“Non è un libro facile, ma è avvincente. Non si tratta solo di uno scienziato che racconta le sue scoperte, ma che narra la sua vita. Considerate che l’ho ricevuto ieri alle 17:30…guardate quanti segnalibri vi sono!” Queste semplici parole di Padre Luigi Pellegrino danno subito una prima idea di quel che è “Silicio”.
Il 18 giugno 4 grandi personaggi del mondo, seduti in semicerchio nell’Auditorium del nuovo centro civico di Scandicci, hanno discusso e presentato l’autobiografia “Silicio” di Federico Faggin. Coordinati dal Direttore Generale della Fondazione Teatro della Pergola Marco Giorgetti, i quattro in questione erano: il neurobiologo Stefano Mancuso, il rettore dell’Università di Firenze Luigi Dei, Padre Luigi Pellegrino (storico Medioevale) e naturalmente l’autore Federico Faggin, fisico di fama internazionale.
Prima però, l’introduzione di Alfonso de Virgiliis, presidente della fondazione premio Galileo 2000. L’avvocato spiega quanto a lui sia cara questa presentazione e come Faggin sia il personaggio perfetto per il suo “desiderio”: de Virgiliis vorrebbe il ritorno di un po’ di antropocentrismo, quindi una sorta di Nuovo Umanesimo, e Federico è il genio del presente: “Nell’800 si definiva genio colui che andava contro il vento, che terrorizzava gli uomini, ma purificava l’anima; oggi è diverso ed è colui che inventa di tutto, pur tendendo sempre presente che esiste l’uomo. Faggin lascia la materia e affidandosi alla sua sensibilità, si riconduce alla consapelvolezza,probabilmente il nostro futuro.”
Giorgetti prende poi il libro, lo apre e legge un paragrafo con l’intento di far trapelare l’umiltà del fisico. Di particolare rilievo le ultime frasi: “È stato necessario un continuo lavoro su me stesso per liberarmi dai dogmi, dalle idee preconcette. Liberarmi da ciò che appariva ovvio.”
Qui è possibile intendere quanto il suo percorso non sia stato complesso solo sul piano dello studio, ma anche su quello mentale.
Difatti tutto ruota intorno a un cambio di prospettiva rispetto tutto ciò che conosciamo. Per comprendere le teorie di Federico è necessario re-immaginare la realtà partendo dalle concezioni spazio- tempo.
Faggin spiega: “Sono partito dall’idea che i campi quantistici, aspetto fondamentale della realtà che i fisici di oggi ci raccontano, siano soltanto l’aspetto esteriore di un qualcosa di più ricco, di un qualcosa che deve essere cosciente, cioè di un sé. Un “sé” è qualcosa dotato sia di coscienza che di agentilità (grazie al libero arbitrio, è in grado di agire). La fisica non emerge dai campi quantistici che interagiscono nello spazio-tempo, ma da sé coscienti che comunicano fra loro, creando delle gerarchie di sé coscienti che arrivano fino all’uomo.”
Per questo motivo la coscienza non può appartenere alla materia, bensì deve essere una proprietà fondamentale e irriducibile della natura.
Concetto che viene ripreso e condiviso a pieno da Mancuso: “Per me è un mistero immaginare una vita che non sia consapevole.”
Il neurobiologo racconta un aneddoto utile a cambiare i punti di vista comuni: “La maggior parte delle persone crede che solo l’uomo sia consapevole. Chiunque abbia un cane sa che se messo davanti allo specchio, inizia a giocare con la sua immagine. La deduzione diretta è che non siano coscienti di se stessi, ed è proprio qui il nostro errore. Non dobbiamo affrontare la questione dal punto di vista umano: il nostro senso prevalente è la vista, ma quello dei cani è l’olfatto. Uno scienziato italiano ha infatti osservato come se posti davanti a tutta una serie di odori, tra cui il loro, i cani riescano a riconoscersi. Il loro mondo, per noi, è inimmaginabile. Pensate se degli “scienziati cani” ci sottoponessero ad una prova d’olfatto…risulteremmo gravemente incapaci!
Mancuso vede nella coscienza proprio la differenza fra ciò che è vivo e ciò che è materia, come se fosse un parametro inciso direttamente nella natura.
La parola passa a Luigi Dei: espone un breve excursus delle ultime scoperte scientifiche più significative dalla Rivoluzione Industriale, accompagnate dalle diverse concezioni dello spazio-tempo che ne sono derivate. Da questo individua 3 grandi nuovi paradigmi: la meccanica quantistica, la relatività e il DNA.
Su quest’ultimo formula un’ipotesi: “e se risiedesse proprio qui la consapevolezza?”
Giorgetti inserisce nella discussione un nuovo tema: “Inoltre nel libro vi è sia un richiamo all’uno come totalità dell’esistenza potenziale (somma di tutte le esistenze possibili ma non attuate) e attuale, sia a un universo interconnesso, che ha delle relazioni senza separazioni.”
Interviene allora Padre Luigi Pellegrino, il quale vede un parallelismo fra le parole di Faggin e quelle del “Cantico delle creature” di San Francesco: “Entrambi parlano di sentirsi immersi in un universo cosmico composto da elementi vivi e consapevoli. Ognuno parla di ciò che sa e devo ammettere che dalla conoscenza di San Francesco ho potuto gustare di più questo libro.” Aggiunge:” La consapevolezza non è guardarsi allo specchio, ma parte dall’interno come se fosse interna alle particelle di cui siamo composti.”
Concetti difficili; Faggin confessa di aver riscritto il libro 10 volte per renderlo il più chiaro possibile, tuttavia lui è giunto a dei risultati dopo 25 anni di studio…
Termina la presentazione Antonio de Virgiliis: “Il professor Faggin ha ricevuto la sua formazione professionale in Italia. Dato che questa sera abbiamo parlato molto di consapevolezza, ecco che a parer mio dobbiamo essere consapevoli di cosa siano stati in grado di fare gli italiani nel mondo. Non dimentichiamocelo mai!”