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Un commento a freddo: i fatti di Macerata, tra crisi sociale e ambiguità.

Tutti – o perlomeno quasi – hanno sentito parlare di Macerata, il piccolo capoluogo di provincia delle Marche che nelle ultime settimane è stato teatro di una serie di fatti aberranti e sconvolgenti, sia dal punto di vista umano che, ahimè, istituzionale. Cominciamo dall’inizio, quando il pomeriggio del 30 gennaio, tra le 12 e le 18, Pamela Mastropietro, 18 anni, frequentante la comunità terapeutica “Pars” nel paese di Corridonia che aiuta circa 120 ragazzi a liberarsi dalle dipendenze, è stata – barbaramente è dire niente – uccisa da tre nigeriani. Secondo gli inquirenti, si trattaerebbe di: Innocent Oseghale, con precedenti per spaccio e in Italia con permesso di soggiorno scaduto da un anno, Lucky Desmond, finora incensurato, regolare e richiedente asilo e Awelima Lucky, anche lui regolare e richiedente asilo, arrivato insieme a Desmond dalla Nigeria a bordo di barconi. Tra questi figura un quarto indagato, il quale avrebbe fatto da autista ai tre. Tutto è cominciato quando lunedi 29 gennaio, intorno alle 14:30, Pamela è fuggita dalla comunità, senza soldi, documenti e cellulare. Dopo probabilmente aver fatto l’autostop si è recata a Macerata, come testimoniano le immagini delle telecamere di Via Spalato il giorno successivo. Sempre da queste, si note che Pamela non è più sola, ma è in compagnia di Oseghale, la cui casa si trova nei pressi della farmacia Matteucci, dove Pamela si reca alle 11 della mattina per comprare una siringa da 5ml, utilizzata – secondo quanto affermato dal farmacista – solitamente per cocktail di droghe, crack e altre sostanze. Dopodiché la ragazza si reca a casa dell’uomo per iniettarsi la dose che lui stesso le aveva procurato e, come si apprende dai tabulati telefonici – partono delle chiamate per Desmond e Awelina, i quali in poco tempo raggiungono l’attico. Da qui un vuoto, che deriva dal fatto che non si sa con certezza cosa abbia spinto a commettere un delitto tanto violento e macabro, ma allo stesso tempo “chirurgico”, difficilmente pensabile da una persona per così dire “comune”. Forse un overdose, una ribellione da parte della ragazza, ma a parte questo, ciò che si apprende dall’autopsia, dalle indagini e dai ritrovamenti è, a parere di chi in prima persona se n’è occupato, un bollettino di guerra: un qualcosa di mai visto e neanche lontanamente immaginabile. Il corpo della ragazza viene ritrovato disfatto in circa 20 pezzi occultati in due trolley abbandonati per strada, senza cartilagini e legamenti e con dei buchi sui polsi, nonostante le dipendenze della ragazza fossero fumo e hashish. Come se non bastasse, sul suo corpo è stata anche operata l’asportazione e la ripulitura del pube, probabilmente per cancellare le tracce di una violenza sessuale, ipotesi che gli inquirenti sospettano fortemente, ma che, visto lo stato del cadavere, non sono ancora in grado di accertare. Si dovranno attendere gli esami tossicologici. Le parti del corpo di Pamela sono state poi lavate con abbondanti quantità di candeggina, acquistata poco dopo il delitto da due degli assassini, prima di essere riposte nelle valigie. Allo stesso modo il luogo del delitto, ripulito con cura al fine di omettere qualsiasi tipo di traccia. Un qualcosa di agghiacciante, che lascia tutti attoniti e che deve, pur tuttavia, far pensare e riflettere, dal momento che il “lavoro” compiuto degli assassini per sezionare il corpo della ragazza, secondo gli esperti, richiederebbe ad un anatomopatologo un tempo di circa 10 ore. Al caso di Pamela è poi seguito quello di Luca Traini, italiano di 28 anni che il 3 febbraio ha esploso diversi colpi di pistola dalla propria auto in corsa nel centro di Macerata, ferendo sei persone, cinque uomini e una donna, tutte di origine africana, e colpendo edifici e negozi, tra cui la sede locale del Partito Democratico. Dopo oltre un’ora in Piazza della Vittoria, davanti al Monumento ai Caduti, braccato dai militari, si è tolto il giubbotto per mettersi sulle spalle una bandiera italiana, è salito sui gradini del monumento e ha fatto il saluto romano. Una volta arrestato ha ammesso di essere l’autore del gesto. I feriti sono stati trasportati tutti in ospedale: quattro di loro miracolosamente non hanno riportato lesioni gravi, gli altri di due invece dovranno essere operati e tenuti sotto osservazione. L’uomo ha sparato a bordo di un’Alfra 147 nera, tra l’altro anche in Via Spalato, la stessa strada dell’abitazione del presunto colpevole dell’omicidio di Pamela. Le possibilità che ci fosse un legame tra i due sono al vaglio dei Carabinieri, ma al momento sembra non si conoscessero. Un atto di vendetta forse, dopo ciò che era successo pochi giorni prima o chissà. Traini nel 2017 si era candidato alle elezioni comunali di Corridonia in lista con la Lega Nord, prendendo tuttavia “zero” preferenze. E già questo la dice lunga. Espulso poi dal partito per le sue posizioni estremiste sarebbe degenerato ulteriormente arrivando a compiere un simile gesto, terrorizzando una città intera per qualche ora. Puro odio e pura follia che Traini fomentava già da tempo e che, con il fatto di Pamela probabilmente, sono implosi in un colpo solo, sfociando in un raid razzista. A quanto pare però, c’è dell’altro dietro, così infatti afferma Traini durante l’interrogatorio: “ho compiuto atti autolesionistici, già a 14 anni mi procurai una ferita alla mano incidendomi con il portachiavi il numero uno. Mi sentivo bullizzato ed emarginato dai miei compagni di classe che mi deridevano perché ero sovrappeso, a 16 anni pesavo 115 chili. Intorno al 2007-2008 mi sono salvato da pericoli come la droga e l’alcol avvicinandomi alla palestra, dove praticavo il body building. Ho voluto dare un segnale a questa gente immigrata. Forse è vero che ho colpito persone a caso che potrebbero non essere spacciatori, ma sono convinto che tra loro si coprano. Coprono anche quelli che hanno ucciso e massacrato Pamela Mastropietro. Voglio precisare che tutti i locali in cui ho sparato sono locali in cui avviene lo spaccio di droga, a mio parere con il beneplacito dei proprietari. Gli spacciatori sono tutti neri. A Macerata è così. Ce l’ho con gli immigrati che spacciano, con gli spacciatori in generale e con tutti coloro che rovinano i giovani.”

