noi, che abbiamo imparato le basi della lotta e l’importanza di avere pietà anziché combattere. È stato soprattutto un processo di crescita per lei, per Toriel, che si è convinta ad andare contro i suoi piani e a rifiutare i suoi desideri in nostro favore. In questo senso, Toriel diviene figura di quel percorso a cui vanno incontro le madri man mano che tirano su i propri pargoli. Quando questi sono ancora in età infantile hanno bisogno di essere coccolati e fatti sentire protetti, facilitando loro anche i compiti più banali. Toriel ci ha infatti aiutato a risolvere i primi enigmi, anzi, li ha fatti lei per noi, reputandoli troppo pericolosi. Poi però bisogna cominciare a dar loro una spinta di indipendenza, facendoli camminare con le loro gambe. Come quando mamma capra ci ha chiesto di attraversare il corridoio da soli. Superata questa fase arriva l’età della ribellione, dove ci si sente in grado di badare a noi stessi e dove si ha il desiderio di espandere i propri orizzonti, di esplorare il mondo insomma. Ma nostra madre, amandoci più di quanto ami se stessa, ha uno scontro interiore in questo momento della nostra crescita, poiché non riesce fin da subito ad accettare un cambiamento simile. Lei conosce i pericoli del mondo esterno, e non vuole che ci imbattiamo in essi, ignorando che è proprio così che potremo diventare indipendenti, perché solamente sbagliando si impara. Allo stesso modo, Toriel sa cosa si cela oltre quella porta, sa bene che Asgore ci darà la caccia per impossessarsi della nostra anima, e non può permettersi di lasciarci proseguire. Ma poi, inevitabilmente, arriva l’accettazione. Quel momento in cui la madre comprende le ragioni del figlio, e decide di lasciarlo andare da solo in quel mondo tanto pericoloso, donandogli la sua approvazione. Questa separazione però può avvenire in modo traumatico e doloroso o in modo pacifico. Da una parte infatti potremo uccidere Toriel che, addolorata, ci darà comunque la sua benedizione, perché una madre degna di tale nome amerà comunque la sua prole, tanto nel bene quanto nel male. Dall’altra, invece, avremo modo di dimostrarle che abbiamo appreso e fatti nostri i suoi insegnamenti mettendoli in pratica proprio su di lei e riuscendo, infine, a risparmiarla.
Così facendo, Toriel soddisfa a pieno il suo scopo, quello di introdurci in un mondo con delle regole ben diverse da quelle a cui siamo abituati in giochi di questo tipo. Molti giocatori sono portati ad ucciderla proprio perché è ciò che sarebbe naturale fare nei GDR, e la sua morte, così scioccante e triste, serve a mandare forte e chiaro un messaggio alla persona davanti allo schermo, ovvero che si può avere pietà. In Undertale non si sconfigge semplicemente un nemico combattendolo, lo si priva della sua vita, e Toriel è l’esempio chiave di questa verità.
E in una partita genocida? Niente di tutto questo avviene. Dopo aver ucciso tutti i mostri di Rovine, al momento dello scontro con la custode di questo luogo antico, il nostro primo e unico colpo le infliggerà un danno inimmaginabile, che la scuoterà tanto fisicamente quanto mentalmente. E le sue fredde e dure parole a commento del nostro gesto cozzano enormemente con quanto ci avrebbe detto invece in ogni altro caso. Nessun aspetto istruttivo, solo paura.
“Ora comprendo chi stavo proteggendo, tendendoti chiuso qui… non tu… ma loro!”
La sua espressione, delusa e spaventata, testimonia una madre che credeva di poter fare la cosa giusta, di poter aiutare un pargolo in difficoltà. Ma i suoi occhi non mentono. Ha capito che il suo era uno scopo folle, e che avrebbe dovuto proteggere i suoi simili da una bestia come noi, non il contrario. In un certo senso, anche in questo caso Toriel trasmette un messaggio al giocatore: quello di cambiare subito modo di agire, perché continuando così otterremo solo disprezzo. Ma diciamoci la verità, chi inizia una genocide lo fa perché vuole andare fino in fondo.
“Sei blu adesso. Questo è il mio attacco! Nyeh heh heh!!!”
-Papyrus
Se con Toriel potevamo essere riluttanti al non-uso della violenza, con Papyrus la musica è ben diversa. Ogni aspetto di questo personaggio ci porta a provare affetto nei suoi confronti: i suoi puzzle scadenti, il suo atteggiamento ingenuo e infantile, i modi esilaranti con cui finisce col risolvere i suoi enigmi per noi da solo, il suo modo di vedere sempre le cose da una prospettiva positiva senza mai deprimersi, la sua passione per gli spaghetti, la sua risata, quelle che strappa a noi, insomma, tutto. Anche il nome stesso, che fa riferimento al font Papyrus con cui ci parlerà in continuazione, è una chicca aggiunta per chi ha occhio. L’intero personaggio è stato studiato per far capire, nel modo più chiaro ed esplicito possibile, che si può (e forse anche si deve) avere pietà per i mostri. Non c’è veramente motivo per cui qualcuno dovrebbe ammazzarlo ad una prima partita, salvo avere l’angolo in basso a destra dello schermo molto sporco. Ma Papyrus è importante per almeno altri due motivi. Il primo è che il suo combattimento ci introduce al mondo dei Leitmotiv di Undertale. Sentire infatti dapprima Nyeh heh heh! e subito dopo il suo attacco blu l’iconica Bonetrousle fa capire quanto queste colonne sonore siano state studiate con il cuore. Non come riempitivo per una battaglia o un’ambientazione, ma come parte integrante di esse, volte a trasmetterci sensazioni ed emozioni ben precise. Nel caso di Bonetrouse che lo scontro non sarà semplice come previsto, ma comunque divertente. Si arriva così al secondo motivo per cui l’aspirante guardia reale risulta importante: il suo attacco blu. Fino a tale attacco infatti la battaglia procede come immaginato, ovvero in modo stupidamente semplice. Non c’è nemmeno bisogno di muoversi per schivare le sue offensive, e il tanto famigerato “attacco blu” da cui Sans ci aveva messo in guardia non è altro che una carrellata di ossa blu che scorrono a velocità diverse. Pericolosissime, se non fosse che basta restare fermi per schivarle tutte. Ma poi, il colore della nostra anima cambia, e la forza di gravità ci costringe a terra, alzando l’asticella della difficoltà in modo inaspettato. Così Undertale ci fa capire che sì, è possibile risparmiare ogni mostro, ma non sarà così semplice. Bisogna sforzarsi per fare la cosa giusta, e non sempre la soluzione pacifica sarà a portata di mano.
In una genocide, invece, ci si rende conto che Papyrus sì è ingenuo, ma non stupido. In realtà ciò è già evidente durante l’appuntamento con Undyne, dove si lancia dalla finestra per lasciarci soli con la donna e utilizza la psicologia inversa per convincerla ad essere nostra amica. Ma durante una partita composta di sola violenza si manifesta il suo senso critico. Papyrus viene dapprima deluso dai nostri comportamenti, dal modo in cui calpestiamo i suoi puzzle e dall’espressione che abbiamo sempre in volto. Perfino per il giocatore alcune azioni indipendenti dell’avatar sono una novità. Ad esempio, il nostro personaggio, quando cammina autonomamente sopra al “labirinto invisibile”, ci fa capire che questi nelle altre partite era “stato al gioco” senza che noi lo sapessimo. Tutta la magia, insomma, svanisce, e ciò che rimane è un atteggiamento cinico per noi e l’obbligo per lo scheletro di confrontarsi con la fredda realtà. Cosa che fa, mostrando coraggio e coscienza del mondo attorno a sé, quando stiamo per affrontarlo:
“Il modo in cui cammini da posto a posto… Il modo in cui le tue mani sono sempre ricoperte di polvere… Sembra che tu stia imboccando una strada pericolosa”.
Non tenterà nemmeno di attaccarci. Ci offrirà fin da subito la sua pietà. Se la rifiuteremo con conseguente decapitazione del fu amico di Nevischio, però, Papyrus non si abbatterà, rivelando in modo ancora più evidente il suo sempiterno ottimismo e fiducia verso gli altri.
“Io credo in te! Puoi fare un po’ meglio! Anche se non ne sei convinto! Te… te lo assicuro…”
Tuttavia ciò che segue la sua morte ci farà capire che spargere violenza non è qualcosa di così semplice. Fino a Papyrus, infatti, non c’è una reale sfida. Ogni mostro muore con pochi attacchi, e i personaggi principali, ovverosia la guardiana delle Rovine e lo scheletro sorridente, vengono annientati con un singolo colpo, che provoca un danno ben più alto e spaventoso di quello inferto a ogni altro mostro. Passiamo ora al prossimo personaggio per capire meglio di cosa stiamo parlando.
“Dovrai fare un po’ meglio di COSÌ”
-Undyne
Personalmente uno dei personaggi più difficili da trattare, assieme ad Asgore. Ci sono talmente tante cose importanti da dire che temiamo di poterne tralasciare qualcuna, o di non riuscire a esprimere come vorremmo alcuni concetti chiave che mostrano davvero la grandezza di questo videogioco. Ma basta indugiare: analizziamo la donna-pesce che vigila Cascate.
Il suo nome, innanzitutto, prende chiaramente spunto dalle Ondine (O “Undine”), che nel folklore europeo sono creature acquatiche leggendarie affini alle fate, mentre in quello germanico vengono descritte come esseri simili alle sirene greche. Il suo ruolo combattivo viene testimoniato, oltre che dalla sua armatura, anche dalla benda che porta sull’occhio sinistro. Non ci è dato sapere come se l’è procurata, ma plausibilmente durante un allenamento o in uno scontro con un umano precedente a noi. Mentre è grazie alle sue parole che comprendiamo come ella sia conosciuta più come un’eroina che come una semplice guerriera dai mostri del posto. Lottando per difendere i sogni e le speranze di tutti (tema ricorrente di Undertale), afferma che non si farà scrupoli a strapparci di petto la nostra settima e ultima anima necessaria alla rottura della barriera. Sarà infatti un mostro particolarmente caparbio e difficile da sconfiggere, sia che lo si voglia fare con veemenza o con indulgenza. La sua peculiarità, ovvero quella di rendere verde la nostra anima, complica in modo non indifferente lo scontro. Dovremo infatti muovere con precisione il nostro scudo nelle direzioni cardinali per parare le lance che ci scaglierà addosso con prepotenza. Ma oltre a ciò, Undyne è il primo personaggio principale a mostrarci come le nostre azioni abbiano delle conseguenze per nulla banali sullo svolgimento della storia. A seconda di quali mostri avremo ucciso, infatti, ella ci rinfaccerà le morti che avremo provocato. Parliamo in particolare di Draghiaccio e dei cani della guardia reale, che contemporaneamente a Papyrus cercavano di ostacolarci il cammino a Nevischio. Se poi avremo ucciso proprio quest’ultimo, non parliamone. Non farà nemmeno il suo “siparietto”, andando dritta al dunque e sentenziandoci: “Prosegui pure. Preparati come meglio credi. Ma quando farai un passo avanti… io ti UCCIDERÒ”.
Il fatto che commemori i caduti e che voglia mettere mano sulla nostra anima non per uno scopo egoistico, ma per servire il proprio Re, lascia intendere che Undyne non vuole semplicemente e banalmente ucciderci, ma desidera piuttosto portare a termine un compito assegnatole e liberare la sua gente. Un scopo nobile, che cozza tuttavia con il nostro, ovvero tornare a casa. Undertale ci mette quindi davanti al primo mostro Boss che attenta seriamente alla nostra vita. Toriel, dopo averci indeboliti, ci schivava di proposito, e Papyrus, portando a vita bassa il giocatore, lo rinchiude nel suo garage di facile evasione. Qui, invece, Undyne è chiara fin da subito nelle sue intenzioni, e la domanda da porsi è: possiamo noi, con la nostra diplomazia e pazienza, riuscire a “portare dalla nostra parte” chi dichiaratamente non vuole sentire ragioni? O lasceremo che la via della violenza ci tenti con la sua apparente semplicità di messa in atto? Ci viene chiesto, in poche parole, di non agire seguendo le emozioni ma a mente lucida, per vedere se siamo DAVVERO determinati a non uccidere neppure… chi ci vuole uccidere. Non solo dal punto di vista morale, ma anche da quello di gameplay. Buone a nulla saranno infatti le nostre parole e i nostri tentativi di mostrarle pietà, poiché lei ci ignorerà completamente, continuando ad attaccarci senza ritegno. E qui si impara un’altra lezione importante: fuggire non è per forza un atto da codardi, dato che in questo caso ci permette di non spargere sangue (o meglio, polvere). Concluso quindi lo scontro e giunti a casa sua per l’appuntamento, avremo modo di renderci conto che Undyne non è semplicemente una cacciatrice di anime umane senza scrupoli, ma una donna con delle aspettative da soddisfare e responsabilità. Tutti gli abitanti di Cascate, ma in realtà anche quelli dell’intero Sottosuolo, la considerano un punto di riferimento simile ad Asgore, e sanno che lei li proteggerà. Tuttavia, ciò che può non apparire subito evidente, è che la sua protezione non è strettamente fisica, ma si estende a varie tipologie: il fatto che abbia convinto Papyrus che le loro lezioni di cucina fanno parte dell’allenamento per entrare nell’esercito reale, quando in realtà servono a tenerlo lontano dal campo di battaglia che gli sarebbe letale, dato il suo animo troppo innocente e gentile; il supporto morale che fornisce ad Alphys sentendosi con lei tutti i giorni, dandole forza e speranza per contrastare la sua depressione e fragilità che la contraddistinguono; la sua imperitura fermezza sviluppata in anni di allenamento nel servire la corona e salvare Asgore dalla lotta, cosa che egli odia, come Undyne sa perfettamente. Il capo della Guardia reale, insomma, non si limita semplicemente a vigilare sulla sicurezza dei cittadini vagando in giro armata di lancia, ma si sforza e si impegna ogni giorno, sempre con un grande sorriso stampato in faccia, per proteggere coloro che ama. Questo immenso affetto e senso di responsabilità verso gli altri sono resi in modo evidente dal dialogo seguente alla morte di Papyrus citato prima ma anche da molti finali, in particolare il “Betrayed Undyne Ending”, dove si sono uccisi meno di dieci mostri compreso Mettaton. Nel suddetto finale, come in tutti quelli neutrali, Asgore muore, ma in questo caso (come anche in molti altri) si lascia a intendere che Alphys si sia suicidata, non potendo sopportare la perdita di un amico. Le parole di Undyne, “Non sono riuscita a proteggerla” e “La vendetta non riporterà indietro nessuno” provano il suo dolore, frustrazione e rimpianto per non aver agito quando ne aveva avuto l’opportunità. Restiamo sui binari della pacifist però. Con il nostro atteggiamento gentile e altruista, riusciremo a convincerla che non tutti gli umani sono malvagi, diventando infine amici e ricevendo il suo supporto. Questo mostra, come spesso accade nel gioco, quanto le nostre azioni influenzino i pensieri e le convinzioni altrui.
Per quanto possano essere interessanti i lati analizzati finora, tuttavia, questo particolare nonché unico personaggio risplende a pieno solo durante una genocide. Quando decidiamo di percorrere la via della violenza più sfrenata, assurda e irragionevole, ecco, lì sì che si comprende a pieno il ruolo della guardiana di Cascate, della Lancia della Giustizia. Ripercorriamo un attimo la sequenza di gioco di questa partita che mostra l’importanza di Undyne.
La fine di Cascate è ormai prossima. Un semplice ponte in legno ci separa dalla conclusione di questa zona. Posto il piede sull’ultimo rinfianco, distante pochi metri dalla fine del viadotto, una voce familiare ci chiede di fermarci. È Monster Kid, il mostro infante che fino ad ora ci ha accompagnato lungo quest’area, la cui ingenuità gli ha permesso di credere che fossimo una brava persona e che l’Eroina, da lui tanto ammirata, non stesse dando la caccia a noi, ma a qualcun altro. Gli era stato intimato da Undyne stessa di andarsene, eppure eccolo qui, su questo pericolante ponte, di fronte a noi e alle nostre polverose mani.
“Yo”, comincia a parlare, “Undyne mi ha detto di starti lontano. Lei ha detto… che tu fai male a molte persone. Ma, yo, questo non è vero, giusto!? …yo, perché non mi rispondi? E… e… che cosa significa quell’espressione strana..?”
Senza ricevere da noi alcun input, il nostro avatar gli si avvicina, costringendolo ad indietreggiare.
“Oh… oh cielo… (Cielo, il c-cuore mi batte all’impazzata… che cosa farebbe Undyne?)
Yo… s-sarà m-meglio che t-tu ti f-fermi lì dove sei, perché se v-vuoi fare ancora del male a qualcuno, tu… tu dovrai prima passare sopra di me. E… e… e…”
Ha inizio il combattimento, che sarebbe più corretto chiamare esecuzione, data la completa mancanza di difese del bambino. Basta vedere le sue statistiche per rendersi conto che non avrebbe scampo dovendo fronteggiare un nostro attacco. Ma un giocatore giunto fino a questo punto non si lascia certo scoraggiare per così poco. A modo suo, aver ucciso Papyrus è come aver ucciso un bambino, perciò vedere Monster Kid tremante di fronte a sé non provoca chissà quanta irrequietezza. Come la più naturale delle azioni, quindi, l’attacco va a segno, e il volto del giovane, che prima mascherava la sua paura con uno sguardo confidente, mostra ora tutto il suo terrore, sbigottimento e angoscia, mentre la sua breve vita gli scorre di fronte agli occhi. Lo schermo si fa bianco per un istante, ma subito assistiamo al risultato del nostro ingiustificabile gesto: ad aver incassato il colpo è Undyne, che per il rotto della cuffia è riuscita a spostare Monster Kid fuori dalla nostra traiettoria. Sul suo torso, un profondo taglio testimonia il danno a cinque cifre incassato.
“Undyne… sei… sei ferita…”
“Ferita? Non è niente.”, risponde prontamente la servitrice dello stato alla preoccupazione dell’incauto cittadino, “La prossima volta, ascoltami quando ti dico di andartene, okay?”
“Undyne… io…”
“Ora me ne occupo io. Vattene da qui!”
Ma come il piccolo ammiratore leva i passi verso un luogo più sicuro, le parole della donna rivelano la loro intrinseca falsità. I suoi piedi cominciano a dissolversi, mentre la parte del corpo superiore alla ferita scivola lentamente sul resto del tronco.
“…heh… ‘non è niente’”, ammette il capo della Guardia reale, “no… i-in qualche modo… con un solo colpo… sono già… già… d… dannazione…
Papyrus… Alphys… Asgore… in questo modo, io…
vi ho delusi.”
E l’intero suo corpo, che aveva resistito anche troppo, si fa polvere. Undyne, colei che avrebbe dovuto e voluto proteggere il regno, procurare la settima anima per rompere la barriera e difendere i suoi amici, la sua amata e quello che non è sbagliato definire come suo padre, è morta con un singolo colpo, venendo quindi anche umiliata. Parrebbe così finire la storia della Lancia della Giustizia.
Però qualcosa accade. Qualcosa di apparentemente inspiegabile, di inaspettato, di assurdo, che mai si era verificato fino a quel momento. Le ceneri di Undyne, sparse per l’aria circostante, si compattano e danno nuovamente forma al suo corpo, ancora provato dalla ferita mortale. I suoi piedi, ancora instabili, denotano il suo sforzo nel cercare di non morire. E un coro, uno come mai si era udito fino allora, riempie il silenzio tombale tipico di quando si uccide uno dei mostri principali. Un coro di forza, di speranza, di rivalsa, di preghiere, che si sta chiaramente rivolgendo a lei, e nel cui sottofondo si può udire, fioco ma distinto, un battito di cuore.
“No…”, pronuncia lei, “Il mio corpo… è come se si stesse spezzando. Come se, da un momento all’altro, potessi frantumarmi in un milione di pezzi. Però…
Nel profondo, nel profondo della mia anima. C’è un sentimento bruciante che non riesco a descrivere. Un sentimento bruciante che NON mi lascerà morire. Tutto ciò non riguarda più semplicemente i mostri, non è così? Se tu riuscirai ad oltrepassarmi, tu… li distruggerai tutti, non è vero? Mostri… Umani… tutti quanti. Le speranze di tutti. I sogni di tutti. Annientati in un istante. Ma io NON ti permetterò di farlo. Proprio ora, chiunque nel mondo…”
Il suo occhio destro, l’unico rimastole, si apre ora, risplendendo di una luce unica, con cui ci scruta nel profondo dell’anima.
