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LE INTERVISTE DEL LEO 8: Cristiano Chiarot, Sovrintendente Maggio Musicale Fiorentino. Con una anticipazione sul centenario rossiniano…

Cristiano Chiarot è il sovrintendente della Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino. Originario di Venezia, dove ha sempre lavorato fino all’anno scorso, ha esordito come giornalista e del resto la scrittura è stata la sua passione sin dall’adolescenza.Nel periodo della sua giovinezza andare all’opera era vista cosa futile:” Ma perché vai all’opera? Stai a casa a studiare.” Questo era ciò che dicevano gli altri. Tuttavia grazie alla cultura della sua famiglia, riuscì sempre a frequentare l’ambiente del teatro. Una volta pur di andare a un concerto promise che da lì fino alla fine dell’anno avrebbe preso buoni voti…i biglietti si compravano in anticipo quindi il concerto se lo vide, nonostante la promessa non fosse stata mantenuta.  Il suo esordio nel giornalismo è stato in cultura, passando poi anche da sport, cronaca nera, cronaca giudiziaria:  a seconda delle necessità. Per raggiungere i suoi obiettivi, costanza, passione e preparazione sono stati fondamentali: “Per fare ogni lavoro ci vuole una grande passione, ma per questo ce ne vuole ancora di più. Bisogna tentare, darsi da fare e non aver paura di perdersi. “

Il sovrintendente del Maggio Musicale Fiorentno

Sovrintendente, potrebbe darci un bilancio del suo primo anno a Firenze?

Ho cominciato qui il 2 maggio dell’anno scorso, quindi ancora di anno non si può parlare. Di Firenze ho avuto un’ottima impressione: molto vivace culturalmente e con un ambiente interno al teatro di grande valore, dal punto di vista professionale. Tanta voglia di risveglio. Parlo di risveglio perché solitamente si parla di rilancio, ma a me non piace questa definizione: sembra di dare un giudizio riguardo chi è venuto prima di te. Il risveglio non fa male a nessuno e comprende l’attività che dobbiamo fare. Alcune cose però dovevano essere “riregistrate”, dal mio punto di vista. Parto con l’esempio più evidente: sono venuto a Firenze perché c’era un festival di grande importanza internazionale europea, nel mio immaginario doveva essere uno dei più grandi, ma poi lo trovai un festival un po’ “seduto”. Lo volli allora reinventare. Questo, dal punto di vista delle motivazioni professionali, dà grandi spinte. Subito abbiamo ingranato la quinta: a giugno scorso abbiamo presentato tutta l’attività fino a settembre di quest’anno.

Altro problema: il pubblico.  Venendo da fuori, ho capito prima degli altri quali fossero i punti critici: il teatro di Firenze aveva perso l’affetto e la fiducia del pubblico.  Per riconquistarlo serviva diventare un edificio attivo. Vogliamo aprire un bar, far capire che la sicurezza è garantita: deve diventare una casa dove i ragazzi si rifugiano per “scappare” dai genitori.

C’è da dire che cominciamo a vedere i piccoli risultati. Non dico grandi perchè lo saranno solo quando riusciremo a raggiungere tutti gli obiettivi: 100 recite d’opera entro il 2019 e circa 30 concerti, in più provare a tenere spesso il teatro aperto.

È soddisfatto del rapporto che si è creato tra i giovani e il teatro?

Alla mia età e con il lavoro che faccio non sono mai soddisfatto.  A teatro non devi mai perdere la tensione e non devi mai sederti.  Nel momento in cui lo fai è tutto finito. Il pubblico deve stare seduto, noi bisogna stare in piedi.  È chiaro che le cose non sono andate sempre bene. Nonostante abbia trovato a Firenze un settore molto avanzato e seguito con grande partecipazione giovanile, vogliamo che quest’ultima diventi più costante.     Io non propongo semplicemente un’opera, ma uno spettacolo a 360° gradi composto da cantanti, una regia, un direttore e un ambiente che vi accolga. Il mio intento non è attrarvi a teatro ma farvi sentire partecipi.    Abbiamo ampliato il raggio d’azione e fatto molte offerte e puntando soprattutto sul lavoro di squadra abbiamo dato un’ulteriore spinta e fiducia alle persone che si occupavano di questo. Anche il sottoscritto ha partecipato di più per mettere in evidenza il lavoro della direzione.

In questo 2018 ricorrono due anniversari importanti: Boito e Rossini. C’è nell’ aria qualche sorpresa?

Boito no. Di Rossini abbiamo intenzione di fare molto: abbiamo già inserito varie recite del Barbiere di Siviglia. Io e il direttore artistico vogliamo dedicare la seconda parte dell’anno a lui. C’è un giovane compositore di grande talento, Vittorio Montalti, che ha scritto l’opera “Ehi Giò”: vi vediamo Rossini rappresentato in scena mentre parla come fosse vivo. Per questa ricorrenza, ci è sembrato opportuno scegliere quest’opera per inaugurare la prossima stagione, collegandola ad un percorso dedicato a Puccini e alla riscoperta di un Puccini minore, anche se minore non è. Abbiamo inaugurato la scorsa stagione con “La Rondine” e quest’ anno faremo l’inaugurazione con “Ehi Giò” e “Le Villi” di Puccini in un unico spettacolo. Dedicheremo in seguito circa tre settimane a “Cenerentola”. Si dividerà in: Cenerentola “normale”, ovvero l’edizione andata in scena a Pitti l’estate scorsa,  quella “light” per le scuole e per finire lo spettacolo dedicato ai più piccoli.

Riguardo Boito saranno Parma, Venezia e Milano a celebrarlo. Non possiamo tenere conto di tutte le ricorrenze ma cerchiamo di prendere quelle più vicine alla storia di questa città.

 

(Con la collaborazione di Martina Marotta)

 

 

 

 

 

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