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LE INTERVISTE DEL LEO 12: DAVIDE CORTONI, montatore Rai. Dietro le quinte dei teleschermi…

Con affanno ed impeto Davide Cortoni è sempre pronto a correre dietro agli atleti del mondo per realizzare i servizi migliori. Cortoni lavora dal 1991 come montatore presso la ben nota azienda di comunicazione Rai, che detiene in Italia l’esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo. È specializzato nelle news sportive, in particolare pallavolo, nuoto ed atletica. Con il suo inconfondibile accento romano racconta il suo lavoro. Un mestiere impegnativo, che ha scoperto e fatto suo giorno dopo giorno.

Com’è nata la sua passione?

A essere onesti è nata per puro caso. Dopo la scuola superiore ho partecipato a un concorso per entrare nella Rai. Mi richiamarono dopo 3 anni per una sostituzione, però era propedeutica all’assunzione definitiva. Quando vidi la chiamata dalla Rai non ci credevo sinceramente.

Venni assunto come tecnico “tutto fare” nella nuova Rai Sport: insieme ad altri 8 ragazzi neoassunti ci occupavamo a turni o del settore tecnico o di quello del montaggio. Eravamo tutti senza una qualifica specifica. Col tempo la società si accorse che non era un’organizzazione lavorativa ottimale, e quindi decise di tornare alle figure standard specializzate: dovevamo scegliere in quale dei 2 settori proseguire definitivamente.

Io scelsi montaggio. Lo trovavo un lavoro creativo e stimolante. La missione del montatore è quella di trasmettere un’emozione a chi vede. Io so di aver fatto un buon lavoro quando mentre guardo il mio servizio non mi accorgo del tempo che passa. Negli anni ho elaborato, come d’altro canto gli altri colleghi, un mio stile, delle mie tecniche. Particolarmente interessante è quando collabori con un giornalista bravo a scrivere: la sua storia ti coinvolge e ti porta anche a metterci del tuo. Per questo si può definire un lavoro di collaborazione.

Per i montatori che lavorano nelle reti il discorso è diverso: la collaborazione è più ampia, più persone “ci mettono bocca”, quindi l’autonomia e la creatività sono più ristrette.

Secondo lei, quanto è importante la formazione scolastica per questo lavoro?

Io non ho fatto una scuola specifica per questo lavoro. Ho imparato sul campo. Il settore del montaggio tuttavia è vasto: esiste la scuola “CineTV” che insegna le tecniche di cinema e di regia, ma è più indirizzata verso il montaggio cinematografico in cui devi raccontare una storia articolata. Io sono rivolto verso il montaggio televisivo, le news e questo richiede più tecniche operative che puoi imparare con l’esperienza.

Come sceglie immagini, spezzoni dei filmati, il loro ordine nel servizio?

Di base devo seguire il testo scritto dal giornalista, il quale è responsabile quanto me del lavoro, quindi mi affianca nelle scelte. A seconda del servizio da realizzare ho una serie di immagini a disposizione. Io principalmente seguo lo sport, dunque se si parla di un atleta inserirò uno spezzone in cui lo si vede giocare, non certo l’immagine di uno stadio vuoto.

L’audio del giornalista è la prima cosa da mettere, come se fosse la colonna sonora. Prossimo passaggio consta nel caricare le immagini con gli effetti audio associati ad essa. L’obiettivo è creare qualcosa di lineare, dare l’idea di un racconto realizzato per immagini. Questo è il concetto di montaggio.

Ha conosciuto dei personaggi famosi?

Ho conosciuto vari ex calciatori, come Sandro Mazzola, con cui ho fatto 2 tiri a pallone, e Vincenzo D’Amico. Ho lavorato con numerosi conduttori televisivi. Ho scambiato 2 parole con Federica Pellegrini e Filippo Magnini. Questo è uno dei lati che preferisco del mio lavoro: mi consente di scoprire culture, personaggi, luoghi… vengo pagato per viaggiare. Sono stato in tutti i continenti eccetto l’Africa. Pensa che una volta ho dormito in una favela. A Pechino ho scoperto che i tassisti non conoscono tutta la città, infatti per arrivare in un locale con dei miei colleghi è stata un’Odissea: all’inizio il tassista sembrava convinto della strada, dopo mezz’ora che girava in tondo ci siamo resi conto che non aveva idea di dove fosse questo posto; arresi siamo scesi, in un posto sperduto, e abbiamo dovuto chiamare l’albergo per farci mandare un altro taxi.

Eventi futuri a cui parteciperà?

La prossima settimana parto per Glasgow per i Campionati Europei (manifestazione multisportiva). Quest’anno hanno pensato di riunire tutte le discipline in un unico campionato, quindi ci saranno nuoto, atletica, ciclismo, ginnastica, golf, nuoto sincronizzato ecc. Io mi dedicherò a tutte se non all’atletica che non prenderà luogo in Scozia, bensì a Berlino.

Insieme a me ci sarà un’altra montatrice e staremo nella sede della BBC. Durante la “giornata tipo” registreremo i segnali che ci arriveranno dai diversi eventi. Sul posto ci saranno uno o più giornalisti. In base alle richieste che gli studi di Roma e di Berlino ci faranno, noi monteremo i servizi.

Un altro evento che aspetto con trepidazione sono le Olimpiadi del 2020 che si terranno a Tokyo. Sarebbe la quinta a cui parteciperei, così poi mi tatuo i cerchi olimpionici.

Le Olimpiadi sono le mie preferite come le più faticose: le giornate sono piene, se non c’è abbastanza personale puoi lavorare persino 12 ore al giorno; inoltre su 25 giorni di Olimpiadi, solo 2 sono liberi.

Quanto tempo impiega a montare un servizio?

In media dedico un’ora a un montaggio, però dipende dalla complessità del servizio. Nella mia carriera, ad esempio, ho realizzato anche un documentario di un’ora e mezza, “Cent’anni d’Olimpiadi (1896-1996)”, con il giornalista Sandro Fioravanti, e dietro a questo lavoro ci siamo stati circa un mese.

Ha sempre seguito solo ed esclusivamente lo sport?

No, talvolta mi sono occupato di politica, ma preferisco lo sport.

Un tema come quello della politica è troppo delicato, c’è molta tensione dietro: i giornalisti hanno paura, devono stare molto attenti a ciò che scrivono e difatti prima di pubblicare un’intervista devono chiedere il permesso a una dozzina di persone.

Te ne racconto una che mi fece venire i brividi. Anni fa ero con una giornalista al convegno di un partito a Palermo. Alla fine dell’evento la mia collega aveva scritto un pezzo, chiamò il suo direttore per farselo approvare, dopo di che lo fece leggere anche all’addetto stampa del politico in questione. L’addetto stampa prese la penna rossa e via che scorreva gli occhi sullo scritto, correggeva ciò che non gli piaceva, “Questo lo metti, questo lo togli”. In questo modo la giornalista era diventata una passacarte.

Nello sport censure di questo tipo non ce ne sono. Molto raramente avviene che qualche atleta chieda di non pubblicare qualche che sua parola che potrebbe fargli cattiva pubblicità, ma non sempre i giornalisti li accontentano.

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