“Posso sentire i loro cuori battere all’unisono. E abbiamo tutti un solo scopo. Sconfiggere TE. Umano… no, qualunque cosa tu sia. Per il bene dell’intero mondo…
Io, UNDYNE, ti fermerò!”
Di nuovo, il suo intero corpo si tramuta in polvere, mentre lo schermo si sbianca. Ma qualche istante dopo, siamo capaci di distinguere cosa sta succedendo di fronte a noi. Le ceneri di Undyne si stanno compattando ancora una volta, ma la forma originata non è più quella a cui eravamo abituati. Una nuova armatura nera riveste il suo corpo, la cui corazza è adornata dal disegno di un cuore. I suoi guanti d’arme bianchi, allo stesso modo, riportano all’altezza dei polsi due cuori neri. Gli spallacci, i cosciali e gli stivali sono ora resi più pericolosi da acuminati spuntoni. Ma ciò che più lascia senza fiato è il suo occhio sinistro: la benda che prima lo copriva è ora caduta, e dall’orbita fuoriesce un raggio luminoso avente la forma di una lancia, che si estende ben oltre lo schermo a noi visibile.
“Dovrai fare un po’ meglio di COSÌ”, afferma.
L’eroina appare.
Ha qui inizio uno degli scontri più belli dell’intero gioco, quello contro Undyne the Undying, o Undyne l’immortale. In realtà, la traduzione italiana non rende giustizia al senso originale del nome, che non vuole semplicemente essere un gioco di parole, ma un modo per sottolineare come Undyne si sia opposta alla sua stessa morte, tornando in vita grazie a “Un sentimento bruciante che non riesco a descrivere”. Tale sentimento non può essere che uno: la determinazione. Esatto, proprio quello che teoricamente dovrebbe essere un’esclusiva umana. Ma per capire che ruolo ha la determinazione nella personalità di Undyne, dobbiamo prima fare un paragone tra ciò che accade quando uccidiamo l’Eroina in una partita genocida e quando lo facciamo in una neutrale. In quest’ultima, se daremo il colpo di grazia alla guerriera, essa non morirà subito. Il suo corpo inizierà a frantumarsi partendo dai piedi fino ad arrivare alla testa, mentre lei, in un disperato tentativo di negare la realtà dei fatti, continuerà ad attaccarci con potenza decrescente, e cercando di spaventarci con frasi del tipo “Umano! Nel nome delle speranze e dei sogni di tutti… IO TI SCONFIGGERÒ!” e “Dovrai fare meglio di così!”. Nonostante i colpi incassati, una volta tramutatasi completamente in polvere, tornerà in vita, gridando ripetutamente “Io non morirò!”, per poi sciogliersi in pochi secondi e morire definitivamente, consumata dalla determinazione. Ma nella genocide, come abbiamo visto, accade tutt’altro.
Innanzitutto, chiediamoci: come ha avuto Undyne accesso alla determinazione? In un primo momento si potrebbe pensare che in una partita genocida, data la paura che i mostri stavano provando nei nostri confronti, Alphys e Undyne si fossero accordate affinché la prima iniettasse questa particolare sostanza nella seconda, permettendole così di sopravvivere a un nostro attacco letale, del quale avevano già avuto esperienza osservando il nostro “combattimento” contro Papyrus. Ma questa teoria è palesemente sbagliata: anche in una partita neutrale Undyne mostra di avere determinazione (prova il fatto che si sciolga prima di morire), e in questo caso Alphys non avrebbe avuto motivo di procurargliela, dato che la guerriera sarebbe anche potuta essere la nostra prima vittima in assoluto.
C’è solo una spiegazione razionale, pertanto: Undyne ha sviluppato dentro di sé, in modo del tutto indipendente e naturale, della pura determinazione. Ciò sarebbe in casi normali impossibile per i mostri dato che questi, prevalentemente fatti di magia, non possono sopportare a lungo tale composto. Ma l’Eroina, che si è sottoposta a un duro allenamento da una vita, temprando e fortificando il suo intero corpo, è riuscita a raggiungere un grado di resistenza simile a quello umano, tale da permetterle di reggere anche questo apparente veleno. Ma non è solo la resistenza fisica a garantirle il controllo della determinazione. Ci vuole anche un obiettivo, un fine, un motivo per cui voler restare in vita. Noi, ad esempio, continuiamo a giocare, a tornare dalla morte perché vogliamo andare avanti nel gioco, e ci risulta semplice perché siamo nati con questa sostanza. Ma per un mostro non è così semplice. Il fatto che Undyne si sciolga quasi subito in una neutral denota come sia capace sì di sopportare fisicamente tale composto, ma anche come non abbia motivo per farlo. In una genocide, invece, ha ben chiaro a cosa le serve la determinazione: a salvare il mondo intero dalla nostra malvagità. In poche parole, nel primo caso Undyne combatte per uccidere, mentre nel secondo per proteggere. La differenza sta tutta qui. Certo, anche in una partita neutrale le sue motivazioni possono apparire meritevoli, poiché vuole prenderci l’anima per rompere la barriera. Ma in realtà, come lascia intendere lei stessa nel combattimento, sa bene che, se anche dovesse fallire, sarà Asgore a portare a compimento il piano. E questo freno è tale da non permetterle di raggiungere il suo pieno potenziale. Ma quando il sottosuolo si riempie di polvere e i suoi amici e cittadini cominciano a scomparire uno dopo l’altro, Undyne capisce che la situazione è molto, molto grave, e che lei è l’unica che ha la forza e la volontà, anzi, la determinazione di fronteggiarci per impedirci di proseguire. È qui che si rende conto che perfino Asgore non avrà possibilità contro di noi. Lei sa che egli ha un animo troppo bonario e mite per poterci affrontare a dovere. O anche, più banalmente, lei sa che, se non ci fermerà ora, tutto ciò che rimane del suo mondo, anzi, dell’intero Sottosuolo e non solo, svanirà nel nulla. Per questo Undyne si fa umana sia nel corpo che nella mente quando diventa Undyne the Undying, perché ha vera e propria determinazione, intesa sia come composto che consente di cambiare il proprio destino, sia come sentimento che non permette la resa finché il proprio scopo non è stato portato a termine. È qui che il confine tra mostri e umani si fa molto labile, ma non solo per questo motivo. L’Eroina lo ha detto chiaro e tondo: “Tutto ciò non riguarda più semplicemente i mostri”. Quando sta ancora cercando di opporsi alla morte, ella capisce che tanti anni di guerra e di covato risentimento verso la razza umana sono nulla di fronte a noi, che qui e ora minacciamo ogni forma di vita esistente. La responsabilità che comprende di avere, ovvero di portare sulle proprie spalle le vite di tutti gli esseri dotati di ragione, è ciò che le garantisce il perfetto controllo della determinazione. Una responsabilità che va oltre il proprio stato, la propria cultura e la propria terra, e che investe il mondo intero, che in questo istante si sta affidando a lei. “Posso sentire i cuori di tutti battere all’unisono” significa proprio questo, perché tutti, inconsciamente o meno, la stanno pregando. E Undyne lo sa. Sa che il futuro di questa terra è nelle sue mani, come possiamo noi stessi constatare osservandola in battaglia:
UNDYNE THE UNDYING – 99 ATK 99 DEF
Eroina rinata grazie alla sua DETERMINAZIONE di salvare la Terra.
Anche i cuori sulla sua armatura rappresentano il fatto che ciò che sta difendendo adesso è la vita stessa. Non mostri, non umani, ma tutti, indistintamente. E la forza scaturita da questo suo sentimento si mostra in varie forme: le sue statistiche, le più alte del gioco, superiori perfino a quelle di Asgore; i suoi attacchi, stavolta più veloci e imprevedibili, che spesso ci circonderanno lasciandoci frazioni di secondo per parare e schivare le lance; ma soprattutto, la sua resistenza. Undyne è infatti l’unico mostro boss a non morire in un colpo solo una volta trasformatosi nella forma the Undying, ed è il mostro che dovrà essere attaccato più volte in assoluto per poter essere sconfitto, dato che i danni che le infliggeremo ogni turno avranno molta meno efficacia rispetto a quelli a cinque cifre a cui eravamo abituati.
Anche le musiche riprodotte in questi concitati momenti enfatizzano i concetti espressi. Il coro che si sente quando Undyne sta per trasformarsi è una colonna sonora, chiamata But the Earth Refused to Die, ovvero Ma la Terra si Rifiutò di Morire. Solo il titolo sottolinea, di nuovo, come questa battaglia deciderà le sorti del pianeta intero. Il coro che sentiamo potrebbe essere simbolicamente interpretato come l’insieme delle voci di tutti coloro che si stanno appellando all’Eroina, pregandola affinché dia tutta se stessa per fermarci. A coronamento di ciò, il cuore che batte in sottofondo è probabilmente quello di Undyne stessa, che non vuole lasciarsi andare percependo la responsabilità che possiede in tale momento.
Undyne, insomma, rappresenta ciò che si può raggiungere se si mettono da parte le diversità, le intolleranze e le ostilità per combattere una minaccia comune. Rappresenta un potere, puro e nobile, che permette di affrontare problemi reali (noi in questo caso) che incombono sul mondo così come lo conosciamo, e non fanno distinzioni di sorta. È anche questa consapevolezza parte del perché la guerriera sia riuscita a rinascere in questa partita e non in una neutrale, dove avremmo anche potuto avere una condotta pacifica fino a quel momento senza quindi rappresentare una vera minaccia, anche se ella cercava invano di provare il contrario. Ma qui, noi siamo degli esseri spregevoli che non si fanno scrupoli davanti a nessuno, e solo unendo le forze gli altri possono sperare di fermarci.
Va però detta una cosa. Come approfondiremo anche in seguito parlando di Flowey, un giocatore medio affronta una partita genocida solo dopo averne fatta una pacifica. Dopo aver raggiunto il miglior finale possibile, infatti, è lecito essere curiosi di scoprire cosa accadrebbe se si facessero scelte diverse, in questo caso, quello più estremo, se si uccidesse ogni mostro del Sottosuolo. Ed è proprio per questo motivo che la colonna sonora del combattimento contro Undyne the Undying risulta, anche solo dal nome, una provocazione e umiliazione nei confronti del giocatore: Battle Against a True Hero, ovvero Battaglia Contro un Vero Eroe. È a questo punto che dobbiamo renderci conto che siamo degli esseri spregevoli, che la differenza tra noi e lei è abissale. Noi abbiamo completato una partita pacifica, liberando i mostri dalla loro prigionia e garantendogli il miglior finale possibile, non perché volevamo il meglio per loro, ma per puro divertimento. Altrimenti non si spiega perché abbiamo voluto strappargli un futuro tanto radioso per farli sprofondare nella disperazione più profonda, uccidendoli metodicamente uno ad uno, privandoli dei loro cari, delle loro stesse vite, della loro storia e cultura. Noi abbiamo fatto il reset di questo mondo perché eravamo curiosi di sapere cosa sarebbe accaduto se avessimo avuto un comportamento più spietato, perché volevamo intrattenerci insomma. Non abbiamo mai fatto del nostro meglio per i mostri perché la ritenevamo la cosa giusta da fare, ma perché volevamo giocare con questi e vedere le loro reazioni. Mentre Undyne, ora, sta lottando per difendere ciò che rimane del suo popolo e non solo, sta anteponendo la vita degli altri alla sua. Il controllo della determinazione ha un prezzo altissimo per un mostro. Ella sa che, vada come vada, alla fine di questo combattimento si scioglierà, morendo nel peggiore dei modi. Sa che per lei non c’è più futuro ormai. Ma ciò nonostante, continua a combatterci fino al suo ultimo respiro, col chiaro intento di fermarci e impedirci di uccidere ancora, perché questo fa un VERO Eroe. Noi, di contro, anche se in passato abbiamo salvato il popolo del Sottosuolo, non siamo eroi. Siamo solo esseri che si divertono a interpretare il ruolo di dio, e l’essere buoni o cattivi non ha importanza, dato che tutto questo è “semplicemente” un gioco per noi. Ma Undyne, che ora si interpone tra noi e gli altri, sa solo che ha votato la sua vita a difendere questo mondo. Non sa del nostro potere, della nostra abilità di “salvare” e “resettare” grazie alla nostra onnipotente determinazione. Non sa che prima o poi, inevitabilmente, cadrà. Lei continua a combattere perché ritiene che questa sia la cosa giusta da fare, indipendentemente dalla situazione. Perché lei è cresciuta e vive in questo mondo, per lei più che reale.
Analizzando invece il contenuto di Battle Against a True Hero si percepisce nelle sue note un grande carico di volontà, nostalgia, confidenza e dolore. Perché sono proprio queste le emozioni che Undyne sta sentendo ora. La determinazione di salvare il mondo, la sicurezza di avere un potere capace di fermare un freddo assassino come noi e il rimpianto di non essere riuscita a fare abbastanza per coloro che avrebbe dovuto proteggere, come Papyrus, ormai scomparso, e Alphys, che potrebbe reagire in modo imprevedibile dopo che questo scontro si sarà concluso. Le musiche create da Toby Fox non sono evocative per caso, e se non l’avete mai ascoltata vi invitiamo caldamente a farlo. Ma sono anche i leitmotiv presenti in questa melodia che, come al solito, completano il quadro, permettendoci di capire a pieno la situazione. La melodia di Battle Against a True Hero è la stessa di An Ending (Un Finale), colonna sonora riprodotta solo in due occasioni durante il gioco: la fine dello stesso e durante la morte di Undyne in una neutral. Ciò sottolinea, ancora una volta, come la Lancia della Giustizia sia cosciente che non uscirà viva dalla lotta, ma questo non costituisce un freno per impedirle di dare il meglio di sé, come viene sottolineato anche da un altro leitmotiv presente, Don’t Give Up (Non Arrenderti). Undyne, insomma, non teme più la morte, e vuole sfruttare questi suoi ultimi istanti di vita per porre fine al nostro genocido. C’è infine un ultimo, sommesso e quasi celato leitmotiv, udibile in un preciso pezzo della colonna sonora (da 1.35 a 1.54), che riprende le note di un’altra melodia che può quasi essere considerata secondaria, dato che è udibile per poco tempo all’interno di una partita: stiamo parlando di Alphys, musica dell’omonimo personaggio. Insomma, in questo scontro epocale, che deciderà le sorti della vita stessa, Undyne sa che sta anche lottando per colei che ama, e che la sta osservando combattere. Questa consapevolezza le dà forza, dato che Alphys starà sicuramente tifando per lei, ma anche agonia, dato che sarà costretta a vederla morire, senza che si siano prima potute confessare i sentimenti l’una per l’altra. È chiaro che in questo momento sia la donna-lucertola quella più vicina alla paladina, in quanto Papyrus è già morto, mentre Asgore è da tutt’altra parte, non al corrente di ciò che sta accadendo.
Ma in tutta questa narrazione, così come nella stessa battaglia, c’è un particolare straordinario, che era sottinteso fin dall’inizio ma che ora esplicitiamo: l’essere che sta difendendo la terra è una donna omosessuale. Le figure eroiche, fin dalla letteratura più antica, sono spesso interpretate da personaggi maschili, mentre quelle dell’altro sesso sono relegate a ruoli secondari e terziari, a volte magari come “premio” per i protagonisti. Nell’epica classica, addirittura, vengono viste come coloro che frenano il paladino dal proseguimento del suo viaggio, che cercano di opporlo al suo destino. Non è sempre così, certo, ma è ovvio che siano prevalentemente gli uomini a rivestire ruoli di rilievo nei racconti fantastici scritti nel corso della storia. Mentre qui in Undertale, l’Eroe “ideale” che ha un potere smisurato e il volere di salvare la sua patria o il suo amore, è affidato ad una figura femminile, forte sia nel corpo che nello spirito, che per di più è innamorata di un’altra donna. Viene così mostrato come non abbiano importanza né il proprio sesso né il proprio orientamento sessuale: tutti, indistintamente, possiamo essere figure di spicco e dare un senso più ampio alla nostra vita. Tutti possiamo agire portando avanti qualcosa in cui crediamo che non si limiti solo a noi stessi, ma che coinvolga anche i nostri affetti, gli sconosciuti e coloro che ci rifiutano o ci disprezzano. Perché, alla fine, siamo tutti uguali. Ricordiamoci che è proprio avendo compreso ciò che Undyne ha trovato la forza di rinascere e lottare contro di noi. Ma sconvolge ancora di più il fatto che queste cose non vengano nemmeno in mente a uno che si trovi a fronteggiare Undyne the Undying. Grazie alla narrazione di Undertale, che permette al giocatore di conoscere i personaggi in modo comico e mai pesante, immergendolo completamente nel mondo di gioco, queste caratteristiche vengono percepite come normali, e nel presente contesto non sminuiscono minimamente il ruolo eroico della guerriera. Non ci si pensa nemmeno insomma, tali tratti vengono “dati per scontati”, come è normale che sia. Abbiamo davanti un Vero Eroe pronto a tutto pur di fermare un serial killer del nostro calibro, non hanno importanza il suo sesso o il suo orientamento sessuale. Ha solo importanza quello che sta facendo ora con la sua vita, con tutte le sue forze.
Lo scontro è realmente arduo, pieno di attacchi diversi fra loro e mirati a colpire i fianchi scoperti di ogni giocatore. Ce ne sono alcuni facilmente leggibili, alcuni casuali, altri ordinati, altri ancora caotici; insomma, è come se Undyne stesse cercando, applicando diverse strategie, di trovare l’attacco giusto per noi, quello capace di ucciderci. Le sue offensive non sono minimamente paragonabili a quelle appartenenti alla sua battaglia normale. Lì lei voleva uno scontro giusto, equo, atto a dimostrarci con onore che i mostri sono superiori agli umani, e per questo meritano la superficie. Mentre ora, il suo solo obiettivo è fermarci con ogni mezzo, senza porsi alcun freno. Sotto questo punto di vista, è emblematico l’attacco che essa sferra nelle fasi finali della battaglia dove possiamo muoverci con la nostra anima rossa pressoché in tutto lo schermo, mentre questa ci circonda ogni frazione di secondo con sei lance che mirano dritte verso di noi, riempiendo l’intero campo da battaglia con queste. Un attacco, insomma, che non ci permette mai di restare fermi, e che può sembrare quasi ingiusto data la sua lunga durata di quindici secondi, pochi sulla carta, ma un’eternità in gioco.
Due cose possono accadere durante lo scontro: ci si può rendere conto dell’errore commesso nell’intraprendere questa via del massacro, buttare tutto all’aria e ricominciare il gioco, stavolta mantenendo una condotta diversa; oppure perseverare nel torto, continuando a morire e rinascere grazie alla determinazione fino a spuntarla, in un duello dove l’unica cosa certa è che… il vento sta soffiando. In quest’ultimo caso, dopo svariati tentativi, per chi più per chi meno, si riuscirà infine a dare l’ultimo violento colpo alla paladina, alla Lancia della Giustizia, uccidendola una seconda e ultima volta.
“Dannazione…”, commenterà lei, “Quindi perfino QUEL potere… non è stato sufficiente…?
…
Heh… heheheh… se tu… se tu pensi che io perda le speranze, ti sbagli. Perché io… ho i miei amici, dietro di me. Alphys mi ha detto che mi avrebbe guardato combatterti… e se qualcosa fosse andato storto, lei avrebbe… fatto evacuare tutti. Ormai avrà già chiamato Asgore dicendogli di assorbire le sei anime umane. E con quel potere… questo mondo continuerà a vivere…!”, affermerà lei con il suo caratteristico sorriso a trentadue denti, un attimo prima di sciogliersi e diventare definitivamente cenere.