Indubbiamente i problemi dello spaccio di droga e quelli legati  all’immigrazione sono reali; indubbiamente, se queste fossero davvero le soluzioni al problema non saremmo in uno stato di diritto e non dovremmo dormire sonni tranquilli. Altrettanto vergognosi quindi i commenti sui social di quanti hanno fatto di Traini un mito. La questione ha trovato un’ampia cassa di risonanza nell’opinione pubblica e nell’ambiente politico, tant’è che in molti si sono espressi in merito: il leader della Lega, Matteo Salvini, ha condannato senza se e senza ma il gesto, affermando come però il fenomeno dell’immigrazione incontrollata e senza regole porti inevitabilmente allo scontro sociale. Contro Salvini si sono scagliati il presidente del Senato Pietro Grasso, la presidente della Camera Laura Boldrini e lo scrittore Roberto Saviano, incolpandolo di essere il mandante morale della vicenda. E’ riprovevole vedere come la strumentalizzazione e il falso perbenismo prendano puntualmente il sopravvento su tutto, facendo si che si dimentichino principi fondanti e buon senso: curioso notare infatti come, alla manifestazione del 10 febbraio di Macerata contro razzismo e fascismo, alla quale era presente, tra l’altro, proprio Laura Boldrini, “paladina”, come ama definirsi, dei diritti delle donne e della pace sociale, siano stati intonati cori contro le Foibe e siano comparsi slogan e striscioni relativi alla sessualità femminile, chiamata in causa in una maniera davvero vomitevole dagli stessi che, contemporaneamente, a Piacenza massacravano di botte un carabiniere inerme a terra. E che dire poi di Roberto Saviano, secondo la cui logica egli stesso sarebbe il mandante morale, dopo aver scritto la serie televisiva “Gomorra”, dei delitti commessi dalle baby gang camorriste. I morti, le stragi, non devono essere declinate secondo la logica del “cattivo o buono”, per la quale esistono morti di serie A e morti di serie B, né soprattutto si dovrebbe speculare sopra di esse. Ciò che si aspetta non è altro che l’occasione “giusta” da ergere e da idolatrare a meri fini politici-elettorali, cercando di screditare il proprio avversario politico. Questo è quanto accaduto a Macerata, dove abbiamo visto le due facce delle stessa medaglia, le facce di chi usa la violenza e di chi “predica bene (a suo dire) ma razzola male”, di chi, condannando la violenza, paradossalmente ne continua a far uso. Ancora una volta si è voluto ridurre la questione ad un derby fascismo/comunismo quando nel frattempo una ragazza è stata uccisa da tre uomini, uno illegale in Italia da ormai un anno e due richiedenti asilo politico, e in più uno squilibrato mentale ha rischiato di uccidere diverse persone con un’arma da fuoco che, da qualche parte, avrà pur rimediato. Forse si guarda al passato perchè non siamo in grado – o non vogliamo guardare – al presente e al futuro. Forse non siamo in grado di ammettere che qualcosa di sbagliato in questi anni è stato fatto: continuando con le promesse illusorie di prospettive di vita migliori nei confronti dei cittadini e di centinaia di migliaia di immigrati che quotidianamente sbarcano sulle coste del Sud Italia, abbiamo raggiunto il limite estremo, non rendendoci conto di come il guadagno di pochi abbia portato alla disfatta di milioni di persone e di città, nonché ad alimentare una crisi sociale che è sempre più dirompente.

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