Il Maggio Musicale Fiorentino riscuote un grandissimo successo e questo è un dato di fatto, ma niente nasce dal niente e ad aggiungersi all’indiscutibile qualità con cui la stragrande maggioranza degli spettacoli del teatro vengono rappresentati, c’è anche il lavoro di promozione e di informazione svolto dall’ufficio stampa del teatro. A dirigere e a fare da portavoce a quest’ufficio troviamo Paolo Klun, capoufficio stampa del Maggio e responsabile della comunicazione , il quale ha gentilmente concesso al Leomagazine il piacere di una chiacchierata in compagnia.
Come funziona un grande ufficio stampa come quello del Maggio Musicale Fiorentino e con quali mezzi avviene la promozione culturale al suo interno?
Prima di entrare nel dettaglio vorrei ringraziarvi proprio queste considerazioni a proposito del successo del Maggio e dell’attività che facciamo per sostenerlo: è una grande soddisfazione! Desidero aggiungere che – per quanto mi riguarda – è atipico che un ufficio stampa e il suo addetto si espongano: d’abitudine non parliamo in prima persona, cerchiamo invece di far parlare, e che si parli, di chi rappresentiamo; siamo un servizio, lo offriamo ai colleghi delle testate e tentiamo di essere loro d’aiuto quando si occupano di noi: dobbiamo essere in prima linea ma anche restare un passo indietro, un po’ nascosti. Ciò per dire che mi sembra “strano” questa volta di trovarmi a rispondere alle domande di un giornale; mi fa piacere che sia Leo, con il quale – e con l’Istituto – abbiamo ottimi rapporti. Per raccontare quello che è il nostro lavoro, il mio e quello dei miei colleghi, è intanto necessario avere presente anche in generale cosa vuol dire fare un ufficio stampa, attività che nel corso del tempo ha ampliato i propri confini una volta limitati praticamente ai rapporti coi giornalisti e le testate; ora, sempre con il compito di essere i primi interlocutori con la stampa si parla in termini più ampi di comunicazione. Dall’ufficio si gestiscono i programmi di sala, le locandine, i manifesti, si coordina la pubblicità, le fotografie che documentano la produzione. Questo è di fatto quindi l’ufficio che ha il contatto con l’ esterno e verso l’esterno trasmette le informazioni del teatro e altrettanto fa con un flusso al contrario. L’ufficio stampa ha anche una funzione di ascolto, nel senso che recepisce le voci “di fuori”, le tensioni e le richieste in tempo reale, permettendo così all’ istituzione di adattarsi eventualmente di conseguenza e di rispondere. L’ufficio stampa e comunicazione “governa” la voce e il tono di chi rappresenta, parla al pubblico o meglio al pubblico attraverso i media e cerca per quanto può di salvaguardare la qualità del “marchio” che per il Maggio è di alto profilo e di grande profilo internazionale. L’obiettivo del nostro lavoro è naturalmente quello di diffondere e sostenere il calendario degli spettacoli in stagione, ma non solo, e di tutta l’attività in generale. I mezzi utilizzati sono molteplici e vanno dal più classico, cioè il comunicato stampa indirizzato ai giornalisti, all’utilizzo dei social che sono lo strumento più pratico per raggiungere il pubblico, alle organizzazioni delle interviste agli artisti o al management. Bisogna mantenere alta l’attenzione nei confronti del teatro e della sua attività e stimolare la curiosità e l’interesse nelle produzioni del Maggio e la sua attività. A questo proposito penso proprio a una delle ultime cose che abbiamo “lanciato” e vale a dire il concorso fotografico a tema shakespeariano legato all’opera Lear che inaugurerà il prossimo Festival, bandito pochi giorni fa dall’istituzione per stimolare il coinvolgimento del pubblico e solleticare magari l’interesse al teatro anche in forme meno consuete. Oppure anche alla conferenza stampa che terremo a Parigi tra qualche giorno per presentare la nostra programmazione.
Lei è soddisfatto dal modo in cui i messaggi mandati dall’ufficio vengono poi recepiti all’interno dell’ambiente fiorentino e toscano in generale?
Il Maggio di per sé ha una grande importanza, questo fa sì che ciò che esso veicola all’esterno non passi inosservato e si desti comunque dell’interesse. Per quanto riguarda il mio lavoro mi sento dunque facilitato poiché rappresento una grande e importantissima istituzione considerata tale non solo negli ambiti della nostra Regione . Sono quindi soddisfatto del riscontro che otteniamo quando sollecitiamo i nostri pubblici rispetto alla nostra attività ma questo non è il coefficiente che misura – semmai – la mia capacità professionale. Chi “vince” in questo caso è il Maggio e non il suo portavoce: è il valore dell’Istituzione che trova spazio e fa parlare di sé nel bene e nel “meno bene”; dico così perché non mi fa piacere dire “nel male”. Il riscontro c’è ed è notevole quindi, anche se naturalmente non è per forza sempre positivo, la critica non è appiattita nei confronti del Maggio, ci mancherebbe altro, ed è giusto che quindi ciò che il Maggio fa venga giudicato e commentato.
Che cosa vuol dire per un giornalista lavorare in un’istituzione così ampliamente culturale e specialmente musicale?