Anche essendo stata sconfitta ed avendo fallito nel proteggere il suo popolo, lei rimane fiduciosa, perché sa che i suoi affetti perpetueranno la sua causa e faranno il possibile per evitare che noi distribuiamo altro dolore. Ha combattuto abbastanza a lungo da guadagnare tempo per i mostri sopravvissuti dando loro modo di scappare, e ciò le permette di morire in pace. Anche se, dopo la lunga analisi che abbiamo fatto sappiamo che, in fondo alla sua anima, il dolore che prova è incommensurabile, poiché è cosciente di aver fallito nel proteggere coloro che amava. È per tutti questi motivi che, personalmente, riteniamo che la battaglia contro Undyne the Undying rappresenti uno dei momenti più alti di tutto Undertale.
“Non riesco più a sopportarlo. Io… io ti ho mentito.”
-Alphys
Probabilmente uno dei personaggi più stereotipati, ma che ciò nonostante nasconde qualche scheletro nell’armadio capace di renderlo interessante.
Alphys, divenuta scienziata reale di Asgore a seguito della costruzione di un corpo materiale per Mettaton, è l’hikikomori per eccellenza, ovvero un tipo di persona che ha deciso volontariamente di isolarsi dalla società. Ci sono numerosi fattori che evidenziano questo suo tratto: la passione per i fumetti e per gli anime, il frigo pieno di ramen istantaneo e la sua perenne e malcelata depressione. Ma se prima degli esperimenti sulla determinazione la donna era semplicemente considerabile come un’asociale, dopo di questi la sua mente e il suo modo di agire sono stati completamente segnati in negativo. Ma come biasimarla. Nel tentativo di sfruttare l’umano potere per liberare l’intero popolo del Sottosuolo, finì col privare alcuni moribondi mostri della loro personalità e individualità, facendoli sciogliere e fondere insieme. E fu quando cominciò a ricevere più e più missive dai loro cari, ansiosi di sapere gli esiti degli esperimenti, che cominciò a farsi vedere sempre meno. In questo, forse, Toby ha cercato di palesare non tanto i problemi etici legati alla scienza, come quando si utilizzano esseri umani come cavie (in questo caso mostri), ma le emozioni e i sensi di colpa che gli scienziati stessi, in questi casi, possono provare. Fatto sta che, da quel giorno, Alphys cominciò a farsi vedere sempre meno fuori dal suo laboratorio, accumulando lettere su lettere mai aperte. In questo contesto, le uniche due persone a starle vicine furono Mettaton e Undyne, anche se non sapevano, come chiunque altro, niente al riguardo. Per quanto concerne il primo, non è estremamente chiara la genuinità del rapporto che c’è fra i due. Una nota del Vero Laboratorio ci fa capire come Alphys stia cercando di rimandare il più possibile l’ultimazione del corpo umano di Mettaton (quello nella forma EX per intenderci), poiché ha paura che questi possa abbandonarla una volta completato. È quindi certo come ella sia affezionata all’amico robot, ma dall’altra parte…
è vero che Mettaton, lungo tutta la nostra avventura a Roventerra, seguirà le istruzioni della sua amica scienziata mettendo su un vero e proprio teatrino per convincerci che essa sia utile al nostro proseguimento, ma è altrettanto vero che alla fine getterà tutto alle ortiche, rivelandoci il suo piano e così facendo umiliandola, e tentando infine di ucciderci seriamente. Possiamo comunque dedurre che, nel suo egocentrismo sfrenato, anch’egli le voglia bene, come si può constatare nel “Mettaton Ending”, dove si sono uccise Toriel e Undyne ma non il robot in questione. Qui questi ammette di non essere stato esattamente gentile con lei, rivelandoci che avrebbe voluto scusarsi proponendole di aiutarlo a governare… anche se Alphys è misteriosamente sparita.
Riguardo invece Undyne, non pensiamo ci sia bisogno di approfondire ulteriormente. Le due si amano, e Alphys pensa a lei costantemente, come ci viene rivelato nel quiz iniziale con Mettaton. Scrive il suo nome negli angoli dei suoi appunti, lo utilizza come variabile nei suoi programmi e scrive fan-fiction su di loro. È bello sapere che alla fine di una partita pacifica le due possono finalmente vivere insieme. Ma l’affetto che la scienziata di corte prova verso questi specifici personaggi è deducibile anche da molti finali neutrali. Quando si conclude una partita avendo ucciso Mettaton o Undyne, o entrambi, il gioco lascia intendere che Alphys abbia commesso un suicidio, come avevamo citato nel “Mettaton Ending” e nel “Betrayed Undyne Ending”, due dei molti finali in cui questo personaggio incontra una tragica fine, anche se non viene mai detto esplicitamente.
Gli unici esseri capaci di avere un forte impatto sulla sua vita, però, siamo noi, il giocatore. Osservandoci fin dalla nostra uscita da Rovine attraverso innumerevoli telecamere nascoste lungo tutto il mondo sotterraneo, ella si appassionerà alla nostra avventura, cercando di farne parte anche se in modo a volte imbarazzante, altre patetico, altre ancora chiaramente forzato. Ma di nuovo, non possiamo fargliene una colpa. Avendo perso uno scopo, una ragione per cui vivere, dopo i fallimenti conseguiti nel Vero Laboratorio, e portandosi dietro degli innominabili sensi di colpa, è tramite noi che cerca di farsi forza per ritrovare un obiettivo, per sentirsi utile per qualcuno. Il nostro passaggio può essere per lei nocivo, neutrale o determinare un cambiamento profondo nella la sua vita in due particolari finali: quello pacifico, dato che le darà modo di realizzare il suo più profondo desiderio, ovvero avere una vita di coppia con Undyne, e l’”Alphys Ending”, ottenibile se si decide di abortire una genocide dopo aver sconfitto Undyne the Undying. In questo finale Alphys diventa la regina del sottosuolo, governando e aiutando i pochissimi sopravvissuti al massacro. Rivela inoltre di essere diventata una persona migliore, e che nonostante i superstiti abbiano scoperto la verità sui suoi esperimenti, questi l’abbiano trattata ugualmente come la loro protettrice. Il dolore è immenso, ha perso tutti coloro che più amava, ma nonostante ciò decide di rimanere in vita per aiutare gli altri, poiché è questo che la fa sentire bene. Non si tratta più di un aiuto simulato, come era quando ci aveva guidato attraverso le finte trappole di Mettaton, ma concreto, necessario e reale. È inoltre in questa partita, così come in quella genocida fino in fondo, che la donna è costretta a patire più angoscia.
In qualsiasi altro caso in cui si sia uccisa Undyne, Alphys ci farà sapere, mediante un post su UnderNet, che non l’ha chiamata dopo che questa ha combattuto con noi. Non viene quindi a sapere della sua morte se non dopo la nostra vittoria su Asgore, cosa che come abbiamo detto la porterà a gettarsi nel baratro di Cascate. Mentre in una genocide sarà costretta a veder morire davanti ai suoi occhi l’amata, come ci rivela Undyne stessa una volta sconfitta: “Alphys mi ha detto che mi avrebbe guardato combatterti… e se qualcosa fosse andato storto, lei avrebbe… fatto evacuare tutti.”.
Uno scherzo del destino, o un semplice sviluppo naturale degli eventi. In una partita neutrale Alphys ha osservato la nostra parziale o assente violenza, ed è talmente sicura della vittoria della sua compagna che non le viene nemmeno in mente di assistere allo spettacolo. Mentre durante il genocidio, il pericolo è reale, e le due si parlano poco dopo la nostra partenza da Nevischio (lo rivela Alphys stessa nel suo finale: “(…) Ma quando Undyne mi chiamò, con una folle disperazione nella sua voce, capii che dovevo fare qualcosa)”.
Entriamo qui nel campo dei misteri ancora irrisolti, dove si teorizza molto avendo poche prove: perché sono presenti ben quaranta mostri a Roventerra se Alphys avrebbe dovuto evacuarli? In molti hanno tentato di dare varie spiegazioni, e non vogliamo ora cercare di fare altrettanto allungando il brodo, quindi facciamola breve. È plausibile pensare che alcuni mostri, come ad esempio Muffet, non abbiano creduto alle parole di Alphys e siano rimasti volontariamente, mentre altri stavano probabilmente scappando quando ci siamo imbattuti in loro. Ricordiamoci che, anche se il gioco è a turni, ciò che in realtà sta accadendo è che un bambino omicida sta correndo lungo tutte queste terre per cercare altri mostri da uccidere, cosa che gli risulta molto facile dato il suo livello.
“Renderò i tuoi ultimi istanti di vita… ASSOLUTAMENTE favolosi!”
-Mettaton
Come non adorare Mettaton. Nonostante sia un concentrato di egocentrismo sfrenato, questo personaggio più che narcisista ci strapperà non poche risate con le sue gag. Certo, non siamo ai livelli di Papyrus, ma le due ore di media che si passano con lui in una partita non sono mai ripetitive. Per fare contenta Alphys, l’androide acconsentirà a interpretare la parte del cattivo, anche se lo farà nel suo stile. Dapprima come conduttore di un quiz televisivo, poi come cuoco, poi ancora come giornalista e infine come principessa di un musical. Insomma, è chiaro perché egli sia il personaggio dello spettacolo più conosciuto del sottosuolo, seguito assiduamente dai mostri. La sua lore, così come la nascita dell’amicizia con Alphys, possono essere reperite nella sua abitazione, comprando la “chiave misteriosa” da Bratty e Catty e usandola per aprire la casa adiacente a quella di Napstablook. Qui, in alcuni suoi diari, si scoprono molte cose interessanti. Mettaton era originariamente un fantasma, imparentato con Napstablook e gli altri spettri che infestano i due manichini del Sottosuolo, quello delle Rovine e il Mad Dummy. Pur non volendo lasciare Napstablook, o Blooky, come lo chiama lui, da solo a gestire la fattoria di lumache, il suo sogno era quello di avere un corpo fenomenale con cui diventare una star. Al primo incontro del Fan Club degli Umani solo Alphys si presentò, e da lì nacque la loro amicizia. La scienziata, volendo mostrarsi gentile verso di lui, si propose di costruirgli un corpo che andasse “oltre le sue fantasie più selvagge”, che lo lasciò senza parole. Da allora, Mettaton iniziò a vivere in un corpo squadrato lanciandosi nel mondo della televisione, attendendo che la sua forma più fotogenica, Mettaton EX, venisse completata da Alphys. Tuttavia, come abbiamo visto, quest’ultima la sta ancora ultimando, in quanto tale forma consuma attualmente troppa energia e può essere usata solo per un periodo di tempo limitato. La narrazione di questo personaggio può sembrare confusionaria inizialmente, ma studiando i contesti che lo circondano e le relazioni che lo legano ai suoi amici e parenti è possibile comprenderlo meglio. Innanzitutto, Mettaton non è una macchina assassina stermina-umani. Ci viene raccontato ciò in ogni partita, ma è sempre falso. In una pacifist o neutral, Alphys ci fa credere che la sua indole sia violenta per convincerci che il suo aiuto è fondamentale alla nostra salvezza. Ma come Mettaton stesso ammette prima dello scontro finale, il suo obiettivo non è annientare gli umani, al contrario. Vuole che questi lo adorino e diventino suoi fan. Noi possiamo dire di essere l’unica eccezione alla regola, in quanto alla fine ci rivelerà che sì, vuole ucciderci, ma per strapparci l’anima e così facendo salire in superficie. Una motivazione in regola col suo egocentrismo.
Mettaton è quindi un nemico atto a testare, ancora una volta, la nostra determinazione nel non voler ammazzare nessuno. Come Undyne anche lui vuole ucciderci, ma solo perché ciò gli permetterà di assorbire la nostra anima e diventare la stella della superficie. La differenza fondamentale è che, mentre Undyne voleva dichiaratamente ucciderci per poi proseguire con lo sterminio della razza umana, Mettaton non vuole propriamente farci del male, è solo che gli siamo necessari alla realizzazione del suo desiderio. Il dilemma morale, insomma, è questo: incontrato un essere i cui scopi sono in contrasto con i nostri, saremmo capaci di risolvere pacificamente il diverbio trovando un compromesso o finiremmo con l’optare per una soluzione violenta? Undertale, nel caso si decida di risparmiare Mettaton, ci dimostra come sia possibile accontentare entrambi.
Alla fine del combattimento-spettacolo avente più di diecimila ascolti, sentire al telefono l’affetto dei fan e di Napstablook lo convincerà a rimanere nel Sottosuolo, facendoci gli auguri per lo scontro con Asgore. Anche il robot è quindi maturato, comprendendo come i suoi show non siano composti solamente da lui, la star, ma anche dagli altri mostri, appassionati spettatori che si sono affezionati al personaggio. Parlando invece del suo comportamento in una partita genocida…
Chi l’ha giocata potrebbe aspettarsi due righe di commento, ma invece crediamo che ci sia di che discutere. Ricordiamo velocemente cosa accade in seguito alla morte di Undyne the Undying. Gli abitanti di Roventerra sono nel panico, mentre Alphys sta cercando di farne evacuare il più possibile in un posto sicuro, presumibilmente il Vero Laboratorio. Chiaramente, in un contesto simile, la messa in scena dei due amici non avviene, in quanto la scienziata ci teme e ci rifugge. Mettaton, di contro, è nel laboratorio ad attenderci, proprio per rivelarci come il nostro proseguimento sia inutile, ora che il piano di evacuazione è stato messo in atto. Fatto ciò anche lui sparirà, ma non si fa attendere il momento del suo ritorno. Alla fine del Nucleo, dove avrebbe normalmente luogo lo scontro con Mettaton EX, il robot si manifesta ancora, rivelandoci come il nostro comportamento lo abbia fatto riflettere sul da farsi.
Ci rivela come abbia realizzato che non siamo “Una minaccia solo per i mostri… ma anche per l’umanità”. Una stella non può essere tale se non ha un pubblico, e questo motivo, legato alla sua affermazione “Ci sono delle persone… che voglio proteggere”, ci lasciano comprendere come lo scontro sia imminente. Cercando di intimorirci, continua dicendo: “Come ogni vero fan saprebbe, fui inizialmente creato come robot da eradicazione umana. È stato solo dopo essere divenuto una stella che mi è stato dato un… corpo più fotogenico. Tuttavia. Quelle funzioni originarie non sono mai state del tutto rimosse… avvicinati ancora, è sarò costretto a mostrarti la mia vera forma!”
Senza ricevere input, ecco che il nostro avatar, di nuovo, compie un passo in avanti.
“Bene allora! Prrrronto? È ora di dare spettacolo!!!”
Lo schermo si fa bianco, e la trasformazione di Mettaton, così come la battaglia, hanno inizio. La forma da lui assunta è ben diversa da quella di Mettaton EX. Le sue braccia, prima assimilabili a semplici cavi, sono ora corazzate di nero, e la mano destra è sostituita da una specie di cannone futuristico. Dalle ginocchiere dei suoi stivali a tacco alto e dagli spallacci fuoriescono ora protuberanze acuminate, e il suo ciuffo, che precedentemente gli avrebbe coperto la metà destra del volto, è sollevato in aria, rivelando un mirino al posto dell’occhio destro. Sul petto, un cuore nero si tocca con uno bianco capovolto, posto all’altezza della cintura. Ciò che però salta più di tutto all’occhio sono le sue bianche e sgargianti ali, spigolose e immense. La sua posa, ora statica e irremovibile, consiste nell’avere le gambe divaricate e le braccia parallele al terreno, mentre con sguardo fiducioso sembra sfidarci: ciò che simboleggia è una stella, la più luminosa di tutte. A contorno di tutto ciò, la musica che ci bombarda le orecchie, Power of NEO (Un NUOVO Potere), procede sulle note di una colonna sonora che conosciamo sin troppo bene: Battle Against a True Hero. Ecco quindi che, dopo la disfatta di Undyne, un nuovo eroe, Mettaton NEO, ci ostacola il cammino.
…ma dopo qualche istante, ci si rende conto che qualcosa non quadra. Innanzitutto, la musica sembra ripetersi ogni mezzo minuto, diversamente da quella di Undyne the Undying, più complessa e articolata dalla durata di due minuti e mezzo. Utilizzando il comando osserva sul nostro nemico, la descrizione lascia piuttosto perplessi:
METTATON NEO – 90 ATK 9 DEF
La più grande invenzione della dottoressa Alphys.
Tutto ciò non ha senso. Le sue statistiche non solo sono più basse di quelle di Undyne, ma la sua difesa è davvero misera. Allora perché dovrebbe essere la più stupefacente creazione della scienziata di corte? Inoltre, si nota come Mettaton non ci attacchi mai. Utilizzando azioni come Agisci, Pietà e Oggetti, dopo le quali il nemico dovrebbe effettuare il suo turno, si osserva come questi non faccia letteralmente nulla. Provando allora ad attaccarlo, si rimane a bocca aperta: un nostro singolo colpo gli provoca un danno a sei cifre, il più alto mai inferto da noi finora, azzerandogli completamente i punti vita.
“Gh… suppongo tu non voglia unirti al mio fan club…?”
Commenta il robot prima di esplodere in mille pezzi. Ebbene sì. Mettaton è morto in un colpo solo. In teoria non dovrebbe essere una novità, era successo altrettanto con Toriel e con Papyrus, ma si rimane comunque perplessi. L’intero design di Mettaton NEO è un costante rimando ad Undyne, come anche la sua colonna sonora. È quindi lecito aspettarsi un combattimento difficile. Volendo dirla tutta, sarebbe anche una cosa normale: in ogni RPG, anzi, in ogni videogioco si incontrano man mano boss più difficili. Ma non qui. Undertale non vuole essere semplicemente un gioco, ma un mondo parallelo al nostro. Come avevamo già evidenziato parlando generalmente dell’opera, questa non esiste allo scopo di farci divertire, ma come tramite per permetterci di interagire con un universo altrimenti inaccessibile. Per questo molti luoghi comuni vengono eliminati o presi in giro, come in questo caso. Il succo è, insomma, che giunti a questo punto abbiamo già ucciso l’ultimo baluardo dei mostri, l’Eroina avente un potere capace di tener testa al nostro. Undyne the Undying è morta, e non esiste altra creatura capace di eguagliarla. È come se l’autore stesso, Toby Fox, stesse cercando di convincerci a terminare qui il nostro genocidio. Ci sono più e più occasioni in cui si possono osservare delle scelte oculate da parte del programmatore per persuaderci a resettare: le ultime parole di Toriel; La fiducia che Papyrus mostra verso di noi anche in punto di morte; Il fatto che il Mad Dummy riesca a fondersi col suo corpo solo in questa precisa partita, lasciandoci passare per la gioia; La paura di Monster Kid nel doverci affrontare; L’intera battaglia contro Undyne, atta a farci capire che se proseguiremo non avremo più scuse come “l’essere curiosi di vedere cosa accade ammazzando tutti”. Giunti al suo scontro, noi siamo i cattivi “stereotipati”, che compiono atti malvagi e imperdonabili solo perché hanno il potere di farlo, e lei la protettrice di questo mondo, che ci combatterà fino all’ultimo, non pensando al suo futuro ma a quello altrui. Per questo motivo si può dire che Toby Fox impieghi una sorta di “psicologia inversa” nello scontro con Mettaton NEO. Egli sa che se un giocatore è arrivato fino a qui lo ha fatto perché, nonostante i sensi di colpa, la sua curiosità è aumentata a dismisura dopo aver visto di cosa è stata capace Undyne una volta portata al limite della disperazione. Quindi, quale modo migliore di convincere un giocatore con alte aspettative a smettere di giocare se non quello di troncare proprio queste? E quale modo migliore per farlo se non quello di lasciargli ricordare il più bello scontro che abbia avuto finora, ironizzandolo e mostrandogli che non ce ne saranno più?
