E’ presso il cinema La Compagnia di Firenze che in questi giorni (ultima data 25 febbraio) si sta tenendo la sesta edizione del Balkan Florence Express. Nato da un’idea di Simone Malavolti e Cecilia Ferrara, l’obiettivo del festival è quello di raccontare la storia dei paesi balcanici attraverso il cinema, o meglio attraverso quei (molti) film che non hanno distribuzione in Italia. Sono numerosi i festival che propongono film senza distribuzione di paesi esteri, ma fino a 6 anni fa non era stato riservato spazio a questi paesi con tanto da raccontare. E’ proprio a Simone Malavolti che abbiamo chiesto più informazioni riguardo a questo festival che nasce proprio qua a Firenze.
Questa è ormai la sesta edizione del BALKAN, ma in origine in che circostanze è nata l’idea di creare un festival di questo tipo che ancora in Italia non era presente?
L’idea nasce da me e Cecilia Ferrara (altro direttore artistico) grazie a Oxfam Italia che inizialmente ci ha sostenuto in questa idea di portare il cinema balcanico che non ha distribuzione qui in Italia e presentarlo al pubblico italiano. Siamo riusciti a vincere un bando che ci ha permesso di portare avanti il festival con il sostegno della Fondazione Sistema Toscana (organizzatrice degli eventi in Toscana) che tra le altre cose ci ha fornito la sala del cinema. L’idea di fondo era ed è tutt’ora quella di promuovere e far conoscere questi paesi attraverso un mezzo immediato e che raggiunge molte persone, appunto il cinema, proponendo film che non hanno distribuzione in Italia, ma che non per questo sono meno meritevoli e qualitativamente validi. Il nostro slogan infatti dice: “I Balcani come non li avete mai visti” e infatti vogliamo far parlare loro. I paesi coinvolti sono tutti i paesi nati dalla dissoluzione della Ex Iugoslavia più l’Albania.
Su che base selezionate i film e come funziona il “reclutamento” dei registi?
Il principio di base è la collaborazione, infatti in primis abbiamo coinvolto le associazioni e i festival che si occupano di cinema nei balcani (Sarajevo film festival, Tirana film festival, Cinedays in Macedonia, ecc.) con lo scopo di creare insieme a loro una rete in modo che fossero loro a suggerirci i titoli. Questo accade ancora oggi, infatti ogni anno ci mettiamo in contatto con i nostri partner balcanici che ci propongono una rosa di 10/15 titoli a testa, e poi noi li selezioniamo secondo la qualità e ciò che riteniamo essere valido anche dal punto di vista di tematiche e abilità registiche/attoriali.
In questa edizione c’è un filo conduttore che unisce tutti i film o spaziano in più ambiti e/o tipologie?
Spaziano abbastanza. Parlano di tematiche più sociali fino a tematiche più intime, abbiamo commedie drammatiche, documentari storici o musicali. Quest’anno per la prma volta abbiamo un lungometraggio animato realizzato in stop motion. Quindi no: non c’è un filo conduttore, anche se in questa sesta edizione è molto presente la figura della donna, sia nelle tematiche sia nelle regie.
Un film che ha la ha colpito di più e uno che ha riscontrato più successo da parte del pubblico?
Innanzitutto colgo l’occasione per annunciare una novità: quest’anno abbiamo istituito due premi che verranno consegnati sabato sera per il “miglior documentario” e la “miglior fiction”, quindi il giudizio di noi organizzatori verrà reso noto a tutti prossimamente. Il pubblico, degli spettacoli proposti finora, ha apprezzato molto il documentario “The other side of Everything” della regista serba Mila Turajilic, che abbiamo proposto in collaborazione col Trieste film festival. E’ una storia che combina l’elemento personale con una rappresentazione e un racconto sul paese attraverso un dialogo tra una madre e una figlia che nasce da una porta perennemente chiusa da 60 anni all’interno della loro casa, al di là della quale vive un’altra famiglia mandata lì durante il periodo socialista. E’ un modo molto personale di raccontare la storia del paese. Per quanto riguarda la fiction invece a parer mio molto interessante è The Frog, ambientata ai giorni nostri a Sarajevo che narra degli effetti della guerra di lungo periodo su amici, fratelli e compagni: tra chi è stato traumatizzato, chi rifiuta il ricordo di ciò che è avvenuto e chi è stato all’estero si crea una forte tensione. La cosa particolare è che in origine questo era uno spettacolo teatrale di origne croata, e il fatto di ambientarla a Sarajevo, mi ha spiegato anche il regista, è un modo per dire che è una storia con valenza universale.
Il festival organizza anche uscite didattiche con i licei la mattina e inoltre ospita i registi con i quali intraprendere dibattiti e commentare le pellicole. L’ultimo appuntamento è domani domenica 25 febbraio, anche se ovviamente il festival tornerà l’anno prossimo, ricco di nuovi film per raccontare storia e pensieri di questi paesi.