Io non ho mai lavorato in una testata se non quando all’inizio della mia carriera per potermi iscrivere all’Ordine: sono un giornalista sì ma non incarno la figura classica di quel professionista, sono un giornalista da ufficio stampa, quindi non porto con me il bagaglio di preparazione che hanno i colleghi col taccuino. Sono sempre stato praticamente solo da questa parte! Quindi rispondo in modo squisitamente soggettivo e cioè vale a dire che lavorare qui a parer mio vuol dire essere molto fortunati, nel senso che sono molto contento di potermi confrontare con un certo tipo di livello, di produzione e di profilo alti come quelli del Maggio, che ha alle sue spalle una storia prestigiosissima che lo sostiene nel suo futuro. Chi lo vive e lo frequenta, sia che calchi la scena, salga sul podio o firmi una regia, o si trovi in buca a suonare o sulle tavole a cantare ha sempre qualcosa da raccontare e io lo sento come un’occasione di confronto, d’interesse e di curiosità e di crescita strepitosi. Essere al Maggio vuol dire lavorare per la più importante istituzione culturale toscana, ma che è “primus inter pares” tra le decine di altre straordinarie e illustri realtà di cui sia a Firenze che nella Regione abbondano. Il Maggio ha stimolato i rapporti tra tutte e penso abbia contribuito a creare una rete mirabile e feconda di collaborazioni che non ha eguali nel nostro Paese.
Che cosa è che le ha dato l’ispirazione per intraprendere quindi la carriera che lo ha portato a diventare capo ufficio stampa del Maggio Musicale Fiorentino?
L’inizio della mia carriera è avvenuto quasi per caso. Frequentavo un’università scientifica e da studente cominciai a dare una mano a un professore del quale seguivo un corso nell’organizzazione du convegni e di congressi cominciando così a misurarmi in maniera del tutto artigianale e inconsapevole col mondo della comunicazione ma trovandolo affascinante. Sempre da studente entrai al Teatro alla Scala di Milano in uno dei ruoli più marginali ma divertenti: quello della maschera. Per una serie concatenata di fortunati eventi fui chiamato dall’ufficio stampa per redigere, di primissima mattina, la rassegna stampa e da lì passo dopo passo ho iniziato ad appropriarmi di quelle prime competenze che mi hanno fatto decidere, al momento opportuno, di tentare una strada diversa da quella verso la quale mi stavo indirizzando con l’università; mi offersero una possibilità e io la colsi. Ne sono contentissimo ancora e non ho mai avuto un rimpianto. Essere allora alla Scala ha avuto senza dubbio una importanza capitale nella mia scelta. Parallelamente al lavoro ero quotidianamente al contatto con la musica, “quella” musica, e ho imparato ad apprezzarla. Non che prima la disprezzassi, ovvio, ma la vivevo come la passione di mio padre e di mia mamma e non me ne sentivo coinvolto appieno, me ne tenevo quasi lontano come se fosse una cosa “da grandi” ma in breve ne sono stato catturato. Ho avuto la possibilità di ricredermi e di comprendere la bellezza e l’interesse del mondo del teatro e del teatro lirico soprattutto. Dopo la Scala, passata una dozzina d’anni entusiamanti, sono stato chiamato alla RCS, Rizzoli Corriere della Sera, dove mi sono occupato sempre come responsabile dell’ufficio stampa e delle relazioni esterne, di tre delle case editrici del Gruppo e poi per rimanere cinque anni come direttore della comunicazione alla Fondazione San Raffaele di Milano che è un ospedale, università e centro di ricerca. Dopo una breve parentesi come autore in una trasmissione televisiva, sono arrivato a Firenze chiamato dal Maggio ritornando, felicemente per me, alla mia prima esperienza professionale. Ne sono onorato!
Cosa ne pensa, data la sua “conversione” di cui ci ha parlato prima, della distanza che molti ragazzi d’oggi hanno nei confronti del teatro, come se volessero mettere un muro fra il loro mondo e quello di quest’ultimo?
Data la mia esperienza personale, posso dire che sia una cosa decisamente sbagliata. Quando frequentavo le medie o il liceo c’era da parte mia un qual trasporto verso la musica sinfonica o concertistica ma non una grande curiosità verso l’opera, cioè per meglio dire, andavo a teatro con la famiglia, ma la cosa non mi prendeva particolarmente; rappresentava – come ho appena detto – più loro che me e nonostante “gli sforzi” dei miei io mi ci affiancavo più per dovere di figlio che per passione, non mi interessava, non la capivo. L’opera era come distante e non ero affatto consapevole di quello che rappresentava ed è proprio questa la questione anche di oggi: la mancanza di curiosità – se non addirittura si tratta di diffidenza – che alcuni giovani hanno nei confronti del teatro musicale e invece non c’è quasi nulla di più completo e affascinante di una recita di teatro d’opera, genere che è comunque capace di trasmettere messaggi ancora attualissimi. Le istituzioni, tutte, il Maggio con una attività instancabile, le altre fondazioni lirico sinfoniche, i teatri di tradizione hanno iniziato – e sono anni – politiche incentivanti non solo nell’ importantissima attività di divulgazione per aprire delle porte sempre più ampie e facili da aprire in quei muri, ma anche nella programmazione spesso dedicata ai giovani, ma anche nei confronti dei prezzi notevolmente favorevoli verso i ragazzi. Questo aiuta molto: spesso si riesce ad acquistare un posto in platea anche a un prezzo inferiore a quello di un cinema e sono certo che porta dei buoni frutti. Al Maggio lo vedo tangibilmente, con molta soddisfazione: la sala è sempre più piena di ragazzi e soprattutto di ragazzi che tornano.