Mentre Undyne the Undying (intesa non come personaggio di gioco, ma come idea dello sviluppatore) parla alla mente di un giocatore, cercando di convincerlo con il dramma e con la razionalità a fermarsi, Mettaton NEO utilizza più un approccio “di pancia”, come se si stesse rivolgendo a un bambino, cercando di fargli capire che il divertimento è finito. Questo, sul piano interpretativo, spiegherebbe la debolezza di questo boss. Su quello narrativo, invece, ci sono anche stavolta varie teorie. Noi daremo ovviamente la nostra. Come già spiegato, Mettaton non ha mai avuto a disposizione armi per combattere gli umani. Tutto ciò che dice prima dello scontro, “Come ogni vero fan saprebbe, fui inizialmente creato come robot da eradicazione umana (…)”, sono solo bugie. Alphys aveva in mente di costruirgli un corpo da stella televisiva, non lo ha mai fornito di alcun mezzo bellico, riprova il fatto che non ci attacchi neanche una volta in questa battaglia. Era solo una messa in scena, un modo per intimorirci mediante pressione psicologica e quindi farci esitare. La Dottoressa deve aver “decorato” in fretta e furia il corpo di Mettaton con questa finta armatura e armamentario per ingannarci sulla sua forza. A cosa fosse atto ciò? Forse non per fermarci, ma per far guadagnare tempo ai superstiti. Teoricamente, a questo punto del gioco, l’unica speranza rimasta ai mostri è Asgore che, con le anime umane, potrebbe fermarci. Ma il tempo sta per scadere e Mettaton, che nonostante il suo narcisismo tiene seriamente ai suoi affetti, decide di sacrificarsi. Potrebbe essere anche un suo desiderio egoistico di farsi ricordare da eroe, chi lo sa.
“Vuoi passare un brutto quarto d’ora?”
-Sans
Di tutti i personaggi, Sans è sicuramente quello più conosciuto a livello mondiale, anche da chi non ha mai giocato Undertale. I motivi sono molteplici: le sue battutacce, la sua indole pigra, il suo occhio scintillante e la sua colonna sonora Megalovania. Come il fratello, inoltre, il suo nome non è casuale, ma fa riferimento al font comic sans, che giustifica il suo comportamento da comico. Allo stesso tempo, il fatto che tutti i suoi dialoghi siano in minuscolo è riprova della sua inerzia, che si estende perfino nel modo di parlare. Ma vediamo di non essere sfaticati come lui e andiamo subito alla ciccia, anche se… si tratta di uno scheletro.
Sans non ricopre un ruolo chissà quanto importante durante una partita neutrale o una pacifica. Ogni tanto lo troviamo in giro pronto a farci scherzi o a venderci cibi di dubbia qualità, e gli unici eventi degni di nota sono il dialogo da Grillby, dove ci svela un subdolo collegamento tra Flowey e Papyrus, e quello al MTT resort, dove si comprende il suo rapporto con Toriel e lo si percepisce per la prima volta come un essere dotato di un potere nascosto. “Fa il suo” si potrebbe dire, ovvero oziare e burlarsi di noi. Anche se è evidente come ci stia spiando in ogni momento, di nuovo, grazie a mezzi non convenzionali. Ma è nell’ultimo corridoio che questo personaggio adempie al suo scopo: giudicarci e rivelarci la verità. È grazie a Sans che comprendiamo in modo evidente come Undertale voglia fortemente distaccarsi da ogni altro GDR e dalle sue fredde e meccaniche leggi. Qui ci viene svelato come la sigla EXP non stia per Experience Point (Punti Esperienza), ma per Execution Points (Punti Esecuzione), e di come LOVE, ingannevolmente inteso come amore e simbolo della nostra forza, sia un acronimo per Level of Violence (Livello di Violenza).
“Più uccidi, più diventa facile distaccarsi. Più ti distacchi, meno provi dolore. E avrai meno difficoltà a fare del male agli altri.”
Parole sacrosante. Qui si vede il genio di Toby Fox, un ragazzo che ha compreso perfettamente il modo che tutti hanno di giocare qualsiasi gioco di ruolo: uccidere per diventare più forti e arrivare a farlo in modo meccanico, fino a non considerare più le altre entità come esseri viventi. Mentre Undertale pone l’accento proprio su questo. È davvero necessario uccidere? Non si può forse optare per vie più diplomatiche? E chiunque giunga a questo punto avendo giocato in modo “normale”, ovvero continuando ad ammazzare chiunque per salire di livello e occasionalmente risparmiando qualcuno per mera curiosità, non può fare a meno di prendersi un minuto per riflettere. I mostri avevano una loro vita, una famiglia, degli amici, e chi siamo noi per avergli portato via tutto questo? Aver voluto aumentare la nostra forza, il nostro LOVE, è davvero una giustificazione accettabile? Certo che no. E Sans è qui per farcelo comprendere, sia lasciandoci riflettere sulle nostre azioni, sia dandoci egli stesso un giudizio. E lui lo può fare, può interpretare il ruolo di giudice imparziale, in quanto è sempre stato a guardare, senza mai agire. Ciò vale anche nel caso in cui si sia ucciso suo fratello, dove si limiterà semplicemente a insistere sul nostro potere, la determinazione, che lui conosce pur fingendosi ignorante.
“Se possiedi una sorta di potere speciale… non è tua responsabilità fare la cosa giusta?”
Teoricamente e idealmente, sì. Eppure, Sans viene ricordato prevalentemente per il suo ruolo in una partita genocida. Che ironia.
Qui, nell’ultimo corridoio, non ci giudicherà per i crimini commessi, bensì abbandonerà la sua imparzialità mettendoci in guardia.
“Vuoi passare un brutto quarto d’ora? Perché se fai un altro passo in avanti… non ti piacerà per NULLA ciò che accadrà dopo”
E poi, l’inferno. Lui, il mostro pigrone e disinteressato, ci attaccherà per primo, rendendoci blu e gettando il nostro cuore nella parte bassa del box d’azione, riempiendo questo di ossa e infine attaccandoci con dei giganteschi teschi spara-laser.
“Heh. Mi sono sempre chiesto perché la gente non utilizzi il suo attacco più forte per primo.”
Ed ha inizio la battaglia più difficile di tutto Undertale. Dalla durata di ben 26 turni (se non si utilizzano oggetti) e composta da numerosi attacchi che richiedono una precisione e prontezza di riflessi non banali, lo scontro metterà alla prova la nostra determinazione nel voler completare questo irragionevole genocidio. Ma proseguiamo con cautela: non era forse Undyne il mostro più forte del sottosuolo? Certo, e lo è tuttora, ma la sua battaglia risulta più semplice di quella contro Sans. Cerchiamo di capire cosa differenzia questi due mostri, gli unici a rappresentare un ostacolo concreto in una partita genocida.
Da un lato abbiamo Undyne the Undying, il mostro oggettivamente più forte del sottosuolo, e possiamo esserne sicuri dalle sue statistiche, 99 in attacco e difesa. D’altro canto, utilizzando il comando Osserva su Sans si ottiene la seguente descrizione:
SANS – 1 ATK 1 DEF
Il nemico più debole. Può fare solo 1 di danno.
Non sono nemmeno equiparabili come forza. Ma allora perché un attacco di Sans riesce a portarci facilmente ad un Punto Vita, anche se siamo equipaggiati in modo tale da avere il massimo in attacco e difesa? La risposta sta sicuramente nella sigla “KR”, presente alla sinistra dei nostri punti vita esclusivamente in questo scontro. Viene normalmente interpretata come Karmic Retribution (Punizione Karmica) dai fan, anche se è più plausibile pensare che significhi semplicemente Karma, grazie anche ad alcuni particolari dialoghi di gioco. Fatto sta che è un potere che permette a Sans di manipolare una meccanica, ovvero quella degli “invincibility frames”: quando si viene colpiti, la nostra anima lampeggia per qualche istante, diventando invincibile e permettendoci di ritrovare la concentrazione per riprendere a schivare i colpi successivi. Il tempo medio di questa invulnerabilità si aggira sui due secondi in condizioni normali, mentre ad esempio nella battaglia contro Undyne the Undying questi sono dimezzati. Con Sans, invece, non esistono, e più rimaniamo a contatto con le ossa o i laser e più subiamo danni proporzionati al suo attacco, cioè uno. Per questo nonostante le statistiche basse Sans riesce, mediante un escamotage, a farci ingenti danni. Si suppone che lo scheletro possa sfruttare questo suo potere solo in una partita genocida proprio in virtù del fatto che abbiamo ucciso ogni mostro, e la sua forza karmica risiederebbe nella definizione stessa di questo concetto religioso, ovvero il raccogliere il frutto delle nostre azioni, il subire tutto il male che abbiamo inferto agli altri.
Dovremmo però poterlo uccidere in un turno solo, giusto? Giustissimo, se non fosse che questi è l’unico mostro a schivare i nostri attacchi. Di nuovo, mentre Undyne incassa ogni colpo e riesce a sopportarlo grazie alla rinata e massimizzata difesa, Sans sa che non avrebbe speranze se venisse colpito, e pertanto decide di schivarci. Sono due approcci molti diversi alla battaglia, ma non sono scelti a caso. L’eroina è vittima della simulazione, convinta che il suo mondo sia quello “reale”, e riesce a tenerci testa padroneggiando le regole naturali valide per tutti, ossia utilizzando la determinazione. Sans, di contro, sa che quello contro cui sta lottando è una specie di dio, che il suo mondo è come una piccola scatola all’interno di qualcosa di più grande. Avendo questa consapevolezza decide di sfruttare le regole del gameplay, del sistema di combattimento, per fermarci. Si comporta quasi come se fosse lui quello che noi intendiamo genericamente come “giocatore”, mentre noi appariamo sempre di più come il “boss finale” del gioco. Anche la colonna sonora riprodotta, Megalovania, fa chiaro riferimento a noi (e non al nostro nemico, come era vero invece per ogni altro mostro), dei megalomani violenti e senza scrupoli. Abbiamo sottolineato più e più volte come l’organicità di Undertale si esplichi anche attraverso le sue musiche, e non è un caso che questa non abbia correlato alcun leitmotiv, in quanto è la nostra colonna sonora, di un essere che con questo mondo non ha niente a che fare. Abbiamo rifiutato ogni amicizia, ogni chance di entrare in sintonia con questo universo, autoescludendoci da esso. È quindi innegabile che ci sia una percepibile inversione dei ruoli, anche se ovviamente ricopriamo ancora una posizione centrale. Siamo sempre noi a ricaricare il salvataggio se veniamo sconfitti, dopotutto.
Il fatto che attacchi per primo, che possa schivare i nostri colpi, che ci attacchi anche nel menu d’azione e che non ci voglia passare il turno: Sans è cosciente di tutte quelle meccaniche che normalmente sarebbero di utilizzo esclusivo del giocatore, e le sfrutta a suo vantaggio per convincerci alla resa. Tutto questo, unito alle sue parole in battaglia legate ai concetti di spazio, tempo e linee temporali rivelano una sua conoscenza quasi metafisica, che va oltre il mondo di Undertale. Sono scioccanti le sue considerazioni in merito alla fuga dei mostri dal Sottosuolo:
“Noi puoi capire come ci si senta nel sapere che un giorno, senza alcun preavviso, tutto questo verrà azzerato. Ascolta. Ho smesso di cercare di tornare indietro molto tempo fa, e neanche risalire in superficie mi interessa più. Perché anche se lo facessimo… finiremmo col tornare quaggiù, senza alcun ricordo di ciò, sbaglio?”
Sans, in un colpo solo, riesce a farci provare un profondo senso di colpa e a svelare il perché della sua natura passiva. Chi gioca una genocide lo fa, quasi sicuramente, dopo aver completato una pacifist. Sentire lo scheletro rinfacciarci la nostra scelta di resettare, portando via ai mostri un futuro prosperoso e felice, ci fa comprendere quanto siamo stati egoisti nella nostra scelta. Ogni sua parola è vera. Da un momento all’altro abbiamo cancellato il nostro salvataggio, ricominciato il gioco e fatto sprofondare nuovamente questi esseri sottoterra, senza che si ricordassero niente della partita precedente. Allo stesso modo, è proprio questa conoscenza che impedisce a Sans di dare un senso più ampio alla sua vita, che vada oltre l’ozio e gli scherzi insomma. A che scopo cercare di cambiare le cose e il mondo circostante se tanto le vite di tutti dipendono da un unico, superiore individuo? Per Sans, nessuno. Tant’è che, in ogni altra circostanza, ci avrebbe lasciato fare i nostri comodi senza intralcio, non intervenendo nemmeno alla morte di suo fratello. Ma allora perché qui decide di combattere, pur sapendo egli stesso che sta solo posticipando l’inevitabile? Perché la nostra sete omicida ha smosso qualcosa in lui, forse un senso di giustizia, forse una volontà di vendetta, o forse semplicemente un pensiero: se c’è una minima possibilità che il suo intervento possa convincerci a fermarci, perché non tentare, dato che alla fine morirà comunque? E lo scheletro cerca di fare ciò sia mediante la forza, usando attacchi difficili, sia mediante le parole, atte a solleticare la nostra morale, che lui presume esista ancora.
Sans è insomma giudice e giustizia, il primo in una partita neutrale o pacifica, dove ci giudica per le azioni commesse, il secondo in una genocida, dove seguendo la legge del karma ci fa subire tutto il male che abbiamo provocato. In questo senso, il suo occhio lampeggiante che sfoggia quando utilizza attacchi dalla natura psichica potrebbe non avere dei colori casuali (ricordiamo che ognuna delle sei anime umane collezionate da Asgore ha un colore particolare a cui è associata una qualità: azzurro/pazienza, arancione/coraggio, blu/integrità, viola/perseveranza, verde/gentilezza, giallo/giustizia e rosso/determinazione, anche se questa è propria di ogni essere umano). I colori in questione sono l’azzurro e il giallo, ovvero pazienza e giustizia. La prima appartiene a Sans in quanto sopporta le azioni del giocatore durante una partita senza mai intervenire, anche quando si trova in disaccordo. La seconda si esplica in questo scontro, per motivi già trattati.
Ci sono poi altri elementi che rendono evidenti le sue conoscenze riguardo la determinazione e il nostro potere di salvare e ricaricare, come il suo dialogo iniziale che cambia ad ogni nostra morte o il fatto che scherzi sul suo attacco speciale chiedendoci se ci suona familiare, alludendo a quello di Papyrus, mai avvenuto però in questa linea temporale. Si può poi considerare anche il suo “laboratorio segreto” o presunto tale, esplorabile in una pacifist ascoltando più volte il suo giudizio. È tuttavia un luogo ancora avvolto dal mistero, anche se è quasi sicuro che questo personaggio sia legato a W. D. Gaster, sia per l’uso dei teschi spara laser chiamati Gaster Blaster, sia perché lo scienziato parrebbe essere l’unico ad aver fatto esperimenti e studi capaci di portarlo ad un sapere superiore.
Giungiamo alle fasi finali dello scontro. Una volta utilizzato il suo ultimo attacco, Sans proclamerà il suo giudizio finale, ancora una volta obiettivo: “Conosco il tuo tipo. Tu sei, uh, molto determinato, non è così? Non ti arrenderai mai, neanche se non c’è, uh, assolutamente NESSUN vantaggio nel perseverare. In parole povere, non importano le conseguenze, tu continuerai a proseguire. Non perché desideri il bene o il male… ma solo perché pensi di poterlo fare. E siccome ‘puoi’, allora ‘devi’”. La critica suprema ai completisti, a chi ha voluto percorrere questo cammino per pura curiosità che, ancora una volta, ci deve far riflettere sulle nostre azioni. E anche quando alla fine viene sconfitto, Sans mantiene un atteggiamento stoico, commentando pacatamente con un ammonimento: “Solo… non dire che non ti avevo avvertito.”
C’è chi dice che Sans “non sia morto” per tutta una serie di motivi, sui quali però riteniamo stupido soffermarci: certo che è morto. Per quanto riguarda la sua ferita sulla cassa toracica sono fioccate online teorie incredibilmente complottiste, che allo stesso modo ignoreremo in quanto non aggiungerebbero nulla all’analisi effettuata. Sicuramente non si tratta di sangue, in quanto i mostri non sanguinano, ed è più probabile che sia semplicemente ketchup, grande amore di Sans e strumento utilizzato forse per impressionarci. Potremmo anche aver banalmente rotto una confezione di questo condimento che si stava portando dietro quando lo abbiamo colpito, il cui contenuto si è poi sparpagliato lungo tutta la ferita.
“Umano… è stato bello conoscerti. Addio.”
-Asgore
Siamo giunti infine al Re dei mostri, l’altro personaggio che, assieme ad Undyne, riteniamo più difficile da trattare. C’è molto da dire su di lui, diversamente da quanto pensa la community di Undertale. L’idea che si ha di Asgore muta molto nel corso del gioco. Viene inizialmente descritto come un essere senza scrupoli da Toriel, che ce ne mette in guardia. Undyne, di contro, ne evidenzia la smisurata generosità e il temperamento mite, descrivendolo essenzialmente come un pacioccone. E infine, nella Nuova Casa, i mostri del Sottosuolo raccontano di come tutti i loro sogni e speranze risiedano in lui, di come avessero atteso questo giorno a lungo, il giorno in cui Asgore avrebbe reclamato l’ultima anima umana.
“Re Asgore”, per citare le parole di alcuni di loro, “ci renderà liberi, ci darà speranza, ci salverà tutti. Anche tu dovresti sorridere. Non sei emozionato? Non sei felice? Anche tu sarai libero”. La cieca fiducia che i mostri provano verso il loro sovrano traspare in modo chiaro da questi dialoghi.
È anche importante ricordare come, a questo punto del gioco, venga resa esplicita l’importanza di avere pietà. Se si sono uccisi dei mostri, Sans ci umilierà col suo giudizio, costringendoci a riflettere sulle nostre azioni. Se invece avremo avuto una condotta tollerante, lo scheletro evidenzierà quanto lo scontro che segue sarà determinante per il futuro del mondo intero: “Se ti rifiuti di combattere, Asgore prenderà la tua anima e distruggerà il genere umano. Ma se uccidi Asgore e torni a casa, i mostri rimarranno intrappolati nel Sottosuolo”. Si viene insomma portati a pensare che bisogni fare di tutto per risparmiare questo nemico più di qualunque altro.
Ed infine, giungiamo nella sala del trono, ove Asgore sta annaffiando dei fiori. Egli è colui che ha dichiarato guerra agli umani, gli esseri che hanno portato via a lui e al suo regno tutto ciò che avevano di più caro. Non stupirebbe una sua reazione di odio e violenza nei nostri confronti. Ma ciò non avviene. Al contrario, indietreggia scosso, come se avesse avuto uno shock (non per niente la colonna sonora ivi riprodotta si chiama small shock). E il suo atteggiamento pacato e premuroso, del quale ci aveva accennato Undyne, si rivela ora nella sua interezza. Asgore infatti ci dice che avrebbe voluto offrirci una tazza di tè, di far finta che lo scontro imminente sia come una “visita dal dentista”, di stare tranquilli se non ci sentiamo pronti, in quanto nemmeno lui lo è. E una volta giunti di fronte alla barriera, ci offre perfino la possibilità di prenderci ulteriore tempo per prepararci: “Se… se per caso hai qualche faccenda in sospeso, fai pure ciò che devi.”
Affermando di essere pronti, Asgore annuisce, facendo apparire dal terreno sette contenitori di vetro, sei dei quali racchiudono le anime degli umani caduti e morti prima di noi. Lo scontro ha inizio.
Il Re rivolge il viso verso terra, con gli occhi chiusi, mentre un motivetto di venti secondi dal titolo Bergentrückung viene riprodotto.
Una strana luce irradia la stanza. Il crepuscolo splende attraverso la barriera. Sembra che il tuo viaggio sia finalmente giunto al termine. Ti riempi di DETERMINAZIONE.
“Umano… è stato bello conoscerti. Addio.”
Lo sguardo di Asgore si fa più cupo, mentre da sotto il mantello solleva, con la mano sinistra, un grande tridente rosso. Si sposta verso la parte destra dello schermo, inclinando l’arma in posizione verticale con la punta rivolta in basso, e poi… uno dei più grandi colpi di scena di Undertale ha luogo. Asgore distrugge il pulsante Pietà, facendolo a pezzi.
