Di cosa è fatto l’universo? Quanto è grande?
Sono solo tre le dimensioni dell’universo o ce ne sono altre?
Perché tutta l’antimateria prodotta nel Big Bang è scomparsa,
lasciando un universo fatto di materia?
Al CERN – l’acronimo viene dal francese “Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire” – fisici e ingegneri da tutto il mondo cercano di rispondere a queste e altre domande. Se nel 1952, anno in cui fu fondato il primo organismo provvisorio con il mandato di istituire un’organizzazione mondiale di ricerca (il CERN sarà fondato nel 1954), l’indagine della fisica si concentrava sull’atomo e la sua struttura, oggi la conoscenza scientifica va molto aldilà del nucleo e il principale campo di ricerca del centro è la fisica delle particelle. A questo scopo gli “addetti ai lavori” usano gli acceleratori e i rivelatori di particelle più grandi e più complessi al mondo, in cui le particelle sono fatte scontrare a una velocità prossima a quella della luce, per registrare e analizzare i dati alla ricerca di possibili indizi sulle leggi fondamentali della natura.
Sono sette gli esperimenti attualmente in corso che fanno parte di LHC (Large Hadron Collider) e tutti usano strumenti complessi per analizzare la miriade di particelle prodotte dalle collisioni all’interno dell’acceleratore. Tra questi i più importanti sono ATLAS e CMS, che usano rivelatori non specifici e quindi volti a osservare la più vasta gamma di fenomeni fisici. LHC è l’acceleratore di particelle più potente del mondo, consiste di un anello sotterraneo (100m sotto terra) di magneti superconduttori lungo 27 chilometri in cui due fasci di particelle (adroni) ad alta energia viaggiano in direzioni opposte – i fan di “Flash” non si spaventino: il tutto avviene in totale sicurezza.
L a sua mole è imponente quasi quanto la sua complessità: il CMS ha una massa di 14.000 tonnellate, un diametro di 15 metri e una lunghezza di 28.7, il tutto 100m sotto il suolo. Ai fini della sua spiegazione l’apparato è presentato ai visitatori come una sorta di cipolla cilindrica a strati sovrapposti, in cui ogni livello ha una precisa funzione. Il rilevatore si trova in uno dei quattro “punti di collisione” di LHC, i 100 milioni di singoli elementi attivi lo rendono uno degli strumenti scientifici più complessi e precisi mai costruiti. Le aree sperimentali sotterranee sono aperte al pubblico durante l’inverno, quando LHC è spento; durante lo stesso periodo tecnici specializzati compiono operazioni di manutenzione. Questo per permettere ai visitatori di poter accedere al centro in modo sicuro, anche una perdita d’elio (non un gas tossico, ma espandendosi nell’aria riduce lo spazio disponibile all’ossigeno) risulta pericolosa; inoltre, incredibilmente, il luogo più sicuro diventa l’ascensore: è infatti collegato alla propria sorgente di energia e dotato di precauzioni antincendio.
CMS sta per Compact Muon Solenoid: Compact perché è grande la metà del suo collega ATLAS, Muon perché il sistema è progettato per rilevare i muoni (i “cugini più pesanti” degli elettroni) e Solenoid perché utilizza come magnete un solenoide superconduttore.
L’esperimento si trova nel comune di Cessy, nella regione francese “Pays de Gex” al confine con la Svizzera. La zona non era nuova agli insediamenti umani, la preparazione dell’area sotterranea si è rilevata difficoltosa non solo per la presenza di faglie acquifere sotterranee ma anche per la scoperta di un sito archeologico che ha portato in luce una villa romana del terzo secolo d.C. Il problema idrico si è risolto costruendo una barriera di ghiaccio (spessa 3m e profonda 50m) utilizzando azoto liquido (-200 °C) in modo che fosse possibile scavare il pozzo, il quale è stato poi rivestito di cemento. I 200.000 m3 di roccia estratti per la costruzione del pozzo e della caverna sono stati usati per ripristinare il paesaggio dell’area circostante.
