Si apre un grandissimo 2019 per Firenze, gli Uffizi partono a gonfie vele annunciando varie e interessanti mostre durante tutto l’anno.
Le esposizioni spazieranno nei secoli aprendosi con la celebrazione del cinquecentenario della nascita di colui che fece costruire gli stessi Uffizi e portò per primo il titolo di Magnus Etruriae Dux, il Granduca Cosimo I (1519-1574) per poi terminare in bellezza con l’esposizione dedicata ad un’interessantissima figura del ‘500, Pietro Aretino, autore dei ‘Sonetti lussuriosi’.
E’ proprio su quest’ultimo intrigante personaggio, fin troppo spesso sottovalutato, che vale la pena di soffermare la nostra attenzione.
Il “pregiudizio moralistico” ha pesato per più di quattro secoli sul nome e sull’opera di Pietro Aretino, costretti ad una circolazione clandestina. Lo stesso Francesco De Sanctis nella Storia della letteratura italiana, che è stata a lungo un punto di riferimento della critica letteraria nostrana, esprime una severa valutazione morale da cui è assente ogni considerazione di ordine letterario: la sua memoria è infame; un uomo ben educato non pronunzierebbe il suo nome innanzi a una donna.
Dopo un lungo, lento, incerto processo di recupero, la piena riabilitazione di Pietro Aretino e il pieno recupero di una straordinaria personalità di scrittore al panorama della letteratura italiana del Cinquecento, avviene (finalmente) in tempi recenti.
Pietro Aretino (Arezzo, 20 aprile 1492 – Venezia, 21 ottobre 1556), poeta, scrittore e drammaturgo italiano è oggi conosciuto principalmente per le sue pasquinate (Pasquino è la più celebre statua parlante di Roma, divenuta figura caratteristica della città fra il XVI ed il XIX secolo, alla quale si appendevano durante la notte vari fogli contenenti satire in versi, dirette a farsi beffe anonimamente di personaggi pubblici più importanti).
Grande parte della sua fama è dovuta anche ad alcuni suoi scritti dal contenuto licenzioso, quali i Sonetti Lussuriosi ed i Dubbi amorosi.
I sonetti lussuriosi sono ispirati da incisioni erotiche realizzate da Marcantonio Raimondi su disegni, ai limiti della pornografia, di Giulio Romano, mentre i Dubbi Amorosi, più moderati e divertenti, ma pur sempre molto arditi, sono stati scritti con lo scopo di prendere in giro varie questioni giuridiche e più in generale tutta la poesia che si rifaceva ai canoni del petrarchismo o bembismo (fenomeno internazionale d’imitazione della poetica di Francesco Petrarca, caratterizzato da un linguaggio particolarmente aulico ed elegante).
Di seguito è riportato un esempio di dubbio amoroso.
Dubbio X:
Suor Tarsia al cesso andò credendol vuoto trovar, ma vi trovò fra Galeazzo, s’infilò la meschina sul suo… (Lascio all’immaginazione questa rima ) Ruppe la suor di castitate il voto?
Risoluzione X
Perché suor Tarsia non per far peccato, ma non volendo, tolse in le culate il c****, ella per ciò di castitate non ruppe il voto, questo è dichiarato.
Ad ogni dubbio come in questo caso corrisponde una risoluzione “giuridica”.
In antitesi ai lavori più licenziosi l’Aretino scrisse anche significative opere a contenuto religioso, finalizzate a farsi apprezzare nell’ambientecardinalizio che a lungo frequentò.
Pietro, letterato tanto amato quanto discusso, viene spesso criticato proprio a causa di questa sua incoerenza tematica, riconducibile ad una grande capacità letteraria, utilizzata tuttavia in maniera particolarmente opportunista. La sua letteratura viene dunque utilizzata quasi come un’ arma per delinquere tramite la provocazione e la beffa e talvolta persino il ricatto.
Nonostante le critiche, sarebbe sbagliato non prenderlo in considerazione tra i modelli di intellettuale rinascimentale, Aretino scrisse infatti opere molto apprezzate tra le quali: i “ Ragionamenti” e la commedia de “La Cortigiana“; quest’ultima considerata da molti, seconda soltanto alla Mandragola, per quanto riguarda le commedie del 500’.
Dai suoi adulatori fu chiamato divino, appellativo che gli piacque e di cui si fregiò; mentre per le sue satire e i suoi motteggi fu chiamato flagello dei principi, così come ricorda anche Ariosto nell’Orlando furioso:
… ecco il flagello
de’ principi, il divin Pietro Aretino.
(Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, 46, 14, 3-4)
Visse e alimentò con i suoi scritti un momento fondamentale per la storia e per l’arte italiana. Citando Giorgio Vasari nelle sue Vite degli Artisti: Aretino visse, in una parola, nel pieno della Maniera Moderna. Proprio in questo periodo infatti, poté vedere con i propri occhi l’affermazione di Michelangelo e Raffaello a Roma, la diffusione in tutta Europa della cultura maturata nei primi tre decenni del Cinquecento nello sfarzo della corte di Giulio II, Leone X e Clemente VII, contribuendovi personalmente. Il suo ritratto alla Galleria Palatina è uno dei capolavori di Tiziano, noto per le effigi di Papi e Imperatori.
È tra un centinaio di dipinti, sculture, oggetti di arte applicata, arazzi, miniature e libri a stampa che sarà possibile, durante questa mostra, ripercorrere le orme di questo controverso e grande intellettuale. La mostra sarà suddivisa in cinque sezioni, ognuna delle quali illustrerà i principali momenti della vita di Pietro, e l’avvicendarsi di scenari che vanno dagli esordi tra Arezzo e Perugia, all’approdo alla corte pontificia di Roma, fino al suo trasferimento nel nord Italia, prima a Mantova e infine a Venezia.
Pietro Aretino e l’arte del Rinascimento
a cura di Anna Bisceglia, Matteo Ceriana e Paolo Procaccioli
Gli Uffizi, Aula Magliabechiana
26 novembre 2019 – 1 marzo 2020
Ex ginnasta ed ex studente del liceo scientifico Leonardo Da Vinci di Firenze, attualmente studente di management engineering e imprenditore digitale.