Questo è senza dubbio uno dei momenti più alti di tutto il gioco, che rendono evidente come l’avventura in cui ci siamo imbattuti sia qualcosa di unico e irripetibile. Toby Fox ha trovato un modo geniale di rompere la quarta parete, ma senza sacrificare la “sospensione dell’incredulità”. Il gesto di Asgore infatti non implica che egli sappia la nostra vera natura, ovvero quella di videogiocatori. È solo un modo estremamente trasparente di farci capire che non accetterà la nostra pietà. Anche contro Undyne questa opzione non era attuabile, ma mentre lei si limitava ad ignorare le nostre richieste di compassione e pace, qui il nostro rivale mette in chiaro fin da subito che l’unico modo di terminare lo scontro è con la morte di qualcuno. Ci costringe a combattere, in parole povere. Ma per non cadere in inganno e pensare che Asgore sia un essere spietato e bellicoso, dobbiamo analizzare il suo passato. Nella notte in cui gli umani portarono via Asriel e Chara al Sottosuolo, tutti i suoi abitanti caddero in una profonda disperazione. Per la seconda volta nella storia, erano stati privati di ciò che avevano di più caro. Il sovrano, conscio che avrebbe dovuto fare qualcosa, decise di instaurare la politica del “tutti gli umani che cadranno qui sotto d’ora in avanti devono morire”. Così facendo i mostri, che avevano perso ogni speranza, trovarono un nuovo punto di riferimento, un nuovo scopo per cui vivere, ovvero attendere che Re Asgore Dreemurr collezionasse abbastanza anime per rompere la barriera, risalire in superficie e vendicare il popolo intero sterminando la razza umana. Un piano folle e genocida, intollerabile per Toriel, l’ultimo membro rimasto della sua famiglia che però, disgustata dalla sua decisione, decise di esiliarsi nelle Rovine, con lo scopo di salvare da tale politica gli umani che sarebbero caduti in futuro. Alla fine di una partita pacifica, inoltre, Toriel stessa mette alla gogna il suo ex marito, rivelando qualcosa di in realtà abbastanza ovvio. Se davvero avesse voluto liberare i suoi sudditi, gli sarebbe bastato assorbire l’anima di un singolo umano, attraversare la barriera, uccidere altri sei umani e utilizzare tutte e sette le anime conquistate per infrangere il sigillo una volta per tutte. E con quel potere, avrebbe anche potuto sterminare la razza rivale (apriamo una parentesi necessaria al fine di evitare equivoci: come è possibile che solo i due sovrani fossero a conoscenza di tale opzione? Ciò non viene spiegato nel gioco, ma effettivamente un qualunque mostro avrebbe potuto fare questo ragionamento. Non è un segreto che un essere con anime di ambe le specie possa superare con facilità la barriera, sia perché lo fece Asriel a suo tempo, sia perché ciò è scritto nelle incisioni presenti a Cascate. Può essere che i mostri abbiano riposto talmente tanta fiducia in Asgore da aver abbandonato ogni pensiero critico nei confronti della sua strategia. Il che è in parte anche comprensibile dato che, prima che il sovrano instaurasse questa nuova legge, erano tutti presi da un’angoscia inenarrabile, che offusca la mente. Il punto in parole povere è: tutti i mostri contano su Asgore e sul fatto che non si placherà finché non avrà ottenuto la settima anima, non rendendosi conto che ci sarebbe un metodo più rapido di spezzare questa loro secolare prigionia).
Ma la verità è che Asgore non avrebbe mai potuto mettere in atto un piano simile, perché non è sua intenzione ferire o fare del male. Lui è un tipo pacifico e amichevole, che rifugge da ogni violenza e odia la lotta. Non potrebbe sopportare di portarsi sulla coscienza la morte di un essere vivente. Eppure, in quella tremenda notte, è stato chiamato ad intervenire, a trovare una soluzione radicale e immediata per evitare che l’intero popolo cadesse in una profonda crisi emotiva. Dopotutto, lui è il sovrano, e i suoi sudditi sono sotto la sua responsabilità. Per questo attuò il suo piano, intrinsecamente inefficiente, che funge da compromesso tra il suo volere e il suo dovere. Gli avrebbe infatti permesso, nel migliore dei casi possibili, di non uccidere nessun umano, sperando che mai ne sarebbe caduto alcuno nel Sottosuolo. Allo stesso tempo, i mostri avrebbero riguadagnato la speranza perduta, potendo contare su un monarca che prometteva giustizia. Da qui si comprende il titolo della breve colonna sonora riprodotta all’inizio della lotta: Bergentrückung, ovvero “Re nella Montagna” o “Re sotto la Montagna”. Questa figura mitologica è riscontrabile in favole e leggende, e le stesse storie dei Fratelli Grimm su Federico Barbarossa e Carlo Magno sono tipici racconti del Re nella Montagna. Questa figura è intesa di solito come un eroe dormiente, che riposa in un luogo isolato dal mondo come appunto una grotta in una montagna. Solo in un momento di pericolo mortale questo Re si presenterà per difendere la sua nazione. È quindi evidente perché Asgore sia il Bergentrückung. Sia perché è letteralmente il “Re sotto la Montagna”, dato che il Sottosuolo è accessibile solo dal Monte Ebott, sia perché, in un momento di forte crisi, si è presentato ai cittadini come colui che li salverà da questa prigionia.
Ma i motivi che dimostrano come questi non voglia combattere e di come soffra profondamente nel farlo sono molteplici, e rivelano il genio Tobyfoxiano, maestro del “detto non detto”. Alcuni sono superficiali e evidenti a chiunque. Basti ricordare le parole di Undyne, che ammetteva come Asgore preferisse schivare anziché contrattaccare, e di come cercasse di evitare lo scontro. O anche più semplicemente il suo temporeggiare prima della battaglia effettiva dandoci modo di organizzarci, invece di saltarci addosso a prima vista. I suoi comportamenti e le opinioni che altri mostri hanno di lui rivelano insomma un carattere bonario, sereno, pacifico e altruista. Ma volendo scavare più a fondo, si può scoprire come la non-violenza sia un tratto intrinseco della natura di questo personaggio: basta analizzare il suo nome.
Asgore, infatti, è un anagramma per Aegros, parola latina che può significare problematico, ansioso, triste o riluttante, mentre Dreemurr, il suo cognome, è anagramma per Murderer, assassino. Il Re dei mostri è pertanto un assassino riluttante, qualcuno che deve uccidere ma che non vorrebbe farlo. Non solo. Il suo nome completo Asgore Dreemurr è anche anagramma per Sage or Murderer, Saggio o Assassino, che sottolinea la sua sempiterna insicurezza. Il monarca è tormentato ogni giorno da questo dilemma: deve considerarsi un saggio per il piano messo in atto, capace di mediare tra il suo desiderio di non uccidere e la felicità della sua gente? O un assassino, dato che alla fine degli umani sono ugualmente caduti nel Sottosuolo? Ha fatto, insomma, davvero del suo meglio per il popolo che tanto lo adora e lo prega? Ed infine, il suo nome completo è anagramma anche di Remorse Guarder, letteralmente Guardiano del Rimorso, che sottolinea sia il suo essere il protettore dei mostri, sia il suo rimorso nell’aver ucciso bambini umani. Si capisce quindi perché abbia voluto distruggere il pulsante Pietà fin dall’inizio dello scontro. Asgore, anche se detesta farlo, deve prendere la nostra anima, è quello che i mostri si aspettano che egli faccia, e non può tirarsi indietro proprio ora. Ma il suo nome non è l’unico elemento che mostra le sue due metà contrastanti, quella riluttante all’omicidio e quella legata al suo dovere come sovrano.
La colonna sonora della battaglia, omonima del Re, ha due importanti leitmotiv al suo interno: Heartache e Determination. Il primo, ricordiamolo, era il brano dello scontro con Toriel, rappresentativo del dolore che la donna provava nel doverci affrontare. Tale sentimento lo ritroviamo in Asgore, che vorrebbe tirarsi indietro ma non può, perché è suo dovere portare a compimento ciò che ha iniziato e promesso. Il breve coro che si sente nella parte in cui è presente questo leitmotiv potrebbe quindi essere la voce del suo popolo che riecheggia dentro di lui, costringendolo a non demordere e concentrarsi sul suo obiettivo. A completare questo quadro vi è l’altro leitmotiv, quello di Determination, colonna sonora udibile solo nella schermata di game over del gioco. È stata scelta questa tra le tante sia per il significato del suo stesso titolo applicabile ad Asgore, che nonostante tutto rimane determinato (solo in senso emotivo questa volta, non fisico) di fronte al proprio destino, sia perché è legata al concetto di morte, essendo riprodotta solo quando si viene sconfitti in battaglia. Asgore sa che alla fine di questo scontro qualcuno dovrà morire, o lui o noi, come è conscio che il futuro sarà buio in entrambi i casi. Se vincerà, diventerà l’artefice di un genocidio, sterminando la razza umana per vendicare la sua gente. Se invece morirà, lascerà i suoi sudditi senza una guida, privandoli di quel faro che per tanti anni ha permesso loro di tenere duro e continuare a vivere.
Abbiamo analizzato il suo passato, l’etimologia del suo nome e il brano di battaglia ASGORE, ma c’è un altro elemento di gioco che dimostra la ritrosia che tale personaggio nutre verso questa lotta: il gameplay.
Se davvero Asgore volesse ucciderci potrebbe farlo con attacchi che non lasciano via di scampo, come ad esempio quello in cui ci circonda con le fiamme magiche. In esso eppure un quinto della circonferenza viene sempre lasciata scoperta, permettendoci di non subire danni. Il discorso è analogo per gli altri attacchi, ma uno su tutti è degno di nota: quello con lo scettro. In esso, gli occhi di Asgore si illuminano di arancione e azzurro, premonendo il tipo di offensiva che sta per effettuare. Se saltasse il primo passaggio limitandosi ad agitare passivamente il tridente, sarebbe molto più difficile evitare di essere colpiti. Eppure li illumina, permettendoci di reagire. E il fatto che solo in questo caso decida di incrociare il suo sguardo con il nostro, in uno scontro dove rivolge il viso costantemente a terra per la vergogna che prova nel dover uccidere un bambino, non è qualcosa di poco conto.
Anche se il pulsane Pietà è inaccessibile, nulla ci vieta di agire, in particolare di parlare. Nel caso si combatta Asgore ad un livello superiore al primo tentare un dialogo sarà buono a nulla, ottenendo un secco Ma non c’era niente da dire da parte del gioco. Se però saremo giunti fino alla barriera senza aver guadagnato un singolo Punto Esecuzione, l’effetto sarà diverso. In tal caso, si potrà parlare con lui fino a tre volte:
Sussurri ad Asgore che non vuoi combatterlo. Le sue mani tremano per un momento.
Dici ad Asgore che non hai intenzione di combatterlo. Il suo respiro si fa strano per un attimo.
Dici con fermezza ad Asgore di smetterla di combattere. Il ricordo gli balena negli occhi.
Oltre a smuovere il suo animo, questi dialoghi abbasseranno le sue statistiche di attacco e difesa. Ora che sa che nemmeno noi vorremmo lottare e che ci sta costringendo all’uso della violenza contro la nostra volontà, la sua fermezza e risolutezza non possono che vacillare. Se inoltre, ad un qualsiasi punto dello scontro, decideremo di curarci mangiando la fetta di torta preparata da Toriel, otterremo un’altra risposta emotiva da parte del monarca:
Hai mangiato la crostata al caramello. I tuoi PS tornano al massimo. L’odore ha fatto ricordare ad Asgore qualcosa…
Anche in questo caso, il suo attacco e difesa calano. Asgore è un personaggio che vive nel passato, che non è ancora riuscito a superare lo shock di aver perso tutta la famiglia in poche ore. E sentire un odore familiare in tale scontro lo distrae, ricordandogli che Toriel, l’unica donna che abbia mai amato, non lo perdonerà mai per ciò che ha fatto. Queste ultime due considerazioni in particolare hanno un duplice scopo: uno narrativo, permettendoci di comprendere la natura del nostro rivale, e uno di gameplay, dando modo a chi sia arrivato al boss finale a livello uno di affrontarlo ad armi pari, abbassandogli le statistiche. E dopo aver portato quasi a zero i suoi punti vita, si inginocchierà a terra stremato, narrandoci il suo passato e rivelando egli stesso la sua natura:
“In verità, non desidero potere. Non voglio fare del male a nessuno. Volevo solo che tutti riavessero speranza… però… non ce la faccio più. Voglio solo rivedere mia moglie. Voglio solo rivedere mio figlio. Ti prego, giovane… questa guerra è durata abbastanza. Tu hai il potere. Prendi la mia anima, e vattene da questo posto sciagurato”.
Queste ultime parole tracciano un parallelismo con la sua amata: mentre Toriel era disposta a sacrificare la propria vita pur di non lasciarci proseguire oltre le Rovine, Asgore è disposto a sacrificare la sua anima a noi pur di permetterci di uscire dal Sottosuolo. Non è quindi sbagliato dire che egli abbia distrutto il pulsante Pietà non solo perché qualcuno alla fine sarebbe dovuto morire, ma anche perché ritiene di non meritarsene alcuna, dopo ciò che ha fatto. E per espiare i propri peccati, è pronto a consegnarci spontaneamente la sua anima. Possiamo ora scegliere se dargli il colpo di grazia o risparmiarlo. Nel primo caso, se ne andrà con un sorriso, nel secondo, ci promette che si prenderà cura di noi come una famiglia, ulteriore sintomo del suo attaccamento al passato. Ma la sua volontà di redimersi è ancora più evidente nel caso si ricarichi il salvataggio per combatterlo una seconda volta. Se anche in quest’occasione mostreremo pietà, le sue parole saranno diverse, più “sincere” possiamo dire, come se Asgore avesse fatto i conti con la realtà dei fatti:
“Vi è un’antica profezia fra la nostra gente… un giorno, verrà un salvatore dal cielo. Credo che quello ad essere stato profetizzato sia tu. Da qualche parte nel mondo esterno dev’esserci un modo per liberarci dalla nostra prigione. Mi addolora darti questa responsabilità, ma ti prego. Prendi la mia anima… e cerca la verità.”
A questo punto, Asgore si suicida.
“Ha… ha… mi spiace… non ho potuto darti un semplice lieto fine… ma credo che la tua libertà sia ciò che mio figlio… ciò che Asriel avrebbe voluto”.
È vero che Flowey l’avrebbe ucciso in ogni caso, ma una scena del genere scuote non poco chi sta giocando. Rende inoltre chiaro come siamo noi l’angelo della profezia, che porta a termine la stessa solo in una pacifist o in una genocide.
Potremmo liquidare velocemente la questione “Asgore in una partita genocida” con delle battute, ma così non gli renderemmo giustizia. In questo caso il Re, ormai privo di sudditi, si stupirà nel vederci, trasmettendoci l’idea che sia stato Flowey il primo a parlargli di noi. Tentando poi di dissuaderci dall’uso della violenza con dolci parole, si farà uccidere con estrema facilità dal nostro avatar. La domanda fondamentale è una: ma Alphys non avrebbe dovuto avvertirlo, dopo la morte di Undyne, del nostro arrivo, richiedendogli di assorbire le anime umane? In teoria sì, quindi come spiegare la sua ingenuità? In modo semplicistico potremmo dire che Asgore non ha dato ascolto alle parole di Alphys, o che quest’ultima non abbia in primo luogo contattato il suo superiore per qualche strano motivo. La prima spiegazione è abbastanza assurda, in quanto è vero che Asgore è un pacioccone e non farebbe del male a una mosca, ma di certo non è uno stupido. Di fronte a un pericolo reale e palese quale diventiamo noi in questo caso, che ha sterminato metà del suo regno compresa colei che ha addestrato per anni come fosse sua figlia, sarebbe ovvio un intervento immediato di Asgore. Probabilmente non sarebbe nemmeno stato ad attenderci nella sala del trono, avrebbe assorbito le sei anime raccolte per stanarci subito e fermarci. E pensare che Alphys non abbia portato a termine le ultime volontà della sua amata sarebbe aberrante, e ci porta pertanto a essere sicuri che abbia inviato la richiesta di soccorso. Siamo allora punto e a capo: perché Asgore non ha assorbito le anime, stupendosi del nostro arrivo? Perché, forse, non ha mai ricevuto il messaggio di Alphys.
Cerchiamo di spiegarci meglio. Tra la Dottoressa di corte e il monarca c’è di mezzo Sans, ben conscio del potere che possiede la determinazione. In ogni istante della nostra avventura è stato ad osservarci di nascosto, senza mai agire se non nell’Ultimo Corridoio. Era pertanto a conoscenza del messaggio che Alphys avrebbe voluto inviare ad Asgore. Ma cosa avrebbe comportato l’arrivo di tale missiva? L’acquisizione da parte del sovrano di un potere inimmaginabile, ben superiore al nostro, capace senza dubbio di fermarci. E diciamo senza dubbio non a caso.
In Undertale ci sono pochi specifici esseri dotati di determinazione umana (escludiamo quindi Undyne the Undying, che la produce autonomamente): noi, Flowey, Omega Flowey e Asriel versione “assoluto dio dell’ipermorte”. Ciò che però non viene detto esplicitamente, ma a volte si rende palese, è che l’essere con maggiore determinazione presente nel Sottosuolo controlla sì il potere del reset, ma non può tornare indietro nel tempo ad un momento precedente a quello in cui è diventato, appunto, l’essere con più determinazione del regno. Noi possiamo resettare al massimo al momento della nostra caduta nel monte Ebott, Flowey al momento in cui è diventato un fiore, e Omega Flowey all’istante in cui ha assorbito le sei anime umane. Asriel rimane l’unica incognita, dato che più volte afferma di voler resettare l’intera linea temporale. Potrebbe anche farlo, dato che ha il potere di sette anime umane, ma ciò è irrilevante ai nostri fini. L’importante è sapere che il potere del reset dato dalla determinazione è limitato. Riusciamo inoltre a sconfiggere Omega Flowey grazie alla ribellione delle altre anime umane, e questi, per quante volte ci sconfigga, non assorbe mai la nostra settima anima per diventare onnipotente. Potrebbe non farlo perché si diverte ad ucciderci reiterate volte, oppure dobbiamo ammettere che gli sia, per qualche ragione, impossibile. Ma cosa accadrebbe allora se Asgore assorbisse le sei anime?
Molto probabilmente queste non si ribellerebbero a lui, ma al contrario lo aiuterebbero a sconfiggerci. Sarebbe anche piuttosto semplice, dato che la volontà del mostro è concorde a quella degli umani, che erano invece contrari agli scopi di Omega Flowey. Ma una volta fatto ciò, Asgore non avrebbe potuto resettare ad un momento precedente allo scontro. Ovvero, addio per sempre Toriel, Papyrus, Undyne, numerosi cittadini e nel peggiore dei casi anche Mettaton e qualche altro abitante. E Sans ha tutto l’interesse nel far sì che ciò non accada. Se il Re ottenesse tale potere, lo scheletro non avrebbe più speranze di rivedere suo fratello. L’unico modo che ha per riportare indietro Papyrus è sconfiggere noi, il giocatore, il cui punto di reset arriva fino a Rovine. L’intero suo scontro, come abbiamo visto, è un disperato tentativo di convincerci a ricominciare, proprio perché egli sa che siamo gli unici capaci di far tornare le cose com’erano prima. Sans, dunque, potrebbe aver intercettato il messaggio facendo sì che non arrivasse mai ad Asgore. Sul come non possiamo dire molto. Potrebbe aver spiegato ad Alphys queste posizioni, facendole realizzare che Undyne non sarebbe potuta tornare in vita, o potrebbe aver interrotto le comunicazioni tra i due in altro modo, lasciandoli all’oscuro di tutto e cercando di risolvere le cose per conto suo. Ciò che è certo è che Asgore non era stato avvertito del nostro pericolo, anche se Alphys aveva cercato di entrare in contatto con lui.
“Idiota. In questo mondo, o uccidi o SEI ucciso.”
–Flowey
Siamo giunti a Flowey, reincarnazione vegetale del fu principe dei mostri Asriel Dreemurr. Anche se, come vedremo, i due condividono i ricordi ma non la morale o i metodi, cosa che li rende personaggi distinti.
