Oggi, 13 Marzo 2017 si è celebrato nella Chiesa di San Martino a Brozzi (nella periferia di Firenze) il funerale di Sabrina, Guerrando e Gina Magnolfi.
Quella mattina si poteva capire lo strazio anche da lontano. Una scena quasi da film, con polizia, carabinieri e vigili che bloccavano la strada e circondavano l’abitazione. Una cosa inusuale se si pensa che Brozzi è molto piccola ed è costituita da un unica strada, per l’appunto via di Brozzi. Tutto il paese era con il nodo alla gola per una delle storie più drammatiche per quanto riguarda la cronaca fiorentina. Uscire e trovare davanti una schiera di persone ha frastornato chi abitualmente andava all’alimentari oppure in tabaccheria, e mai nessuno avrebbe pensato ad un omicidio suicidio. Quando le cose le vivi personalmente o almeno quando succedono in un mondo molto vicino al tuo, allora ti toccano ancora di più e ti senti quasi in colpa per non essere riuscito a capire la sofferenza e la disperazione di un genitore affranto e stanco di questa situazione. Brozzi, come ha anche detto il sindaco di Firenze durante la cerimonia funebre è una delle poche realtà dove veramente si pensa alle persone con delle difficoltà, dove veramente tutti si conoscono e cercano di aiutarsi o quanto meno il dialogo è parte fondamentale della comunità brozzese.
Erano persone per bene, ben integrate nel quartiere di Brozzi. Sabrina, che era la figlia, era tetraplegica. Una malattia che però non le faceva mancare nulla, neanche il sorriso. Aveva un lavoro, frequentava la comunità di Sant’Egidio, i pomeriggi la trovavi sempre in piazza a parlare con le altre concittadine sempre con il sorriso sulle labbra e la voglia di sentirsi raccontare le cose che succedono nel mondo. Si è spenta all’età di 44 anni per un colpo d’arma da fuoco, un fucile, sparatogli dal padre durante la notte tra Venerdì e Sabato scorso. Il padre, 84 anni, si dice che non ce la facesse a sopportare l’idea di vedere la figlia sola dopo la loro seppur non prossima morte. Secondo le indagini della polizia, l’uomo avrebbe prima puntato il fucile e fatto fuoco contro la moglie e la figlia entrambe distese nel letto, per poi dare l’allarme al nipote, che quindi sentendo la chiamata ha avvisato l’ambulanza, senza però riuscire a cambiare le cose; Guerrando una volta riattaccato il telefono si è puntato il fucile contro e ha deciso di porre fine anche alla propria vita. Sul luogo è stato ritrovata una piccola lettera, in cui diceva che i pochi soldi rimasti dovevano essere destinati ad un associazione di pittura che lui stesso frequentava insieme alla moglie.
Come dice il nipote, Marcello Mini, ai microfoni di Rai 3: “E’ stato un fulmine a ciel sereno, nessuno si aspettava una fine così crudele. Sabrina era una donna con difficoltà motorie, ma parlava, aveva un lavoro, dipingeva”. Lo sconforto in un quartiere che l’ha cullata, che l’ha fatta sentire parte integrante e che non l’ha mai lasciata sola. Come racconta il presidente del Quartiere 5 di Firenze, Cristiano Balli: “aveva un handicap motorio, ma aveva tante altre capacità. Ogni mattina nel suo ufficio faceva la rassegna stampa selezionando le notizie più importanti che riguardavano il quartiere e le stampava. Poi saliva con l’ascensore e me le portava.”
Oggi salutiamo una persona speciale, una donna che trasmetteva tutta la sua voglia di vivere e che nonostante tutto andava avanti, supportata in tutto e per tutto dai familiari, dai conoscenti. La disperazione del padre è comprensibile in un paese sempre più lontano da queste realtà che esistono e che non vanno tralasciate. La solitudine è cattiva compagnia, perché porta alla disperazione e la disperazione porta a commettere azioni folli anche contro chi hai amato con tutto te stesso. Adesso all’ingresso del portone ci sono i fiori e ogni passante che sia a piedi o in macchina si sofferma a guardare il portone, provando a ricordarsi di Sabrina che ogni mattina usciva da quel portone con il sorriso e con la voglia di assaporare da vicino il suo mondo, il nostro mondo.
Ciao Sabrina, ciao Guerrando e Gina. Ci mancherete!