Doveva essere la finale dei record, una maratona infinita. Tutti erano sicuri che la finale degli Australian Open di tennis sarebbe durata cinque o sei ore: così non è stato. Novak Djokovic ha annichilito Rafael Nadal giocando il miglior tennis della sua carriera e trionfando col netto parziale di 6-3,6-2,6-3 in sole 2h e 4.
L’unico precedente tra i due in una finale degli Australian Open era del 2012: anche allora vinse il serbo, ma la finale fu combattutissima e durò quasi sei ore. Anche stavolta, per le premesse che si erano create alla vigilia, sembrava che l’equilibrio dovesse regnare sovrano, ma fin dall’inizio Djokovic è uno schiacciasassi: prende in mano il gioco, giocando d’anticipo e forzando molto i propri colpi, riuscendo sempre a trovare gli angoli. Ruba subito il servizio a Nadal, che non aveva mai perso un game di battuta in tutto il torneo, e nei primi 13 punti, 12 sono del serbo e uno solo dello spagnolo. Rafa non riesce a trovare la profondità con dritto e rovescio, e subisce tremendamente il servizio dell’avversario, tanto che nel primo set in risposta realizza un solo punto su 21 e in tutto il match (la finale più breve dal 2003) ha avuto solo due palle break. Dai numeri capiamo bene l’andamento della partita: non c’è stata storia.
Forse il maiorchino avrebbe potuto opporre una migliore resistenza, ma sono più i meriti di Djokovic che i demeriti di Nadal. Novak ha dominato l’avversario nelle caratteristiche che lo contraddistinguono: il gioco da fondo e l’estenuante resistenza. Questo ha costretto Nadal a cambiare la propria tattica di gioco cercando di chiudere velocemente gli scambi e attaccando a rete. Questa interpretazione della partita non corrisponde alle sue qualità, e l’ha ulteriormente penalizzato. Djokovic ha vinto d’intelligenza, ma non solo: si è dimostrato in forma splendida e in grado di fare qualunque cosa sul campo da tennis.
Dopo un periodo pieno di delusioni e sofferenze dovute anche a un grave infortunio, Djokovic è tornato ad essere imbattibile. Aveva già vinto gli ultimi due slam della scorsa stagione ed era tornato numero uno del mondo, ma non aveva mai giocato così bene; ora deve cercare di mantenersi in questo stato di forma per tutta la stagione e non può non porsi come obiettivo il fare il Grande Slam, ovverosia vincere tutti e 4 i tornei dello slam di una stagione. Nella storia del tennis solo due uomini ci sono riusciti, e l’ultimo è stato Rod Laver nel 1969: se dopo 50 anni il serbo riuscisse nell’impresa entrerebbe ancor di più nell’olimpo del tennis, e questa è una cosa che gli preme molto. Infatti il serbo è sempre stato visto dai tifosi e dall’opinione pubblica come il terzo incomodo della rivalità storica tra Federer e Nadal, e non ha mai avuto tanti tifosi quanto loro due: eppure Novak a 31 anni ha già vinto 15 slam (Federer è a 20 e Nadal a 17) e considerando che è più giovane e più in forma dei due rivali e che la “next gen” fatica a carburare, potrebbe anche superarli entrambi e diventare il tennista più vincente della storia. Ma quindi, è Djokovic che sta giocando nell’era di Federer e Nadal, come si crede ora, o sono Roger e Rafa a giocare nell’era di Djokovic? Ai posteri l’ardua sentenza.