Anche se lo stiamo trattando in calce, Flowey è il primo mostro con cui abbiamo il (dis)piacere di confrontarci appena messo piede nel mondo sotterraneo. Il suo siparietto di un minuto, che prende in giro le fasi di tutorial iniziali di un qualunque RPG, cattura fin da subito l’attenzione. Si presenta come un essere simpatico e gentile, e anche la sua colonna sonora, Your Best Friend (Il tuo Migliore Amico), crea un’atmosfera sostanzialmente amichevole. Ma l’apparenza inganna, in quanto in pochi secondi rivelerà la sua malizia, cercando di ucciderci senza lasciar via di fuga. Si potrebbe anche azzardare a dire che Flowey è simbolo del gioco intero. Undertale, fin dal titolo, appare come niente di speciale, solo l’ennesima avventura GDR pixelosa che sembra non aver molto da raccontare, e si presenta con un generico fiore parlante. Ma più ci si immerge nel suo mondo, più si scopre che ci si è imbattuti in un’esperienza unica e atipica, vedendo nei primi istanti come quello che sembrava nostro amico sia in realtà un essere malevolo e spregiudicato. Lo stesso effetto del “Non giudicare un libro dalla copertina” verrà ripreso ed estremizzato alla fine della prima partita giocata, quando dovremo combattere il fiore nella sua forma semi-divina. Dopo aver dato il colpo di grazia ad Asgore, Flowey assorbirà infatti le sei anime umane, per poi chiudere il gioco. Un altro colpo di scena non di poco conto, anche se sicuramente non originale. Ciò che invece è originale è quello che ci si trova davanti una volta riaperto il software. Un gioco glitchato, apparentemente buggato, “rotto” in gergo, se non fosse per numerosi dettagli inquietanti: Il fatto che la cutscene di inizio avventura racconti ora che le due razze “Un giorno, sparirono senza lasciare traccia”; il nome dell’applicazione che cambia in modo insensato e repentino, se si sta giocando da finestra; il salvataggio corrotto denominato “Il mio mondo” che ha come protagonista “Flowey”, con tutti i valori numerici (livello e ore di gioco) modificati a svariati 9 messi in fila, simbolo nei giochi di ruolo del massimo raggiungibile; e infine, vedere Flowey distruggere davanti a noi il nostro salvataggio, mentre se la ride e ci ringrazia per aver indebolito Asgore, dandogli così modo di ucciderlo e impossessarsi delle anime. Ma è ciò che accade dopo il suo discorso che mostra davvero quanto Undertale sia un’opera capace di distinguersi dalle altre: la nascita di Omega Flowey. Utilizzando il potere delle sei anime umane, il fiore assume una nuova e spaventosa forma, quasi lovecraftiana. Una mostruosità tale da riempire l’intero schermo, il cui nucleo ricorda la struttura di un fiore, ma i petali sono sostituiti da tubi e dal pistillo fuoriesce una bocca verticale, le cui labbra sono indipendenti nel movimento. Ai lati del pistillo e sui petali centrali, quattro occhi si muovono circolarmente, mentre la parte superiore della creatura è capeggiata da uno schermo, che mostra ora una macabra caricatura del viso di Flowey, ora una volto umano in bianco e nero che si agita convulsamente. Una sorta di naso sta alla base del televisore, mentre altri cavi e imponenti piante grasse sorreggono la struttura da incubo. Due verdi e spesse braccia, composte dall’unione di rampicanti e vegetali, si estendono lungo i lati dello schermo, terminando in rossi artigli capaci di trasformarsi in piante carnivore. E noi, sotto forma di piccola e rossa anima, possiamo solo muoverci disperatamente in uno spazio limitato, subendo i suoi attacchi scorretti e dinamici, da cui possiamo salvarci solo mantenendo sangue freddo e prontezza di riflessi.
Non stiamo parlando del solito boss finale con generici poteri divini, ma di un concentrato di genialità capace di stupire più lo si analizza nel dettaglio. Le sue capacità sovrannaturali infatti si esplicano in concetti di gioco concreti a cui siamo abituati, il che permette al giocatore di comprendere l’immenso potere che ora il fiore possiede, ed è forse questo che lo rende così spaventoso. Innanzitutto, la cosa più ovvia, ovvero la grafica del corpo di Omega Flowey, non più composta da pochi pixel in bianco e nero, ma da un insieme di immagini nitide e ad alta risoluzione, con numerosi colori e sfumature. Il televisore mostra per la maggior parte del tempo immagini cupe e apparentemente angosciose di Toby Fox (l’autore di Undertale), come se il potere di Flowey fosse tale da superare quello del, se vogliamo, vero “dio” (in quanto creatore) di questo mondo. I suoi attacchi, oltre ad essere a volte disturbanti, sono tutti molto più difficili di quelli di Asgore, non rispettando quindi la classica curva di difficoltà tipica di ogni videogioco, in quanto il suo obbiettivo non è combatterci, ma farci soffrire. È solo grazie all’intervento delle anime che la battaglia viene resa gestibile. In vari momenti compare scritto nell’angolo in basso a sinistra dello schermo di gioco “File x caricato”, dove x è una variabile, e Flowey utilizza la sua rinata abilità di salvare e caricare la partita per metterci in difficoltà ed essere sempre un passo avanti a noi. A volte ricarica di pochi istanti il file solo per colpirci con un attacco che precedentemente ci aveva mancato. Anche la colonna sonora va menzionata, atta a rivelare la vera natura del fiore, che in qualche modo sublima la contrapposizione apparenza-realtà che riscontriamo in tutto Undertale. Giocando infatti sul nome della prima musica di gioco, Your Best Friend, il tema musicale è ora Your Best Nightmare, Il tuo Migliore Incubo. Inutile dire che le due condividano lo stesso leitmotiv, ma nel secondo caso la melodia è storpiata, macabra, composta da un insieme di suoni ad alto volume, che ci impanicano maggiormente in questo terribile scontro non alla pari.
Quello che vogliamo dire insomma è che Flowey, nel piccolo mondo di Undertale, è diventato a tutti gli effetti un essere con capacità divine, col comando della realtà che lo circonda. È come se si rendesse conto di essere in un videogioco, trasformandosi da programma a programmatore: aumenta la risoluzione della sua grafica, usa i salvataggi da lui creati per avvantaggiarsi, mostra nello schermo le immagini del creatore stesso del gioco, non ci permette di attaccare o agire in alcun modo, e quando lo fa, lo fa per illuderci di avere speranze di vittoria. Un incubo da cui sarebbe impossibile uscire, se non fosse che la volontà delle anime umane non è concorde con quella del fiore. È infatti grazie a loro se la sua difesa scende a zero e possiamo poi attaccarlo a ripetizione, avendo come sottofondo Finale, una colonna sonora che condivide il leitmotiv di Your Best Nightmare. Riprendendo le sue note in una chiave più determinata, travolgente e spavalda, essa incentiva a non arrendersi e trionfare sul matto vegetale, che dopo aver ricaricato un vecchio salvataggio in cui era ancora al massimo dell’energia, viene definitivamente sconfitto dalla ribellione delle anime umane, che lo lasciano in fin di vita. Di nuovo, il giudizio decisivo sta a noi: ucciderlo o risparmiarlo. La scelta parrebbe scontata, ma ancora una volta il gioco vuole metterci alla prova, chiedendoci implicitamente di provare che siamo meglio di lui. Lo si vede anche nelle conseguenze delle due opzioni. Se lo si ammazza, gli daremo ragione riguardo al fatto che si può solo uccidere o essere uccisi, un dualismo che non permette vie di mezzo e che propone un metodo semplicistico e sbrigativo di risolvere i problemi. Non a caso le sue ultime parole saranno “Lo sapevo che ce l’avevi dentro!”. Risparmiarlo non è facile, ma ripaga. Infatti il fiore inizialmente non accetterà la nostra pietà, ma cercherà al contrario di incentivarci a dargli il colpo di grazia, minacciando di uccidere tutti coloro che amiamo nel caso lo si lasci a piede libero. Dopo numerosi tentativi, però, egli fuggirà confuso, in preda alle lacrime. A seguito della telefonata di Sans si ripresenterà davanti a noi, chiedendoci di resettare la partita e non uccidere nessuno così da ottenere un finale migliore. Può sembrare quindi che Flowey abbia cambiato idea riguardo la sua politica, abbandonando le mire da megalomane in favore di un atteggiamento più altruista. E inizialmente pare essere così: giunti alla fine di una partita pacifica, Toriel impedisce a noi e Asgore di combattere, e Sans, Papyrus, Undyne e Alphys fanno la loro comparsa per ringraziarci del nostro comportamento, promettendoci un’ottima vita nel Sottosuolo. Ma non appena tutti i mostri dell’Underground si saranno radunati per darci manforte, il fiore rivelerà la vera natura del suo piano: farci diventare amici di tutti così da assorbire non solo le sei anime umane, ma anche quelle di ogni altra creatura del regno, che insieme, ricordiamolo, pareggiano quella di un umano. Un potere, quello di sette anime, ben superiore rispetto a quello ottenuto precedentemente. Flowey ha ora abbastanza forza da poter assumere la sua forma originaria, quella di Asriel Dreemurr. E dopo una battaglia contro l’essere più potente del gioco, aka l’assoluto dio dell’ipermorte, riusciremo non a sconfiggerlo, non ad avere pietà di lui, ma a salvarlo. Il ragazzo capra, potendo di nuovo provare empatia e sentendo i cuori di tutti battere insieme, perderà tutta la cattiveria che aveva mostrato da fiore. E dopo aver usato le anime per rompere la barriera restituirà queste ultime ai loro legittimi proprietari, chiedendoci di avere cura dei suoi genitori. Questo e i dialoghi che possiamo avere con lui se torniamo all’inizio di Rovine dimostrano come i due personaggi, pur essendo due facce della stessa medaglia, siano in realtà molto diversi. Asriel stesso ci chiede, alla fine del gioco, di non ricordarlo come un fiore malvagio, ma come “qualcuno che ti è stato amico per un breve tempo”. Egli infatti rinnega ciò che ha fatto da fiore, comprendendo però anche che, non potendo provare emozioni in quella forma, non riuscirà a sottoporre il suo operato alla legge morale. È per questo che Asriel desidera che noi lo ricordiamo come un ragazzo gentile. Certo, Flowey non è altro che la sua reincarnazione, ma una in cui sono assenti emozioni e sussiste solo una volontà egoistica di dominare il mondo, alla ricerca disperata di un appagamento che è impossibile trovare. Pertanto, i due condividono i ricordi della vita prima di Chara, ma non possono essere pensati come medesimo personaggio. Sarebbe anzi scorretto nei confronti di Asriel.
Ma torniamo ora a parlare di Flowey. Un altro motivo per cui è grazie a questo personaggio che ci si rende conto di come Undertale sia un’avventura più unica che rara è il suo continuo “rompere la quarta parete” (virgolettato perché sarebbe più corretto parlare di una rottura inversa della quarta parete, ma ne parleremo come si deve in calce a questo articolo). Se ne ha subito un esempio alla fine di Rovine. Poniamo di aver ucciso Toriel, essercene pentiti e aver ricaricato il salvataggio per risparmiarla. In questo caso, il dialogo del fiorellino muterà, risultando in un inaspettato commento: “Geniale. Davveeeeero geniale. Ti credi tanto intelligente, non è così? (…) Ma non montarti la testa. So cos’hai fatto. L’hai uccisa. E quindi sei tornato indietro, perché ti sentivi in colpa”. Qui, per la prima volta, il giocatore viene a conoscenza di un aspetto fondamentale del gameplay, cioè che ogni sua minima azione ha delle conseguenze, e ricaricare la partita può aiutare solo fino a un certo punto. Ovvio, non tutti si imbattono in questo evento. C’è chi infatti accetta la sua scelta e decide di non ricaricare. Ma per i cosiddetti “furbetti”, Flowey ha in serbo una lezioncina non di poco conto. Un altro caso lo abbiamo già analizzato in Omega Flowey, dove il fiore corrompe i nostri file di gioco, salva, ricarica, modifica il suo aspetto grafico etc.
Ma è alla fine di una genocide che c’è forse il dialogo più inquietante, diviso in due critiche che l’autore, mediante questo personaggio, fa ai giocatori e non. Nella Nuova Casa, il fu principe dei mostri racconterà del suo passato, narrando di come la determinazione lo avesse inizialmente portato ad usare i suoi poteri per buoni scopi, salvo poi cambiare totalmente idea: “All’inizio, usai i miei poteri a fin di bene. Divenni “amico” di chiunque. Risolsi alla perfezione ogni loro problema. La loro compagnia mi divertì… per un po’. Col ripetersi del tempo, la gente si dimostrava prevedibile. Che direbbe questa persona se le dessi questo? Che cosa farebbe quest’altra se le dicessi questo? Una volta che sai la risposta, è tutto lì. È tutto ciò che sono.
Iniziò tutto perché ero curioso. Curioso di sapere cosa sarebbe successo se li avessi uccisi. ‘Non mi piace farlo’, mi dicevo. ‘Lo faccio solo perché DEVO sapere cosa succede poi’. Ha ha ha… che razza di scusa!”.
Si può notare facilmente come Flowey stia tracciando un parallelismo tra il suo passato e la nostra esperienza di gioco, dando per scontato, di nuovo, che si stia giocando una genocide a seguito di una pacifist. Anche noi abbiamo aiutato tutti i personaggi donandogli il finale migliore possibile, salvo poi distaccarcene emotivamente in quanto non sono altro che “PNG”, ovvero esseri che non partecipano attivamente al gioco. E una volta esserseli baloccati a dovere avendo risposto “sì” e “no” a ogni loro domanda per vedere le loro reazioni, non c’è molto altro da fare. È qui che scatta la curiosità, la smodata volontà di sapere cosa accadrebbe se facessimo una partita opposta a quella pacifica. Ma sarebbe giusto, a seguito di questo desiderio, porsi una domanda: se potessimo mettere mano a un potere come quello della determinazione presente in Undertale, capace di farci controllare lo scorrere del tempo, saremmo in grado di usarlo a fin di bene, regalando a chiunque il miglior futuro possibile? O ci faremmo soggiogare dalla curiosità di esplorare le infinite vie della possibilità, dimenticando la morale e tarando le nostre azioni sull’appagamento che esse ci portano? Perché cominciare a vedere le persone non come esseri dotati di libero arbitrio ma come burattini intrappolati in un processo di azione-reazione prevedibile e controllabile, non li rende tanto diversi dai Personaggi Non Giocanti di un gioco, verso i quali l’empatia diminuisce. Potrebbe essere però una riflessione difficile da contestualizzare nel mondo reale, dove un potere simile è fuori dalla nostra portata. Ed è per questo che ogni personaggio di Undertale è così dannatamente caratteristico e pieno di personalità, come se fosse vivo. L’autore vuole farci affezionare a queste creature per costringerci a fare un esame di coscienza quando ci ricopriamo di polvere. Cosa sono per noi Toriel, Papyrus, Undyne, Mettaton e tutti gli altri? Sono davvero semplici esseri immaginari? O siamo riusciti ad affezionarci a loro, durante le partite precedenti? E nel caso, perché siamo riusciti a distaccarcene così facilmente? Perché riconosciamo che sono parte di un gioco? O forse perché, avendo la sicurezza che non ci saranno conseguenze, agiremmo volentieri in modo immorale e illegale? Ma attenzione: l’autore pone implicitamente queste domande, lasciando però a noi l’ardua sentenza.
A fianco di questa riflessione troviamo anche un’umiliazione. Mentre Papyrus ha cercato di farci riflettere sul nostro operato in modo civile e la battaglia con Undyne ci ha lasciato intendere chi fosse il vero antagonista, Flowey non usa mezzi termini. Un essere come lui, verso il quale magari avevamo provato disgusto dati i suoi piani di conquista, la sua violenza, la sua apatia, la sua mentalità da freddo e imperdonabile assassino, ci sta mostrando come non ci sia differenza tranoi due. È la nostra sconfitta, la degradazione finale, ma non la maggiore prova di insensata malvagità, che avrà luogo solo alla fine del gioco. Avevamo però detto che le critiche erano due. Vediamo dunque la seconda, quella più innovativa e originale. Il dialogo di Flowey continua nel seguente modo: “Tu meglio di tutti saprai bene quanto è liberatorio comportarsi in questo modo. Se non altro siamo meglio di quei depravati che se ne stanno lì a GUARDARE mentre tutto questo accade. Quegli esseri patetici che vogliono vederlo, ma che sono troppo vili per farlo con le loro stesse mani. Scommetto che qualcuno del genere ci sta guardando proprio adesso, non è così…?”
Questo dialogo mostra come Toby Fox sia uno sviluppatore sì indipendente, ma non isolato. Egli conosce l’internet di oggi. L’intero gioco contiene citazioni al mondo online, e parte della sua comicità si basa proprio sul non-sense e sui meme che popolano la rete. Ma allo stesso tempo, egli sa bene che oggi i videogiochi non hanno solo uno scopo ludico individuale, ma anche, occasionalmente, di intrattenimento pubblico. Toby sa bene, insomma, che oggigiorno non è raro vedere let’s play e guide di un gioco su Youtube, dove dei ragazzi si divertono a giocare questi titoli, registrandosi nel farlo, per poi pubblicare i loro video online. E così facendo, quasi prevedendo che Undertale avrebbe avuto un certo successo, lascia che anche gli “spettatori da casa” riflettano su quello che stanno facendo. Stanno assistendo ad un genocidio, potenzialmente tifando per l’artefice di tale massacro, supportandolo con mi piace e commenti e non perdendosi nemmeno un episodio. Anche loro, testimoni di questo eccidio, sono responsabili tanto quanto il suo attuatore, se non di più sotto un certo punto di vista. Loro, che sono curiosi di sapere cosa accadrebbe seguendo la via della violenza, ma che sono troppo vigliacchi per sporcarsi le mani direttamente, preferendo che sia qualcun altro a fare il lavoro sporco.
Torniamo ora a parlare dell’atteggiamento che Flowey mantiene durante una genocide. Inizialmente, dopo aver impolverato tutte le Rovine, egli approverà il nostro comportamento, affermando che “noi non siamo davvero umani”. Arriverà perfino a chiamarci per nome, cosa che nessun altro personaggio fa nel corso dell’avventura. Ma nella Nuova Casa, dopo averci parlato a lungo del suo passato, la sua mentalità corrotta e spietata lo porterà ad una conclusione inquietante perfino per lui, che lo farà tremare fino alle radici: “(…) Perché ti sto raccontando tutto questo? Te l’ho detto prima. Anche dopo tutto questo tempo… sei ancora l’unica persona che mi capisce. Tu non proveresti dell’inutile pietà per me! Creature come noi non esiterebbero ad uccidersi a vicenda se uno intralciasse l’altro. Quindi… quindi… è per questo… che…
…ha… ha… che cos’è questa… sensazione? Perché sto… tremando? Hey… senti… nessun rancore per ciò che accadde allora, vero? H-hey, che stai facendo!? A… allontanati!!”
Flowey, un sociopatico di prima categoria, è spaventato da noi e dal nostro comportamento. Ha compreso che la sua mentalità criminale gli si sta ritorcendo contro, e adesso che non è più la sua determinazione ad essere predominante nel Sottosuolo, venire ucciso significherebbe morire definitivamente. Se da un lato, durante una partita pacifica, è l’affetto e l’amicizia a far rinsavire Asriel convincendolo a fare la cosa giusta, dall’altro, durante una genocida, è la paura a scuotere Flowey, che fino a quel momento era completamente apatico. Altra riprova che il nostro atteggiamento può cambiare molto le persone intorno a noi, nel bene e nel male. Questo è inoltre un ennesimo campanello d’allarme per il giocatore. Se perfino il malvagio fiorellino è spaventato dalla nostra sola presenza, forse è il momento di gettare la spugna e abbandonare questo cammino di prepotenza. Ma nel caso si decida di proseguire uccidendo Sans e giungendo al cospetto di Asgore, si assiste all’ultima possibilità di fare dietrofront. Qui Flowey darà il colpo di grazia a suo padre come in una neutral (anche se in realtà è superfluo, dato che il nostro danno al ventesimo livello è allucinante), pregandoci poi di avere… pietà. Quella stessa pietà che lui aveva considerato inutile, ringraziandoci per non averne mai provata nei suoi confronti: “Visto? Non ti ho mai tradito! Era tutto un trucco, visto? Stavo aspettando di ucciderlo per te!”. Non è di poco conto il fatto che ora muti il suo viso mimando quello di Asriel: “Dopotutto sono sempre io il tuo migliore amico! Sono utile, posso servirti, prometto che non ti intralcerò, posso esserti d’aiuto… posso… posso…”, concludendo mutando perfino la voce a quella che aveva originariamente, “Ti prego non uccidermi.”
