La pressione materialistica della società odierna vuole renderci partecipi, o meglio protagonisti, di una vita di “negotium”, di un’esistenza frenetica dove il gusto dell’eccezionalità e della novità sembra essere il motivo centrale della nostra giornata. E così nel nostro quotidiano, abbiamo bisogno di qualcosa che renda rilevante la nostra giornata, che la renda speciale.
Specchio di questa nostra civiltà capitalistica è il calendario che è andato formandosi, cerchiato di rosso per ben 162 volte (in Italia). Il 44% dei giorni dell’anno sono dunque rappresentativi di una qualche “causa”. Senza nulla togliere alle festività religiose, nazionali o cittadine, il resto dell’”esercito” delle celebrazioni è stato deciso dall’Onu e dalle altre organizzazioni internazionali. Son ben 101 le “giornate mondiali”per sostenere, sensibilizzare, o solamente celebrare (per il semplice gusto di farlo) qualunque cosa. Si passa così dalle più nobili cause (lotta all’AIDS, al cancro, alla lebbra, per la sicurezza in ambienti lavorativi) alle più futili e banali quali le giornate mondiali della lentezza, del sorriso (da non confondere con quella della risata), della Nutella, dell’hamburger.
Ormai non c’è un giorno in cui non se ne trovi una. Ci sono persino celebrazioni che convivono nella stessa giornata, mischiando cause dignitose a cause grezze, unendo il nobile al volgare, il sacro al profano. Rendendo tutti i giorni commemorativi nessuno alla fine lo è veramente: ciò che ne viene fuori è un enorme crogiolo di feste vane, il cui unico esito è la grossa confusione ed indifferenza delle persone.
Perché se può essere degna di nota la giornata della Terra (22 aprile) non lo è sicuramente quella del Tapiro (27 aprile) o quella del whisky del 20 maggio. Ieri (31 marzo) erala giornata del Back-up, tanto importante ai giorni d’oggi quanto inutile da essere ricordato. Ma la regina indiscussa delle giornate da ricorrenza è senza dubbio il 21 marzo che, ambita da molti forse in quanto equinozio di primavera, vanta ben 4 festività.
Un anno dunque, di giornate speciali, una tempesta senza sosta di celebrazioni, in cui paradossalmente sono le giornate “normali” a risultare speciali, ad essere le vere eccezionalità, poiché portatrici di quella normalità, di quella irrilevanza, che mancano fin troppo nelle nostre vite.