Nonostante le aree sperimentali sotterranee fossero pronte dal 2005, l’assemblaggio del CMS è cominciato nel novembre 2006 per terminare nel settembre 2008, rientrando nei tempi previsti. Durante i mesi del faticoso e meticoloso assemblaggio le singole sezioni del rivelatore sono state calate nel pozzo singolarmente. Il loro notevole peso, ciascuna tra 200 e 2.000 tonnellate, ha reso l’operazione molto lenta. La sezione centrale contenente il solenoide, la più pesante, ha richiesto circa 12 ore di lavoro per scendere i 100m. Lo spostamento è avvenuto in tempi così lunghi per ridurre al massimo l’oscillazione della sezione, c’erano infatti solo 10cm di distanza tra la sezione e la parete, ogni imperfezione avrebbe causato la perdita di anni di lavoro. Inoltre non ci si poteva permettere errori: la speciale gru necessaria per lo spostamento sarebbe presto servita in Sud Africa per la costruzione dello stadio che avrebbe ospitato i mondiali di calcio del 2008.
3000 scienziati, studenti e ingegneri provenienti da 42 paesi (tra cui Austria, Brasile, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, ecc.) di ogni parte del mondo hanno collaborato all’esperimento CMS; i suoi elementi costitutivi sono stati infatti progettati e costruiti in vari istituti di ricerca ed industrie per poi essere trasportate a Cessy per l’assemblaggio finale. Il costo del materiale di CMS, 550 milioni di franchi svizzeri, è stato sostenuto da tutti i paesi che partecipano all’esperimento.
Delle particelle che percorrono LHC, a livello dei rilevatori si analizzano le traiettorie delle particelle cariche nel campo magnetico, la loro carica e la loro quantità di moto. Una corrente di 20.000 ampere produce un campo magnetico di 4 tesla, un valore altissimo se si considera che quello terrestre è 100.000 volte minore. Per resistere a una corrente così intensa la bobina del CMS è fatta di una lega di niobio e titanio raffreddata a -270 °C (temperatura prossima allo zero assoluto), si tratta di un materiale superconduttore – cioè con la minima resistenza possibile. La bobina è la parte più pesante del sistema, con le sue 12.500 tonnellate (il doppio della torre Eiffel) immagazzina fino all’energia cinetica di un Airbus A320 in volo (2,7 giga joule cioè 2,7 miliardi di joule).
La traiettoria e la quantità di moto delle cariche sono misurate grazie a 17.000 sensori al silicio (segmentati in strip e pixel). La superficie totale del rivelatore equivale a quella di un campo da tennis con circa 10 milioni di strip, che formano la parte più esterna del tracciatore, e 66 milioni di pixel, nel cuore del CMS. Grazie ai sensori il tracciatore ricostruisce le traiettorie, fondamentali per capire cosa avviene durante la collisione tra le particelle. Altre fondamentali informazioni sono ricavate tramite sotto-rivelatori come il calorimetro elettromagnetico e il calorimetro adronico (che in modi diversi misurano l’energia iniziale di un fotone, di un elettrone o di un adrone) e il sistema muonico.
LHC produce 40 milioni di collisioni al secondo, se tutte le informazioni di un secondo dovessero essere conservate occuperebbero tanto spazio quanto 10.000 enciclopedie. Per questo, il Sistema di Trigger pre-seleziona tra le collisioni le più importanti risparmiando così il 99,99% di memoria, scegliendone al massimo 100.000, in questo modo “solo” 100GB attraversano il sistema ogni secondo. Per ogni collisione che il computer classifica interessante, i frammenti di dati raccolti sono assemblati in strutture dette “eventi”. Le informazioni raccolte sono inviate in tutto il mondo in pochi secondi, in Italia raggiungono il centro di ricerca di Bologna.