Premendo invio, il nostro personaggio colpirà il fiore col coltello, in una scena di pochi secondi a dir poco grottesca. È questo il culmine della nostra violenza: dimostrare di essere più crudeli di colui che ha fatto del male, si è pentito, e ha chiesto pietà, senza però ottenerla. Questa scena ci porta dritti dritti all’ultimo personaggio che analizzeremo in questo articolo.
“Devi aver capito male. DA QUANDO ERI TU AD AVERE IL CONTROLLO?”
–Chara, lo specchio della nostra anima
Più che approfondire questo personaggio tenteremo di smontare l’idea generale che il web si è fatto di esso, per poi ricostruirne una più organica basata su ragionamenti logici.
Chara, spesso identificata come una bambina, viene vista come un essere spregevole, che vive solo per fare del male e vera artefice di una partita genocida. È praticamente diventato un meme il fatto che molti giocatori, alla fine del massacro, ne addossino la responsabilità a questa ragazzina. Pensare insomma che Chara sia solo questo, cioè una bambina che senza apparente motivo vorrebbe uccidere ogni creatura vivente, dimostrerebbe solo un approccio critico superficiale e completamente fallace, che non rende giustizia a una buona parte dell’opera. Cerchiamo quindi di fare chiarezza.
Cominciamo con una contestualizzazione: Chara è il primo umano caduto nel sottosuolo, fratello acquisito di Asriel e successivamente diventatone parassita, quando le due anime si sono fuse insieme. Esso compare alla fine di una partita genocida. Dopo aver ucciso Flowey, lo schermo diventerà nero per qualche secondo, per poi mostrare una figura simile a quella del nostro avatar al centro della finestra. L’essere si presenterà come Chara, ringraziandoci per averlo risvegliato con la nostra determinazione e anima umana, permettendogli di reincarnarsi nel corpo del personaggio che abbiamo controllato finora. Affermerà di aver finalmente realizzato lo scopo di questa sua resurrezione, ovvero l’ottenimento di un enorme potere. Dopodiché, sostenendo che non ci sia più niente da fare in questo mondo, ci proporrà di passare al prossimo, così da distruggerlo. Nel caso si accetti la proposta, affermerà che siamo degli ottimi partner e che resteremo insieme per sempre. Nel caso la si declini, ne rimarrà stupito, chiedendoci da quando pensavamo di essere noi quelli ad avere il controllo della situazione, spaventandoci poi con un jumpscare. Indipendentemente dalla risposta, Chara distruggerà poi il mondo di gioco, attaccando la finestra dello stesso che si chiuderà poco dopo.
Precisiamo ora un errore comune che anche noi, per rendere di più facile comprensione gli avvenimenti alla fine di una genocide, abbiamo dovuto commettere qui sopra nel parlarvene: è sbagliato chiamare univocamente questo personaggio Chara. Infatti, quando ci si interfacci con lui, esso non si presenta col nome di Chara, ma col nome che avremo dato all’”umano caduto” all’inizio del gioco, presumibilmente il nostro nome, quello del giocatore stesso insomma. Infatti Undertale ci rivela, alla fine di una pacifist, che il nome scelto per l’umano caduto all’inizio dell’avventura non è quello dell’umano con cui giochiamo, Frisk, ma quello del primissimo umano che cadde nel monte Ebott, quello che appunto venne adottato dalla famiglia reale. Ci sono altre scene nel gioco che lo rendono evidente, ma basta e avanza il finale di una partita pacifica per convincersene. Inoltre, anche se la sagoma può sembrare più femminile che maschile, questo umano, così come Frisk, vuole essere asessuato, affinché il giocatore si identifichi in esso. Ma allora, perché questo personaggio viene universalmente riconosciuto come Chara? Ci sono fondamentalmente due risposte complementari per questa domanda. La prima è che nei file di gioco gli sprite del personaggio sono tutti denominati “chara” con l’aggiunta di qualche precisazione e numero. Inoltre, chiamando l’umano caduto Chara, il gioco, anziché chiederci se vogliamo confermare il nome, si limiterà a commentarlo passivamente come “Il vero nome.” Il secondo motivo è che, se non esistesse un nome di default per questo specifico personaggio, gli utenti nel parlarne avrebbero dovuto riferirsi a lui con dei soprannomi, cosa poco pratica. Allo stesso tempo, questo nominativo non è stato scelto a caso dall’autore. Chara è infatti diminutivo di “Character”, ovvero “Personaggio”. Tutto ciò è in linea con molti RPG simili: si dà il proprio nome al personaggio che andiamo ad interpretare così da aumentare l’immersione nel gioco.
Pertanto, quella che viene universalmente riconosciuta come Chara altro non è che il personaggio a cui abbiamo dato il nostro nome, ed è bene tenerlo a mente per capire l’importanza di tale immedesimazione. Noi continueremo a chiamarlo comunque col suo nome di default per pura semplicità. Ma se l’avatar con cui giochiamo si scopre essere Frisk e non Chara, dove sarebbe l’immedesimazione? È una domanda legittima, a cui però si risponde facilmente dicendo che siamo noi, il giocatore, a controllare Frisk durante tutta la partita. Per di più, si scopre solo alla fine di una pacifist, in un punto quindi avanzato del gioco, che quello che abbiamo controllato finora non era il personaggio a cui avevamo dato il nostro nome. Sarebbe allora più corretto chiedersi: Perché controlliamo Frisk, se il personaggio a cui abbiamo donato la nostra identità è Chara? Stavolta, per rispondere, dovremo tenere presenti più elementi di gioco.
Ricordiamoci innanzitutto che Toriel, dopo la morte di Asriel, decise di portare con sé a Rovine il corpo di Chara, ritenendo che Asgore non gli avrebbe dato una degna sepoltura. Ma in che senso “una degna sepoltura”? Sappiamo che le anime dei sei umani caduti vengono conservate in dei contenitori di vetro, pronte così all’uso, mentre i loro corpi sono stati mummificati e tenuti nella bare situate nella cantina del castello. Ciò implica che il petto di questi cadaveri sia stato profanato e quindi sfigurato. Toriel, che probabilmente non voleva ciò accadesse al corpo di Chara, ultimo ricordo materiale di uno dei loro figli, avrà voluto salvarlo da questo destino, lasciando dunque l’anima al suo interno. Ma di preciso, dove è stato sepolto? Si potrebbe ipotizzare che si trovi sotto l’albero situato davanti alla casa della donna capra, e che il fusto fatichi a far crescere foglie perché il suo “concime” era di natura violenta. C’è però da dire che questa è una soluzione un po’ poetica, in quanto al massimo potrebbe essere lo stato fisico del cadavere ad influenzare l’albero, non la psiche dell’essere che abitava in quel corpo. Inoltre questa pianta trova la sua ragion d’essere in un paragone con Toriel: così come lei non è mai riuscita a proteggere gli umani che sono caduti nel sottosuolo, fuggiti e morti oltre l’uscita di Rovine, allo stesso modo questo albero non riesce a sorreggere le foglie che nascono sui suoi rami. Una tomba più plausibile è il letto di fiori gialli su cui Frisk cade all’inizio, e per una serie di motivi. Da una parte, in specifici punti del gioco, possiamo trovare ai piedi di questo Toriel o Asriel che affermano “Qualcuno deve prendersi cura di questi fiori”, come se volessero tenere sempre ordinato il luogo in cui riposa un loro caro. Dall’altro, permette di giustificare la presenza di Chara nel corpo di Frisk.
Sappiamo, dalle parole di Asriel, che quando l’anima di un mostro si fonde con quella di un umano le loro volontà si scontrano per cercare di dominare il corpo. Questo, almeno, accade quando le due entità hanno scopi diversi, basti pensare a Chara che voleva uccidere gli umani in superficie e Asriel che invece voleva tornare nel Sottosuolo. Assumendo quindi che il primo umano fosse sepolto sotto al letto di fiori, possiamo immaginare che la sua anima abbia parassitato il corpo di Frisk nel momento in cui questo è caduto sopra alla tomba. E sapendo che le anime umane possono persistere a lungo dopo la morte e che Toriel ha lasciato intatto il corpo del figlio adottato, ciò è plausibile. Ma possiamo essere sicuri che due anime della stessa specie, in questo caso quella umana, possano sussistere nello stesso corpo? Forse sì, se ricordiamo Omega Flowey. Esso infatti era nato dalla somma della volontà di Flowey con le sei anime umane. Anche se queste erano assoggettate al volere di un mostro, di fatto le uniche anime presenti in quel corpo appartenevano alla razza della superficie, con la completa assenza della controparte mostruosa, in quanto Flowey non è dotato di anima. Pertanto, non è così assurdo pensare che nel corpo di Frisk, oltre alla sua anima, alberghi silenziosamente anche quella del primo umano. E avremmo in realtà conferma della convivenza delle due in vari punti di una partita genocida, punti dove la volontà di Chara supera quella dell’altro umano, facendo muovere il suo corpo senza un nostro input. Pensiamo ad esempio a quando il nostro avatar calpesta i puzzle di Papyrus; a quando sta per aggredire Monster Kid; a come avanzi verso Mettaton in modo impaziente non appena se lo trova davanti; a come ignori l’avvertimento di Sans facendo “un passo avanti”, dichiarandogli di fatto guerra. Volendo essere più generici ci basta pensare al fatto che, da Cascate in poi, gli incontri casuali non sono più segnalati da un punto esclamativo, ma da una faccia sorridente. O ancora, pensiamo a come la descrizione di alcuni oggetti o situazioni cambi all’interno di una genocide, ad esempio quando ci specchiamo, dove il personaggio commenta “Sono io, Chara”, diversamente dal classico “Sei tu!” che si ottiene in qualsiasi altra partita. Insomma, il motivo per cui riusciamo a controllare Frisk è che il personaggio a cui abbiamo dato il nome (il nostro vero avatar) si trova nel suo corpo. Solo che più si prosegue una partita genocida e più questo comincia ad agire in modo indipendente da noi, eseguendo azioni di movimento e non solo anche quando non immettiamo alcun comando da tastiera. Il culmine di questa “presa di coscienza” l’abbiamo proprio alla fine, quando il nostro avatar, quello a cui avevamo dato il nostro nome, si interfaccia con noi.
Ma in fin dei conti, che cos’è Chara? Niente più e niente meno del classico personaggio protagonista a cui si dà spesso il proprio nominativo in vari RPG. Ma la particolarità che esso ha in Undertale risiede tutta in una domanda che Toby Fox vuole farci fare: che cosa è PER NOI il nostro avatar virtuale?
Ebbene, i videogiochi esistono per una serie di motivi: per divertire, per insegnare, per simulare, per raccontare una storia, per comunicare l’arte etc.. Ma un filo conduttore riscontrabile nella maggior parte di essi consiste nella loro capacità di farci fare esperienze che nella vita reale sarebbero impossibili. Pensiamo ad un gioco fantasy, dove siamo a volte chiamati a salvare la principessa di turno e altre a combattere dall’altra parte della galassia a bordo di navicelle iper-futuristiche, scoprendo magari specie animali e vegetali che nel nostro mondo non esistono. Tuttavia, i videogiochi possono anche permetterci di fare cose che nella vita reale, nella nostra società moderna, sarebbero sì attuabili, ma considerate illegali e immorali. Basti pensare agli sparatutto, dove possiamo imbracciare un’arma da fuoco e sparare a vista. Certo, a volte questi possono servire per far rivivere ai giovani fatti bellici realmente accaduti, come le due guerre mondiali, così da fargli quasi vivere la storia dell’epoca. Ma spesso essi regalano violenza gratuita: in alcuni giochi si può uccidere, rubare e torturare, tutte cose che non ci sogneremmo mai di fare nella vita reale, e che naturalmente non vengono istigate dai giochi stessi, ma di questo ne parleremo più approfonditamente nell’ultima sezione di questo articolo. Il punto è che a volte, nei giochi più violenti e che garantiscono un’alta libertà d’azione, il personaggio che comandiamo è la nostra valvola di sfogo, quasi l’Es freudiano, ovvero quella parte di noi con istinti più aggressivi e auto-distruttivi. Noi proiettiamo questo nostro lato selvaggio nell’avatar virtuale, che si riempie quindi del peggio che abbiamo dentro. Ebbene, mentre nella maggior parte dei giochi tutto questo non ha conseguenze sull’avatar stesso, in Undertale viene sottolineato proprio come bisogni fare attenzione a non esagerare. Noi, nel corso di una partita genocida, imbottiamo il nostro omonimo personaggio di cattiveria, aumentando i suoi Punti Esecuzione e il suo Livello di Violenza. Così facendo, lo rendiamo sempre più slegato dal nostro comando, e lo si nota nei momenti in cui questo si muove autonomamente. Se partiamo, insomma, avendo il completo controllo della nostra controparte virtuale, man mano che la cibiamo di pensieri e azioni violente questa diventa sempre più indipendente, arrivando perfino a liberarsi totalmente del nostro guinzaglio. E ciò lo si riscontra nella frase più celebre di Chara, “Da quando eri tu ad avere il controllo?”. Si potrebbe però dire che, in fin dei conti, Undertale non è altro che un gioco, e che quindi tutto questo non sia altro che un teatrino volto a spaventarci. Ma la realtà è che Toby Fox ci ha messo anima e corpo per creare dei personaggi il più iconici possibile, delle ambientazioni coinvolgenti, delle colonne sonore che stimolano precisi punti del nostro animo. Ce l’ha messa tutta, insomma, per rendere Undertale un’opera il più vicina possibile alla realtà, nella sua fantasia. Toby voleva farci affezionare a questo mondo proprio per farci riflettere sui motivi che spingono le nostre azioni. Ed è per questo che non si può liquidare Chara ad un semplice essere che vuole distruggere ogni cosa. Perché siamo noi ad aver “spinto ogni cosa al suo limite”, siamo noi, con la nostra volontà, che abbiamo ucciso ogni essere vivente nel Sottosuolo. Chara, pertanto, non è semplicemente il nostro avatar virtuale. Esso è lo specchio della nostra anima, è ciò che saremmo se non fossimo legati dalle regole del buon senso, della legge e dell’etica. E non è l’autore del gioco a dircelo con tono di superiorità, ma siamo noi a dimostrarlo. Perché è stata una nostra libera scelta quella di portare a termine una genocide, lasciando che l’Es freudiano avesse la meglio su di noi, privandoci della nostra identità e volontà. Questo è Chara. È ciò che non vogliamo mostrare agli altri, ma che nel profondo non ci dispiacerebbe essere. Esso vuole essere inquietante e spaventare, nell’ottica dell’autore, per convincerci a rifuggire il più possibile questo lato della nostra persona, per mostrarci quanto può essere ripugnante e pericoloso.
Riavviando il gioco dopo la fine di questa carneficina, lo schermo sarà totalmente buio, con in sottofondo del vento che soffia. E ciò è perfettamente coerente con quello che abbiamo fatto. Abbiamo distrutto il mondo di Undertale, e ora stiamo provando ad accedere al nulla. Non potrebbe esserci altro se non una finestra vuota che ci mostra una realtà ormai perduta. Ciò nonostante, dopo dieci minuti di silenzio, Chara ci parlerà: “Interessante. Vuoi tornare indietro. Vuoi tornare nel mondo che hai distrutto. Sei tu che hai spinto ogni cosa al suo limite. Sei tu che hai portato il mondo alla sua distruzione. Eppure non puoi accettarlo. Pensi di essere al di sopra delle conseguenze.” È proprio questo il punto. Se siamo arrivati fin qui, ignorando tutti gli avvertimenti che l’autore aveva disseminato lungo il percorso invogliandoci a gettare la spugna, è perché pensavamo che questo fosse, appunto, solo un gioco, dove ogni cosa ci è permessa senza che si debba poi pagare il conto. Ma in Undertale, come in realtà dovremmo aver ben imparato, ad ogni azione corrisponde un effetto: “Forse. Possiamo raggiungere un compromesso. Hai ancora qualcosa che desidero. Dalla a me. Dammi la tua ANIMA. Ed io riporterò indietro questo mondo.”
Declinando la proposta non si otterrà nulla, ma accettando, il mondo verrà effettivamente ricreato, e potremo giocare ancora. Eppure, le conseguenze di questa azione si faranno vedere. Terminando infatti una partita pacifica dopo aver venduto la propria anima a Chara, il finale sarà permanentemente modificato e reso più macabro, mostrando come ora il nostro malvagio avatar abbia preso pieno controllo del corpo di Frisk, e possa diffondere il suo odio lungo tutte le creature che abitano in superficie. Un finale orribile, poiché è plausibile che Chara, una volta libero dal nostro controllo alla fine del gioco, abbia intenzione di uccidere tutti i mostri che ci siamo impegnati a salvare.
Portando a termine una seconda volta una partita genocida, il dialogo che il personaggio avrà con noi una volta distrutto il mondo cambierà. Esso rivelerà di essere “Il demone che arriva quando la gente chiama il suo nome”, e se rifiuteremo di passare ad un nuovo mondo da distruggere, commenterà “HAI FATTO LA TUA SCELTA TEMPO FA”, mostrando come certe cose non si possano cambiare, ma solo prevenire.
Chara non è altro che la naturale conseguenza delle nostre azioni, la parte più raccapricciante e atroce che alberga dentro ognuno di noi. E l’autore, creando un personaggio così spaventoso ed efferato, ci permette di osservare il nostro lato più primitivo, così da farci rendere conto che è meglio stare alla larga da certi pensieri. Se infatti cominciassimo a giustificarli per un qualunque motivo, in questo caso la curiosità, finiremmo col venire soggiogati da loro, perdendo la nostra unicità e diventando delle semplici bestie assetate di potere. Per concludere con una citazione del filosofo Nietzsche che calza a pennello con quanto detto finora, e che forse racchiude un po’ il significato di una partita genocida: “Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l’abisso ti guarda dentro.”
Post Scriptum
Ebbene, abbiamo visto tutti i personaggi principali di Undertale. Va però detto, per completezza, che volendo continuare a scavare fino alla fine del barile, potremmo trattare anche di alcune frasi ambigue e comportamenti dubbi di alcuni personaggi secondari. Ma la verità è che occuparci anche di loro aggiungerebbe davvero poco all’analisi dell’opera in proporzione alle pagine di testo che abbiamo scritto finora. Pertanto, non li considereremo, limitandoci ad accennare al pubblico una figura che sta al confine di queste due categorie: Gaster. Sappiamo poco di lui. Fu lo scienziato di corte precedente ad Alphys, finito vittima di uno dei suoi esperimenti a seguito del quale nessuno mantenne il suo ricordo. È possibile però, manipolando i file di gioco, incontrare alcuni suoi “seguaci” che ce ne parleranno e una figura chiamata “Mystery Man”, che si presume essere Gaster stesso. Si sa per certo che ha costruito il Nucleo e si immagina che abbia sviluppato i Gaster Blaster, data l’omonimia delle armi con lo scienziato. È inoltre plausibile che abbia qualche rapporto con Sans, dato il fatto che lo scheletro utilizza queste potenti armi durante la battaglia. A corroborare la teoria che li lega c’è anche l’officina segreta di questo personaggio situata dietro casa sua, oltre al fatto che una loro relazione giustificherebbe le conoscenze di Sans riguardo la determinazione, le linee temporali e la sua capacità di sfruttare a proprio vantaggio alcune regole di gioco. La nota numero 17 del Vero Laboratorio, scritta nel font wingdings, recita: “Nota numero 17. Buio, più buio e ancora più buio. L’oscurità continua a crescere. Le ombre tagliano in profondità. Lettura dei fotoni negativa. Questo prossimo esperimento sembra davvero davvero interessante… cosa ne pensate voi due”. L’”uomo del fiume”, personaggio terziario di gioco, può metterci in guardia in uno dei suoi dialoghi casuali dall’”Uomo che parla attraverso le mani, che proviene dall’altro mondo”, riferendosi probabilmente proprio a Gaster.
