La disastrosa notte tra il 26 e il 27 maggio 1993, in cui avvenne un’esplosione per mano di cosa nostra in Via dei Georgofili a Firenze, mantiene tutt’oggi un’importanza fondamentale. Persero infatti la vita ben cinque persone, i coniugi Fabrizio Nencioni e Angela Fiume, oltre alle loro figlie Nadia e Caterina Nencioni e lo studente Dario Capolicchio. Inoltre, una quarantina di persone rimasero ferite. È un chiaro esempio di come la mafia si stia man mano sempre più espandendo, e deve ricordarci che ogni giorno dobbiamo combattere per debellare questa malattia che ancora affligge la nostra penisola. Proprio in favore della memoria e della sensibilizzazione in primis dei fiorentini, ma in generale degli italiani, si è tenuto in data 17 Aprile, in occasione del 15° anniversario della morte del pubblico ministero Gabriele Chelazzi, il seminario “Strumenti di contrasto e tecniche di indagine in materia di terrorismo e criminalità organizzata” presso il Palazzo di Giustizia di Firenze. Organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura, in collaborazione con Regione Toscana e il Comune di Firenze, il seminario ha visto partecipi, con il coordinamento dell’ex procuratore Giuseppe Quattrocchi, Margherita Cassano, presidente della corte d’appello, il procuratore generale Marcello Viola, l’assessore regionale Vittorio Bugli, la vicesindaca Cristina Giachi e Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. Sono anche intervenuti il procuratore di Prato Giuseppe Nicolosi, il procuratore di Pisa Alessandro Crini e il procuratore di Torino Armando Spataro.
Il tema principale del seminario era incentrato sulla figura di Gabriele Chelazzi, il pubblico ministero che ha coordinato le indagini sulle autobombe del 1993-94, morto a 59 anni la notte tra il 16 e il 17 Aprile 2003. Si è parlato della sua figura, e soprattutto della sua professionalità, all’interno del suo lavoro. Gabriele è stato, per tutti, un esempio di competenza, profondità di pensiero e di giudizio. Possedeva delle ottime conoscenze d’indagine in ambito terroristico, che gli hanno permesso di venire a capo delle indagini. E ancora oggi, a 15 anni dalla sua morte, dobbiamo ispirarci alla sua etica del lavoro, nel fare il proprio dovere al meglio per essere una parte utile della comunità: lui era una chiara manifestazione di tutto questo, dando un ottimo esempio alla magistratura italiana. Soprattutto, dobbiamo ricordarci di come fu antesignano di ottimi metodi d’indagine, con una puntigliosa analisi dei contenuti delle fonti, volta a verificarne la veridicità. Egli fu attento a ogni singolo dettaglio, non sottovalutava nemmeno il particolare più insignificante, dai componenti degli esplosivi negli attentati fino all’acquisizione di più informazioni possibile dalla scena del crimine.
Certo è che se fosse stato uno scienziato, oggi saremmo qui a parlare delle sue scoperte. Ma anche se tale non fu, il suo metodo seguiva sicuramente un approccio scientifico, basato sempre sulla razionalità, sulla precauzione e sul rispetto. Dopo aver affinato dei meccanismi collaudati e dalla straordinaria precisione, Chelazzi comprese cosa fosse davvero giusto e cosa fosse giusto dire. Ed è ovvio che ancora oggi, per colpire scenari mafiosi come quelli indagati dal rivoluzionario pm, la magistratura deve intervenire attivamente. Ed effettivamente lo sta facendo, soprattutto nella nostra amata Toscana, dove il caso della strage è stato completamente ricostruito con condanna dei colpevoli. Ma il lavoro non finisce qui, perché bisogna anche portare avanti il ricordo e mantenerlo vivo nelle menti dei giovani, passando, oltre ai fatti, anche le emozioni e sensazioni dell’epoca. Ciò deve servire a trasmettere valori come la fratellanza e la collaborazione, ed è anche per questo che è stata organizzata questa conferenza.
Ancora, si è insistito sull’etica di Chelazzi, sull’importanza che diede al suo lavoro. E questi insegnamenti non vanno mai dimenticati, ma proposti anche ai ragazzi delle scuole, che rappresentano il nostro futuro. Bisogna far comprendere l’importanza della legge, che non rappresenta un punto d’arrivo, ma uno di partenza, poiché essa, dopo essere stata compilata, va fatta vivere, grazie ai magistrati e agli uomini di legge, i quali sono pienamente partecipi di tutto questo, nel dare alle leggi e alla giustizia una propria umanità. Come? Dandole parola, contenuto, segno e diritto, tutti originati dall’ingegno umano. Perché è proprio da qui che nasce la nostra umanità. Il mondo non è bianco e nero, e per ogni reato c’è un criminale e una vittima, entrambi con la loro storia sulle spalle. Alla fine, sono tutti uomini e donne come noi, e non dobbiamo scordarcene mai. E una delle più belle lezioni che Gabriele potesse darci è proprio quella della giustizia fatta dagli e per gli uomini, nel loro totale rispetto, che siano indagati o non.
Come è stato più volte sottolineato nella vita del pubblico ministero Chelazzi non esisteva approssimazione, il “forse si può fare così” non era contemplato. Anche nelle cose più piccole dimostrava sempre un atteggiamento tecnico-scientifico. Questa visione era presente perfino nelle sue più grandi passioni: la Fiorentina e la pesca. Il grande tifoso fiorentino ricercava sempre la scientificità del gioco, cercava sempre di capire se il movimento di quel pallone fosse giusto o meno, in modo incredibilmente meticoloso. Lo stesso dicasi per la pesca. Egli approfondiva sempre ogni aspetto di questo passatempo. Dalla lenza migliore da usare al lago più prosperoso. E tutto ciò derivava da una sua passionata e divertita ricerca del particolare. E proprio da qui nacque il suo, il nostro, metodo.