Tuttavia, si tratta di mera speculazione, per quanto di carne al fuoco ce ne sia tanta. Ad esempio, il fatto che i cannoni laser di Sans si chiamino Gaster Blaster non è mai rivelato nel gioco, e lo si può scoprire solo analizzando i nomi dei loro sprite. Allo stesso tempo, la nota numero 17 è leggibile solo modificando la variabile che determina la stanza in cui il giocatore si trova quando avvia il gioco, e si presume sia stata scritta da Gaster in quanto questa stanza porta il nome di “room_gaster”. Viene da sé il collegamento tra lo scienziato e il personaggio descritto dall’Uomo del fiume, in quanto l’alfabeto wingdings è composto in parte da simboli di mani. Allo stesso tempo, non è impensabile una relazione tra Sans, Papyrus e Gaster, chiamato anche W. D. Gaster (diminutivo di WingDings Gaster), poiché i loro nomi si riferiscono tutti ad un font. Ma la verità è che ci sono troppi pochi elementi in Undertale per comprendere la vera natura di questo personaggio. Con la recente uscita del primo capito di Deltarune, nuovo gioco di Toby Fox, però, forse questo personaggio avrà finalmente un ruolo centrale. Ci sono infatti alcuni elementi che fanno pensare proprio alla sua figura. Ad esempio, in uno specifico punto della mappa, è situato un bunker avente come colonna sonora una versione pesantemente rallentata della “musica” udibile nella stanza contenente la nota numero 17. Tuttavia, per ora, non possiamo dire molto altro di lui.
Qualche considerazione finale sotto forma di flusso di coscienza. Cosa ci lascia un’esperienza come quella di Undertale? Perché dovremmo giocarlo e farlo giocare?
Non lo abbiamo mai esplicitato nel corso di quest’articolo, ma di fatto abbiamo analizzato ogni aspetto di Undertale con tre lenti di ingrandimento, ognuna associata a un piano interpretativo: quello del gameplay, quello narrativo e quello formativo. Il primo serve a giustificare le scelte di gioco, ad esempio il perché un nemico attacchi in un certo modo o perché il suo potere offensivo sia più o meno forte. Il secondo spiega le implicazioni di alcune situazioni sulla trama di gioco, permettendoci di ricostruire una successione di eventi coerente e razionale. Il terzo ci aiuta a capire cosa l’autore stia cercando di dirci tra le righe, l’insegnamento che dobbiamo trarre da un particolare evento insomma. Preso un qualunque aspetto rilevante di Undertale, questo può essere analizzato con una sola lente, con due insieme o in alcuni casi addirittura con tutte e tre contemporaneamente. Prendiamo Undyne the Undying come esempio: sul piano del gameplay, essa esiste per dare una vera sfida al giocatore, che altrimenti dovrebbe affrontare un’avventura in cui la curva di difficoltà è praticamente una linea orizzontale. Sul piano narrativo, questo personaggio nasce grazie alla sua determinazione di proteggere ogni essere vivente dalla nostra insensata furia omicida. Su quello interpretativo, ella trova la sua ragion d’essere nel farci capire che in questa partita siamo noi il “cattivo” e lei l’eroina, e che generalmente non esiste giustificazione per quello che stiamo facendo, anche se si tratta di un gioco. E questi molteplici e complementari modi di vedere questo GDR permettono a chiunque di appassionarsi al titolo. Che si cerchi un gameplay non lineare, una bella trama o un mezzo di riflessione, Undertale saprà soddisfare ogni aspettativa, coinvolgendo il giocatore in modi strabilianti. Un suo tratto caratteristico è infatti quello di riuscire ad entrare perfettamente in sintonia con l’essere che sta comandando Frisk, permettendogli di immergersi a pieno in questo mondo fantastico. Ma attenzione: non è la rottura della quarta parete a renderlo possibile. Nessun personaggio parla DIRETTAMENTE a chi sta oltre lo schermo. Nessuno rivela mai di sapere che si trova all’interno di un videogioco. È vero, Flowey sa che è possibile “salvare”, “ricaricare” e “resettare”, così come lo sa anche Sans, ma queste abilità, contestualizzate in modo magistrale nel mondo di gioco grazie al concetto di determinazione, vengono considerate come capacità semi-divine accessibili solo agli esseri umani e in casi estremi anche ai mostri. Ai personaggi non passa mai minimamente per la testa che si stiano trovando in una simulazione. Piuttosto, è la naturalezza con cui trattano questi concetti che ci fa desiderare di considerarli anche noi come leggi della natura, così da permetterci di ambientarci meglio in questo universo divertente e intrigante. Un esempio lampante è la presa di potere di Flowey una volta assorbite le sei anime umane in una partita neutrale. Il fiore non si prende la briga di spiegarci cosa stia succedendo, semplicemente chiude il gioco senza preavviso dopo averci sconfitti, perché sa di poterlo fare. E noi, che credevamo di essere gli unici ad avere “l’abilità di giocare a fare dio!”, per citare Flowey stesso, ci rendiamo conto che non siamo poi così speciali. E forse è proprio questo che ci permette una maggiore immersione. La consapevolezza di non essere superiori alle altre creature, di poter essere privati del proprio dono di giocatore, di non avere il pieno controllo su questa realtà virtuale: tutto ciò ci mette allo stesso piano degli altri mostri. Per questo motivo è più corretto parlare di una rottura della quarta parete inversa in Undertale. I personaggi, consci che ci sono in ballo forze più grandi di loro, non si rassegnano al fatto di essere schiavi di qualcuno a loro superiore, ma al contrario tentano di sfruttare questa consapevolezza per impadronirsi di tali forze e diventare loro delle divinità. Il gioco, insomma, cerca di invogliarci ad andare oltre la semplice “sospensione dell’incredulità”, portandoci a desiderare di far parte di esso e permettendo a NOI di rompere la quarta parete.
Undertale riesce inoltre a stupire grazie al suo incredibile contrasto aspettative-realtà, e non c’è bisogno di tirare in ballo la tiritera del “ogni azione che facciamo avrà delle conseguenze mettendo alla prova la nostra morale” per capirlo, basta più semplicemente, di nuovo, pensare a Omega Flowey: la grafica di gioco è interamente pixelosa. Certo, questo è dovuto in parte al fatto che il titolo è fortemente ispirato alla serie Earthbound, ma la verità è che c’è un motivo pratico alla base di questa scelta. Se Toby avesse voluto creare un GDR ad alta risoluzione avrebbe dovuto spenderci sopra molto più tempo, tempo che non aveva nel periodo di sviluppo di Undertale, vuoi da un lato perché contemporaneamente a questo progetto stava studiando e forse lavorando, vuoi perché dall’altro aveva definito una data di rilascio precisa a chi aveva investito nel Kickstarter. Ma questa apparente debolezza del titolo si tramuta poi in un suo punto di forza al momento della lotta contro il malvagio fiorellino. Dopo ore di gioco passate davanti ad una grafica a 8-bit stupisce non poco un boss finale in alta definizione come Omega Flowey, completamente inaspettato. E ancora, ciò permette di rendere labile il confine che ci separa da questo mondo virtuale, in quanto un suo NPC può riprogrammare il software a suo piacimento, anche cambiandone la grafica se lo desidera.
Un’altra peculiarità di Undertale è quella di dare davvero poche cose per scontate, in particolare di rimettere in discussione concetti che normalmente stanno alla base della corretta fruizione del prodotto ludico. Perché possiamo rinascere ad un checkpoint dopo essere morti? Che cosa comporta resettare una partita? E perché solo noi giocatori abbiamo queste facoltà? L’autore, ponendosi queste domande, trova infine una sua personale risposta: è tutto merito della determinazione, una sostanza chimica che solo gli esseri umani possiedono, e che permette loro di controllare parzialmente il flusso del tempo. Ma possiamo immaginare che sia possibile sfruttare questa capacità solo nel Sottosuolo, dove siamo gli unici dotati di tale privilegio (fatta eccezione per alcuni momenti specifici che abbiamo già trattato). In superficie, di contro, questa abilità viene considerata assolutamente normale, in quanto ogni persona possiede determinazione. Si può fare un paragone con Clark Kent, che su Krypton sarebbe un individuo nella norma, ma che sulla Terra può trasformarsi in Superman. Allo stesso tempo, non bisogna pensare che la determinazione sia un termine scelto a caso. Toby lo usa per farci comprendere che questa nostra capacità esclusiva non deve essere sottovalutata, ma tenuta sempre presente. Nella fantasia del gioco, essa ci permette di ricaricare la partita dall’ultimo salvataggio, ci offre la possibilità di rivedere le nostre scelte e di rimediare ai nostri sbagli. Ma nella vita di tutti i giorni, essa ci dà modo di mantenere chiaro un obiettivo di fronte a noi, di impegnarci per raggiungerlo e di aggiustare la rotta qualora si sia fuori strada. Non importa se si è commesso un errore. Dopo averlo accettato il cammino continua, perché avendo pura determinazione, ovvero “la fermezza di cambiare fato” per citare la definizione che ne dà Alphys, non c’è ostacolo che convinca alla resa. Ed è per questo motivo che ad ogni salvataggio c’è qualcosa che “ci riempie di determinazione”, anche se a volte si tratta di minuzie come un topo che raggiungerà il formaggio o la vista di un bel panorama. È per questo che nella schermata del game over ci viene detto di restare determinati. Nonostante le avversità, nonostante le sconfitte, non bisogna mai rassegnarsi, mantenendo la concentrazione fissa sul traguardo e lasciandosi ispirare anche da piccole cose quotidiane. È necessario però stare attenti a non farsi deviare da questo potere. Nel gioco possiamo infatti essere determinati nel voler concludere una genocide, ma in tal caso si tratta di una determinazione nociva, volta al male e alla crudeltà. Toby vuole quindi farci comprendere che il nostro potenziale è immenso, ma dobbiamo essere saggi nel suo utilizzo.
Ma veniamo ora al tratto che forse più di tutti rende Undertale un titolo più unico che raro: la responsabilizzazione. La libertà d’azione che viene fornita al giocatore è immensa, e non c’è bisogno ormai di esplicarlo ulteriormente. Ma diversamente da altri giochi in cui ci viene chiesto fin dal principio se vogliamo vestire i panni dell’eroe o del malvagio di turno, in questo caso sono le nostre azioni progressive a determinare la persona che siamo. Sono i Punti Esecuzione e il Livello di Violenza che mostrano matematicamente quanto siamo spregevoli nell’animo. Ogni scelta, anche quella più insignificante, avrà delle ripercussioni, che siano nell’immediato o nel remoto futuro. Uccidere una delle guardie di Nevischio provocherà la furia di Undyne; Distruggere Mettaton condurrà Alphys al suicidio; Mostrare pietà solo per Toriel all’interno di Rovine porterà Flowey a dirci che non abbiamo considerato che anche tutti gli altri mostri avevano famiglia e amici, e che magari ciascuno di loro “sarebbe potuto essere per qualcuno ciò che Toriel è per te”. Insomma, non si scappa dalle conseguenze delle proprie azioni. E contemporaneamente a ciò, nessuno si permette mai di giudicarci. Perfino Sans, che ci costringe a fare i conti con il nostro operato, non osa dirci se ciò che abbiamo fatto sia giusto o meno. Semplicemente si limita a stimolare il nostro senso etico, chiedendo a noi di dare una risposta alla domanda “Hai fatto davvero la cosa giusta?”. Undertale pertanto stimola all’autocritica, mettendo al centro dell’attenzione il nostro comportamento. Non c’è una via specifica da seguire, ma solo il risultato delle nostre scelte. La profezia della Runa Delta precedente alla storia scritta non implica che il nostro destino sia già stato deciso, in quanto le sue parole possono essere interpretate in due modi diversi. La leggenda parla di “un angelo che ha visto la superficie, e che quando si manifesterà, renderà vuoto il Sottosuolo”. Durante una pacifist la profezia si realizza, in quanto i mostri ritornano in superficie, ma allo stesso tempo si avvera anche in una genocide, ove il Sottosuolo viene privato dei suoi abitanti da noi, un angelo della morte. Pertanto non esiste un destino scritto al quale andare incontro e da utilizzare come scusa per giustificare i propri errori, ma solo un cammino pieno di scelte da prendere. Dopotutto, siamo o non siamo dotati di libero arbitrio? Secondo Toby Fox sì, e proprio per questo dobbiamo assumerci la responsabilità delle nostra azioni.
C’è però un’altra “innovazione nell’innovazione” presente in questo capolavoro, che potrebbe sfuggire ad un’analisi superficiale. A quattro anni dalla sua pubblicazione, Undertale è ormai universalmente conosciuto come “quel gioco dove non devi necessariamente uccidere tutti”. E certo, l’abbiamo detto anche noi che la possibilità di fare una pacifist è il tratto distintivo del titolo. Ma allo stesso tempo, non è quello più iconico. Undertale, permettendo al giocatore di oscillare tra due estremi, quali una partita composta di tolleranza e pazienza e una basata sull’odio e la violenza, dà modo a chiunque di vedere con i proprio occhi quanto i due approcci portino a risultati del tutto diversi.
Il punto è che quest’opera non solo ci mostra, in una pacifist, quanto sia remunerativo e appagante fare la cosa giusta ed aiutare il prossimo, per quanto difficile possa sembrare sulla carta mantenere tale atteggiamento. No, Undertale va oltre, dimostrando come, attraverso una genocide, non solo un atteggiamento aggressivo porti all’isolamento e non frutti alcun guadagno, ma anche come sia più difficile perseverare in un approccio di questo tipo. D’altronde, è proprio in questa partita che dobbiamo affrontare boss del calibro di Undyne the Undying e Sans, la cui difficoltà non è minimamente paragonabile a quella dei boss presenti nelle altre partite.
Oggi molti genitori che probabilmente non si sono mai avvicinati troppo al medium videoludico ritengono che i videogiochi “inducano alla violenza”, e si terrorizzano quando la propria prole imbraccia un fucile virtuale o usa la macchina di gioco per investire un pedone, magari ridendoci sopra. Se alcuni di voi ci stanno leggendo, vorremmo invitarvi ad una riflessione: quanto sarebbe formativo per vostro figlio giocare ad Undertale? Quanto impatto avrebbe su di lui un’avventura che insegna non solo quanto sia bello essere pazienti e altruisti, ma anche che è ben più difficile mantenere un modus operandi basato sulla forza e la prepotenza? Pensate davvero che, se scegliesse di compiere una partita genocida, non avrebbe niente da impararne? Che non rimanga scioccato di fronte alle dure parole di Undyne the Undying, oltre che dalla sua battaglia oltremodo complessa, per non citare Sans?
Qualcuno potrebbe però accusare la donna pesce di essere un cattivo esempio per chi gioca, in quanto in una genocide non nasconde la sua volontà di volerci uccidere, e questo potrebbe allora giustificare la nostra cattiveria. Ma dare un’interpretazione di questo tipo vorrebbe dire non aver assolutamente compreso il messaggio globale dell’opera. Prima ancora di puntare il dito contro gli altri, dobbiamo essere capaci di guardarci dentro e chiederci se noi in primis stiamo mantenendo un atteggiamento corretto. L’intero gioco ci sprona a fare una riflessione auto-critica. È il nostro operato a influenzare le scelte di chi ci sta intorno, e lo si vede chiaramente mettendo a confronto partite diverse. Mostrando pietà ad ogni mostro incontrato fino a Cascate riusciremo, grazie anche all’aiuto di Papyrus, a fare amicizia con colei che più di tutti ce l’aveva a morte con la specie umana. D’altro canto, giungendo alla sua battaglia rivestiti di polvere, la sua collera sarà più grande che mai, dandole la determinazione di ucciderci e salvare il pianeta. Per non citare il fatto che la possibilità di risolvere i conflitti in maniera diplomatica ci viene offerta fino allo “scontro” con Papyrus, pronto perfino a sacrificarsi pur di convincerci a cambiare attitudine, affermando di credere in noi anche una volta decapitato. Rifiutando la sua pietà non ci si può aspettare che gli altri mostri ignorino la realtà dei fatti. Uccidere un essere tanto buono e gentile come lui rende loro chiaro che non riusciranno a cambiarci con semplici parole, ed è qui che interviene Undyne. In punto di morte, sapendo che non uscirà viva dallo scontro, decide di mettere al servizio delle creature sopravvissute le sue ultime forze, dando il meglio di sé fino alla fine. Perché sì, bisogna SEMPRE cercare la via diplomatica, pacifica e capace di mettere d’accordo tutti, mantenendo il rispetto verso gli altri. Ma in casi davvero estremi e SOLO in essi, quando questa tolleranza mette a rischio la libertà e il benessere dei più, bisogna anche saper fare i conti con la realtà, abbandonare le idee mediatrici ed essere pronti a sporcarsi le mani. Essere pazienti sì, ma ingenui no. Anche perché, è importante ribadirlo, in una genocide siamo noi i primi ad alzare ingiustificatamente le mani.
Sia chiaro, non stiamo sottintendendo che Undertale dovrebbe essere introdotto nel sistema scolastico elementare, ma semplicemente che, per una mente giovane, questa potrebbe essere un’esperienza non poco formativa, da portare avanti magari nel tempo libero (considerando anche la breve durata del titolo). Inserendo una nota personale, il redattore che sta scrivendo queste righe ha fatto provare il gioco a sua sorella di dieci anni, che ne è rimasta entusiasta. Senza scendere nei dettagli, ha completato una neutral, passando poi ad una pacifist in quanto il finale precedente le aveva lasciato l’amaro in bocca. Successivamente, spinta dalla curiosità, ha provato anche una genocide, ammettendo di essersi sentita lei la cattiva di turno e infine interrompendo la partita alla battaglia contro Sans.
Per tutti i motivi sopraelencati, pertanto, pensiamo di non essere in errore nel dire che il videogioco non solo è una forma d’arte, ma è quella che racchiude tutte le altre e può dare il meglio di loro. Arti visive, musica e letteratura sono presenti in forma di grafica, colonne sonore e narrativa. Undertale sicuramente non è il gioco che più di tutti porta al loro massimo potenziale questi aspetti, ma il modo in cui riesce perfettamente a bilanciarli lo rende una stella capace di distinguersi dalle altre, senza parlare di quello che solo i videogiochi possono fare: renderci partecipi dell’opera. L’esperienza di gioco, il cosiddetto gameplay, permette alla persona che sta imbracciando il controller di esplorare a fondo la tela virtuale, diventandone spesso il protagonista che deve man mano srotolare il gomitolo narrativo, così da apprezzarne maggiormente il contenuto. Il tutto, contornato magari da musiche memorabili, rende ancora più unica l’esperienza. E Undertale, nella sua umiltà, rende ciascuno di questi tratti unici: la grafica, per quanto minimalista, trasmette alla perfezione le emozioni dei personaggi, crea ambientazioni uniche e sa prendersi in giro nei momenti clou; dire che le colonne sonore sono evocative sarebbe un eufemismo. Una volta ascoltate, è davvero difficile non affezionarsi a loro e al significato che si portano dietro; la trama, per quanto semplice, comprende colpi di scena non banali e una lore tutta da scoprire. Il gameplay… cosa dire. Oltre a variare i metodi di controllo dell’anima a seconda della battaglia, offre la possibilità di plasmare un intero mondo secondo le proprie scelte, salvo poi farci confrontare con le conseguenze delle nostre azioni. Questo, col tempo, ci rende maggiormente responsabili, perché rende chiara l’influenza che abbiamo verso altri individui. Siamo noi l’angelo profetizzato dalla Runa Delta, il tassello mancante di questo puzzle. Ma a seconda di come scegliamo di interpretare tale leggenda potremo mutare l’intera opera d’arte, rendendola ora raggiante, ora cupa.
Questo era Undertale. Un viaggio fatto di amicizie, tolleranza, eroi e pentimento. Anche se l’esplorazione dell’universo tobyfoxiano non finisce qui data la recente pubblicazione del primo capitolo di Deltarune, avventura ambientata in un mondo parallelo a quello che abbiamo conosciuto, anche se comprendente di personaggi incontrati in Undertale. Quali segreti ci nasconde il secondo titolo di Toby Fox, anagramma del primo? Che ruolo riveste Gaster in questo mondo carente di determinazione ma pieno di determinismo? Cos’altro vorrà trasmetterci l’autore? Lo scopriremo probabilmente tra qualche anno, quando il gioco sarà completo e reso disponibile per tutti.
Aver letto questo lungo articolo su Undertale ti riempie di determinazione.
Seriamente, se siete giunti alla fine di questo articolo vuol dire che avete una pazienza fuori dal comune, e non possiamo ringraziarvi a sufficienza. Speriamo sia stata una gradevole lettura.